Autore Topic: Peccato e peccatori  (Letto 710 volte)

Doxa

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Peccato e peccatori
« il: Gennaio 29, 2021, 16:48:35 »
Cos’è il peccato ? Chi sono i peccatori ?

Il peccato ? Questo sostantivo è connesso con la religione. Il suo etimo dice che proviene dal latino “peccatum”, parola che indica la trasgressione di un precetto, di una norma alla quale si attribuisce un’origine divina.

Nella Genesi c’è il “peccato”, quello “originario”,  compiuto da Adamo ed Eva e sanzionato dall’interdizione divina.
Dio  creò questa coppia e la fece vivere nel giardino dell’Eden, ma proibì loro di non cogliere i frutti dall’albero della conoscenza del bene e del male. Perché  tale proibizione ? Per timore di essere deposto dall’immaginario “trono”, come in effetti sta avvenendo con il progresso tecnico-scientifico ?.

L’ebraismo considera peccato la violazione di uno qualsiasi dei  comandamenti divini e insegna che il peccato è un atto sacrilego.

La legge (nómos) è da osservare in quanto dono di Dio; essa segnala il peccato alla coscienza dell’uomo, quando  ne fa un uso perverso.

Per la religione ebraica ci sono due tipi di peccato: le offese contro Dio e le offese contro altre persone.

Nell’ambito della religione cristiana il peccato è un’offesa a Dio, disobbedienza alla sua legge.

La Chiesa Cattolica elenca due specie di peccati: il peccato originale e il peccato attuale.

Il peccato originale si cancella col battesimo.

Il peccato attuale è quello  compiuto volontariamente da chi ha l'uso della ragione.

Il peccato attuale si commette in quattro modi: con pensieri, parole, opere ed omissioni.

Il peccato attuale è di due specie: mortale e veniale.

Il peccato mortale è una disobbedienza grave alla legge di Dio, eseguita con consapevolezza e deliberato consenso.
 
Il peccato veniale, invece,  è  disobbedienza alla legge di Dio  in cose  gravi e meno gravi ma compiuta  senza  la consapevolezza e il consenso.

La dottrina cristiana osserva tre leggi: legge naturale, legge antica  (Antico Testamento) e legge nuova o evangelica (Nuovo Testamento).

La legge naturale permette di distinguere le azioni buone da quelle malvagie.

La legge antica è la legge mosaica con tutti i suoi articoli e i commenti della  torah, è la legge ebraica.

Infine la legge nuova o evangelica è quella insegnata da  Jesus.

Con la fede l’uomo sottomette completamente al Dio in cui crede  la propria intelligenza e la propria volontà. La “Sacra Scrittura”  la definisce “obbedienza della fede”.   

L’etica divina si fonda su una minaccia e un ordine  autoritari.

Il peccatore tramite la confessione dei propri peccati al presbitero ottiene la “remissio peccatorum”, il sacerdote gli commina la penitenza, alla quale segue il perdono di Dio. La remissione dei peccati è un articolo di fede, che  i credenti recitano nel Credo. Fa seguito la “riconciliazione” con la divinità. 

Dal punto di vista laico, invece,  il peccato  e i peccatori non esistono. Il “peccato”  è denominato “crimen”, che viene represso con “poenae humanae” come supporto al carattere espiatorio-retributivo del peccato-reato, per l’emendatio del reo.

Ho letto che l’impianto “teologico” del diritto penale pre-moderno deriva dallo “ius puniendi” d’estrazione religiosa, sviluppato dall’XI secolo.

sole_ines

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Re:Peccato e peccatori
« Risposta #1 il: Gennaio 29, 2021, 22:27:58 »
Ti dirò qualcosa che probabilmente ti stupirà Doxa...introducendo così nuovi spunti di dibattito ehehhe
Noi viviamo in un mondo in cui il peccato fa tanto figo, la religione credo abbia un ruolo marginalissimo in quello che consideriamo nella realtà giusto e sbagliato e in tutta onestà comincio a trovarlo decisamente noioso...sono stanca di vedere un'assidua ricerca all'essere speciali che di solito significa fare cose non fuori dalla morale cattolica ma dall'umanità e dalla sensibilità.
Ti scrivo questo mentre mangio delle caramelle gommose, dei coccodrilli e degli orsetti per l'esattezza :)

Doxa

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Re:Peccato e peccatori
« Risposta #2 il: Gennaio 30, 2021, 20:47:58 »
caramelle gommose, ma senza zucchero  ;D



Nel “corpo mistico della Chiesa” (?) il precedente pontefice, Benedetto XVI, esasperò il concetto di “peccato” e quello di “reato” invertendone gli effetti.

Il peccato è di pertinenza della Chiesa, che assolve o condanna, alla luce del “perdono”, riservato al peccatore che si pente, si confessa  dal sacerdote che valuta il  suo reale pentimento, lo assolve dai suoi peccati, gli commina la penitenza e lo riammette  nella comunità  dei credenti.

Va bene !

Ma è  superfluo ricordare che il reato è invece di pertinenza dello Stato, che tramite il giudice ne valuta la gravità alla luce dei codici penale e/o civile, e, sulla base di tale gravità commina la relativa pena.

A Ratzinger e a numerosi della gerarchia vaticana tale la separazione tra peccato e reato  non fu gradita quando il parlamento italiano dovette  decidere come legiferare sulle unioni di fatto (non sancite dal matrimonio) e sulle unioni gay. Questi due fenomeni sociali la Chiesa li identifica come peccato, ma alcuni anni fa pretendeva che lo Stato italiano li considerasse come reati da punire, cancellando alcuni diritti riconosciuti alle coppie non sposate e conviventi,  considerate  dalla Chiesa come “pubblici peccatori”.

Per la Chiesa il matrimonio religioso è un sacramento e ci tiene molto a celebrarlo, invece la convivenza  esclude  l’istituzione ecclesiastica.

Anche se l’Italia è una repubblica laica e democratica e non uno Stato teocratico controllato da diritto canonico, la Chiesa cattolica avendo sede nella penisola spesso interferisce sulle scelte politiche riguardanti l’etica. Non solo, tenta di imporre ai parlamentari cattolici di esprimere un voto non di coscienza ma di obbedienza alla curia vaticana.

Uno Stato non è composto di soli credenti in una stessa religione; uno Stato democratico è multireligioso, multirazziale, multiculturale.

Con Ratzinger è anche accaduto  che un reato di pedofilia, che la Chiesa avrebbe voluto ridurre a peccato, da discuterne nelle “sacre stanze” e da trattare nell’ambito del diritto canonico, anziché favorire alle vittime la giustizia dello Stato.

V’invito in proposito  a leggere la “Crimen sollicitationis” dell’allora cardinale Ratzinger, inviata ai vescovi americani.

https://it.wikipedia.org/wiki/Crimen_sollicitationis


ed anche il documento titolato “De delictis gravioribus”

https://it.wikipedia.org/wiki/De_delictis_gravioribus
« Ultima modifica: Gennaio 30, 2021, 20:50:20 da Doxa »

Doxa

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Re:Peccato e peccatori
« Risposta #3 il: Gennaio 31, 2021, 17:56:10 »
Nel 1764 il giurista e filosofo milanese Cesare Beccaria (1738 – 1794) pubblicò il trattato “Dei delitti e delle pene”, testo giuridico e politico, nel quale analizza i motivi contro la tortura e la pena di morte, abolita nel 1786 nel Granducato di Toscana.

In tale libro il giurista fa la distinzione tra peccato e reato, ma ovviamente tale separazione fece intervenire la “longa manus” della Chiesa e il libro fu messo all’Indice dei libri proibiti.

Cesare Beccaria sosteneva che il reato è un danno fatto alla società e dalla società deve essere giudicato; il peccato invece è un’offesa recata a Dio e da Dio soltanto ha da essere giudicato e punito, giustificato o perdonato.

In un articolo sul quotidiano “l’Unità”, pubblicato nel 2010, la filosofa e saggista Francesca Rigotti scrisse: “L’azione della Chiesa cattolica, se da una parte ha dovuto accettare la separazione della giustizia dell’uomo da quella di Dio, ha dall’altra sovente cercato di evaderla, rivendicando la sottomissione della legge positiva ai dettami della legge divina: per esempio nel caso della bestemmia, peccato di offesa a Dio fino a non molto tempo fa considerata reato, o nel caso dell’adulterio femminile, punito anch’esso insieme all’aborto. Nel momento in cui la chiesa chiede allo Stato la soppressione dell’aborto, della ricerca sulle staminali embrionali, del testamento biologico, che cosa fa se non esigere che la legge civile riconosca alla contravvenzione di questi precetti religiosi lo statuto di reato?

Attenzione quindi alla recente posizione dei vertici della chiesa quando, dopo aver a lungo assegnato alla pedofilia e agli abusi sessuali degli ecclesiastici lo statuto di peccato, riservandosi giudizio, punizione ed eventuale perdono dei reprobi, cambiano strategia chiedendone il trattamento in quanto reati. La mossa è corretta in sé ma potrebbe preludere a un nuovo attacco per estendere la richiesta di sottoporre al diritto positivo altri aspetti della vita umana condannati dalla legge divina, ritrasformando i peccati in reati: ma se i reati sono peccati, come già diceva il buon vecchio Hobbes, non tutti i peccati sono reati…
”.

Il marchese Beccaria, esponente dell’Illuminismo milanese, fu il padre di Giulia Beccaria (1762 – 1841) la mamma di Alessandro Manzoni.

Giulia, dopo un'infanzia passata nella casa paterna, dal 1774 fu educata in un collegio, dal quale uscì nel 1780, dopo aver compiuto i diciotto anni.

Ritornata nella casa paterna, Giulia si trovò immersa nell'ambiente dell'illuminismo milanese. Tra gli amici di famiglia la influenzò soprattutto Pietro Verri, ma fu in contatto con molta parte dell'élite culturale milanese.

L’adolescente Giulia s’’innamorò del conte Giovanni Verri (1745 – 1818), che aveva 17 anni più di lei ed era “un affascinante uomo di mondo”. Giovanni era un fratello minore dei più noti Pietro e Alessandro, i quali, non tenendo conto del sentimento d’amore della ragazza si dettero da fare per cercarle un marito economicamente agiato, perché i Beccaria in quel periodo erano in difficoltà finanziarie.

All’età di 20 anni Giulia subì un matrimonio combinato: sposò il nobile e ricco lecchese Pietro Manzoni, che aveva 46 anni, 26 anni più di lei ed era vedovo. Lui si accontentò di sposare la giovane con poca dote.

Il matrimonio fu celebrato il 20 ottobre del 1782, ma Giulia continuò ad incontrarsi con Giovanni Verri e forse da lui ebbe il figlio Alessandro, nato nel 1785.

Dopo la nascita del bambino, Giovanni cominciò a frequentare altre donne, disinteressandosi del (probabile) figlio naturale e di Giulia. Tale evento scatenò la reazione indignata della giovane.

Il linguista Niccolò Tommaseo scrisse che Alessandro parlava di Pietro Verri “con riverenza, tanto più ch'egli sa, e sua madre non glielo dissimulava, d'essere nepote di lui, cioè figliuolo d'un suo fratello”.

Il 23 febbraio 1792 Giulia si separò da Pietro Manzoni, a cui restava affidato quel figlio verso cui aveva sempre mostrato uno scarso interesse.

In precedenza la donna aveva cominciato da due anni una relazione amorosa con Carlo Imbonati, nobile colto e molto ricco.

Domanda finale: nel 1782 il matrimonio combinato per Giulia con un uomo che non amava come si deve considerare ? Il consenso dell’illuminista ma non “illuminato” Cesare Beccaria come si deve considerare ? Peccato o reato ? In quel tempo non era né peccato né reato.

Anche il peccato evolve nel tempo

sole_ines

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Re:Peccato e peccatori
« Risposta #4 il: Gennaio 31, 2021, 19:15:11 »
Doxa...arriviamo al dunque: cosa è peccato per te, chi sono i peccatori? Capiamolo :)

Doxa

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Re:Peccato e peccatori
« Risposta #5 il: Gennaio 31, 2021, 21:01:38 »
Cara Ines, strada facendo (scrivendo, scrivendo) ho deviato dalla retta via ed ho considerato interessante  seguire il percorso che chiarisce gli ambiti del peccato e del reato.

Sono arrivato alla meta, ho capito cos'è il peccato, chi è che decide che è  tale e non  un reato, mi basta.

Questo è il mio pregio, o la mia colpa ? Non lo so !  Il destino cinico e baro si burla di me. Cerco la semplicità e  lui mi avvolge nelle spire della complessità.

Penso che anche il tuo modo di affrontare la vita abbia bisogno di semplicità, dopo la "tempesta".  ;) :)

E' la complessa realtà a suggerire di volgere la nostra attenzione alla semplicità per vivere al meglio.

La semplicità come strada da percorrere per vivere nella complessità e stabilire il significato dell'essenziale  in situazioni di incertezza e di inquietudine.

Semplicità, dal latino "simplicitas", parola composta da "sem" (= una volta) + "plicare" (= piegare).

Ergo, "semplice" è qualcosa di piegato una sola volta che, aperto, può essere conosciuto nella sua essenza, per esempio il significato della vita e del vivere quotidiano.

La semplicità appartiene a chi non "fugge" la realtà (a buon intenditor poche parole, dice il proverbio), ma affronta la confusione, la conflittualità e la complessità del reale, decidendo comunque di stabilire relazioni leali e confronti propositivi. Come tale la semplicità è un'arte, l'arte del vivere, frutto di un cammino interiore alla ricerca dell'essenziale e della libertà.

Riuscire ad avere e dominare la semplicità vuol dire recuperare il significato delle parole e dei gesti, l'imprevedibile creatività dei sentimenti.

Parole, gesti e sentimenti sono alla base di relazioni significative e caratterizzano personalità forti e consapevoli dei propri limiti e delle proprie qualità.

Semplicità significa anche esercizio consapevole di intelligenza e di prudenza; la semplicità tutela  dalla perenne insoddisfazione.

La persona semplice non deve dimostrare niente, se non la verità di quello che è e di quello che fa.

Per esempio io, ti sto scrivendo con semplicità, e con semplicità debbo dirti che non so perché ho cominciato questo discorso. Ho un po' di "confusione mentale", forse perché sono un peccatore, ma non so fra i tanti peccati che ho commesso, quale sia quello "mortale" e quello "veniale".

Ines come stai messa con l'epicureismo ? Questa filosofia vede nella vita serena il paradigma della felicità, resa possibile da scelte ponderate.

Gentile corrispondente virtuale per contrappasso non ricordarmi la "simplex ratio veritatis" o  la "downshifting", lasciami affrontare la notte tra le braccia di Venere.  :)