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Topics - senzanick61

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15 minuti per creare / All'alba
« il: Marzo 25, 2012, 09:38:32 »
Mi sveglio alle prime luci dell'alba e, con gli occhi chiusi, mi giro su un fianco. Il mio braccio le cinge la vita, le mie dita percorrono con delicatezza ogni curva di quel corpo che, sino a qualche ora prima, vibrava e si contorceva sotto di me. Poi lo squillo lacerante della sveglia...no...non adesso per favore! Poi mi accorgo che si tratta del cellulare, svogliatamente schiaccio il tasto verde. - Ciao amore, scusa se ti ho svegliato, ma volevo dirti che è stato bellissimo, mi manchi. Vorrei fosse già sabato, ti amo. -  Sorrido. Tasto di nuovo il cuscino accanto a me e rispondo. - Anche tu mi manchi tesoro, non sai quanto... a presto.

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Sentimentale / Per sempre insieme
« il: Marzo 18, 2012, 08:17:47 »
La notte prima avevano fatto all'amore in modo sublime. Seppure fossero trascorsi mesi dalla volta precedente, i loro corpi si erano riconosciuti immediatamente. Le mani sapevano esattamente come stimolare le corde esatte, un incastro magico che aveva il potere di far ricominciare tutto da capo, un'eterna prima volta. La cosa che lo faceva impazzire più di tutte era la reattività del suo corpo. Anche nel sonno profondo, bastava un solo tocco affinché questi reagisse come d'istinto, inarcandosi e aderendo inconsciamente al suo. Queste cose gli sarebbero mancate in maniera quasi insopportabile ma non avrebbe potuto sopportare quel fardello,le avrebbe parlato, le doveva confessare che, in sua assenza, era andato a letto con un'altra. Una conosciuta per caso certo, ma che differenza poteva esserci? L'aveva fatto e basta. Il silenzio e la menzogna l'avrebbero distrutto, annichilito. Con questo stato d'animo si era coricato al suo fianco quell'ultima sera, conscio del fatto che lei avrebbe potuto percepire il suo turbamento, la sua ansia. Solo la perfetta fusione dei loro corpi l'aveva salvato. Solo quell'armonia perfetta ebbe il potere di cancellare dalla sua mente tutti quei pensieri, sino al subito dopo, sino a quando, finalmente, si decise.

Il mattino successivo la situazione era decisamente cambiata. Avevano percorso i pochi chilometri verso la stazione in un gelido e assoluto silenzio. Lei era restata perfettamente immobile per tutto il tempo, le braccia incrociate sul seno e lo sguardo fisso sulla strada, sembrava non respirasse nemmeno. Una volta arrivati al parcheggio la precedette cercando d'aprire il baule per prendere lo zaino e il trolley. Lei gli impedì di farlo piazzandosi davanti con movimenti secchi e decisi, poi si voltò a fissarlo. Quello che lesse nei suoi occhi fu uno shock tremendo. Quello che vide in quelle splendide iridi si sarebbe potuto riassumere in tre parole: pena, disprezzo, rancore. Fosse stata un'attrice, in quel momento avrebbe sicuramente vinto l'oscar come migliore protagonista. Sentì le gambe trasformarsi in gelatina, la bocca gli si inaridì e il respiro diventò di colpo un problema di vita o di morte. Poi, senza una parola, lei si girò avviandosi verso la stazione. Incapace di muovere un solo muscolo la guardò scomparire in un sottopasso. Fu in quell'istante che capì di non poter vivere senza di lei. Come colpito da una violenta scossa si mise a correre all'impazzata, non sapeva per quanto tempo fosse rimasto imbambolato, forse avrebbe fatto ancora in tempo, si maledisse per non aver agito prima. Attraversò il viale rischiando di essere investito più volte. Sentì la caviglia piegarsi in modo anomalo quando prese una buca a tutta velocità. Il dolore lancinante non gli impedì tuttavia di continuare nella sua corsa sfrenata. Una volta giunto sulla banchina affollata si fermò di colpo ansimando. Nonostante la ressa riuscì a individuarla immediatamente. Stava salendo su un treno sulla banchina opposta, un treno che sarebbe partito di lì a un minuto. Con la caviglia ormai gonfia e sempre più dolorante non l'avrebbe mai raggiunta prendendo il sottopasso.

Il tutto avvenne in un attimo. Diede una rapida occhiata intorno, nessun ferroviere o poliziotto era nei pressi. Con uno slancio superò d'un balzo la linea gialla e atterrò, purtroppo per lui, sulla gamba sbagliata. Al contatto col terreno la sua guancia sbatté violentemente contro la rotaia, perse i sensi. - Attenzione, treno in transito sul binario 2 … allontanarsi dalla linea gialla! - L'altoparlante aveva appena smesso di gracchiare quando si alzarono le prima urla. Un uomo non più giovane fece per lanciarsi sulla massicciata ma venne trattenuto violentemente dalla moglie. Richiamata dal frastuono la giovane donna si bloccò sull'ultimo gradino e si voltò. Riconobbe subito la camicia azzurra e i jeans neri. Un fischio acuto le fece voltare la testa, le luci del treno in transito si stavano avvicinando veloci, troppo veloci. Si sfilò lo zaino che cadde pesantemente a terra e mollò il trolley lanciandosi contemporaneamente verso i binari. Gli cadde praticamente sopra. - Attenzione, treno in transito sul binario 2 … allontanarsi dalla linea gialla! - Altre urla, questa volta molto più numerose, si alzarono appena il treno ad alta velocità fu passato.

Era l'imbrunire e le persone si stavano diradando. Aveva passato la giornata parlandole, facendole domande. Sapeva bene che le risposte non sarebbero mai arrivate, eppure continuava a insistere, perché... perché... Passò un inserviente che gli disse qualcosa, lui annuì pur non avendo capito esattamente le parole. Ma sapeva che era giunto il momento. Appoggiò la stampella e si alzò. La lapide in marmo nero aveva increspature biancastre, nell'angolo superiore sinistro un pezzo era saltato via. Al centro, incorniciata in un rettangolo d'argento, lei gli sorrideva. La vista gli si offuscò quando le lacrime arrivarono improvvise. Prese un fazzoletto dalla tasca e se lo passò sul viso. Quando tornò a guardare la fotografia, l'espressione di lei era cambiata. Come un flash la sua mente ritornò a quella mattina e a quel parcheggio, al momento in cui lo fissò prima di andarsene. Voltò le spalle alla tomba e annuì. Si, era giunto il momento. Percorse il vialetto verso l'uscita del cimitero appoggiandosi alle stampelle. Sentiva, come un marchio a fuoco, lo sguardo di lei sulla schiena, bruciava maledettamente.

Quando si era svegliato, alcuni giorni prima, in un candido e asettico letto d'ospedale, si era trovato di fronte un medico e un'infermiera. Subito dietro un poliziotto. Assicuratisi che stava bene, i sanitari lo avevano lasciato solo con l'agente. Costui aveva cominciato a tempestarlo di domande, chiedendogli sopratutto cosa diavolo gli era venuto in mente di attraversare i binari, non sapeva forse che esistevano i sottopassi? Voleva forse suicidarsi? O più semplicemente stava perdendo il treno? Aveva risposto a monosillabi, i si e i no si erano sprecati. Alla fine però la domanda gli era giunta spontanea. Aveva chiesto al poliziotto come mai fosse ancora vivo, quale miracolo l'aveva preservato da quella fine orribile. L'altro aveva tergiversato giocherellando con l'agenda, poi gli aveva risposto. - Signore, lei deve la vita a una giovane donna. Vedendola in pericolo non ha esitato a lanciarsi sui binari riuscendo a spostarla quel tanto che bastava. Purtroppo il treno era vicinissimo, lei non ce l'ha fatta. La conosceva forse? - Gli disse il nome ma la sua mente era già lontana.

Lasciatosi il cimitero era alle spalle si diresse verso la stazione. Non differiva molto da quella della sua città, si assomigliavano tutte. Rise di quella constatazione, una risatina isterica più che altro e attraversò la strada. Questa volta, vedendolo con le stampelle, gli automobilisti si fermarono lasciandolo passare. L'altoparlante avvisò i passeggeri che un treno in transito sarebbe passato sul binario 1. Li pregava di allontanarsi dalla linea gialla. Stavolta non prese lo slancio, lasciò cadere le stampelle e scese sulla massicciata. L'intercity sfrecciò in pochi secondi, le urla si alzarono pochi istanti più tardi.

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Erotico / Lei era li
« il: Marzo 10, 2012, 07:24:29 »
Lei era lì. Distesa sul tavolo della cucina lo fissava vogliosa. Indossava solamente un perizoma nero. I seni danzavano al ritmo del suo respiro. Si avvicinò lentamente e si sedette su una sedia, osservandola. Con un movimento repentino ma, al tempo stesso aggraziato, gli fece passare una gamba sopra la testa. Il triangolo nero del perizoma all’improvviso si trovò davanti al suo viso. Le afferrò le natiche tirandola ancor più verso di se, la sentì gemere. Iniziò a leccarle l’interno delle cosce, sapeva che la cosa la faceva impazzire. Il profumo di donna, inebriante e potente, non gli fece però perdere il controllo. Infilò entrambi gli anulari sotto il sottilissimo filo degli slip e, lentamente, lo fece scivolare verso il basso. I gemiti di lei aumentarono in maniera vistosa, gli afferrò i capelli cercando di avvicinare il suo volto al paradiso umido del ventre in fiamme. Resistette e lei mollò la presa. Il perizoma scivolò dalle caviglie. Alzò un attimo la testa, gli occhi di lei lo fissarono imploranti mentre il bacino continuava il suo movimento insinuante, di avvicinamento. La sua lingua scattò repentina per poi ritrarsi. Fu come se fosse stata colpita da una scarica elettrica. I polpacci gli artigliarono il collo attirandolo sempre più vicino. Quando finalmente portò l’affondo decisivo lei iniziò a urlare di piacere. Si alzò in piedi calandosi i pantaloni. Il suo membro pulsava in modo quasi fastidioso. La prese per le ascelle e se la calò letteralmente sopra. Fu uno degli amplessi più gratificanti e soddisfacenti che ebbero, fu l’ultimo... forse.

Lo scroscio dell’applauso echeggiò tra le navate della chiesa. Lui le alzò il velo e la baciò sulle labbra, gli applausi aumentarono. Poi si voltò e la vide. Seduta negli ultimi banchi lo stava osservando con un mezzo sorriso stampato sul bel volto. D’un tratto i rumori gli sembrarono ovattati, lontani. Percepì a malapena il braccio della moglie aggrappato al suo. Percorse i pochi metri verso l’uscita come in trance. Quando giunse all’altezza della donna si fermò. La neosposa lo guardò stupita, parenti e invitati si zittirono di colpo. Lei disegnò nell’aria due sole parole: Sei mio...In quel momento decise di ucciderla ...
                              A presto....

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Horror / Re: Il pasto
« il: Marzo 05, 2012, 20:23:53 »
Come la volta precedente non ricordava nulla. Accese la piccola lampada sul comodino e scostò le coperte. Ai piedi del letto, gettati a casaccio sul pavimento, diversi indumenti. Raccolse la camicetta e l'osservò attentamente. Sangue. Chiazze di liquido ormai seccato erano ben visibili sul cotone bianco. Con un gesto di stizza la gettò in un angolo e raccolse la gonna. Stessa storia. Con l'aggiunta di vistosi strappi all'altezza dell'inguine. Era successo di nuovo, l'aveva rifatto. La gonna raggiunse la camicetta nell'angolo. Trascinando i piedi si diresse verso il bagno. La testa pulsava dolorosamente e la nausea arrivò improvvisa. S'inginocchiò davanti al water e vomitò anche l'anima. Si portò quindi a fatica davanti allo specchio. Ciò che vide lo fece inorridire. Aveva appena compiuto quarant'anni ma, in quel momento, ne dimostrava molti di più. I capelli, leggermente ingrigiti sulle tempie, sembravano quasi bianchi. Le profonde occhiaie nere, unite alla barba di tre giorni, gli davano un aspetto terribile, inguardabile. Andrea Rossi, impiegato modello in una delle banche più importanti della città, pianse disperatamente. Era consapevole di aver fatto qualcosa di terribile. Quella sarebbe stata la seconda volta ma, pur spremendosi le meningi, non riusciva a ricordare cosa. Alle nove in punto, pettinato e sbarbato, varcò la soglia del suo ufficio cercando di evitare gli sguardi dei colleghi. Si lasciò andare sulla comoda poltroncina dietro la scrivania e accese il computer. Si collegò quindi a internet e cercò subito il sito delle ultimissime notizie. Nulla. Nessuna delle news riportava qualcosa inerente la sua città.

Un mese più tardi

Carmela arrivò alle quattro del mattino in punto. Un marito disoccupato e tre figli l'avevano costretta a quelle levatacce, ma almeno si occupava di uffici ed era al caldo. Aveva sempre il terrore quando si trattava di aprire la porticina blindata nel cortile della banca. Se la richiuse velocemente alle spalle e si avviò verso gli uffici. Stava prendendo l'occorrente dallo sgabuzzino quando un rumore la fece voltare di scatto. Aveva davvero visto quella cosa? Scosse la testa dandosi della stupida e si voltò di nuovo verso lo sgabuzzino. Quindi, dopo aver preso stracci e scopa intonò un motivetto popolare cercando di scacciare quella strana sensazione. Giunta dinanzi al primo ufficio sospirò. " Rag. Andrea Rossi " diceva la targhetta sulla porta. Carmela sorrise mettendo la mano sulla maniglia. Si ricordava bene di quell'uomo affascinante e sempre elegante, tutto l'opposto del suo trasandato marito. Varcò la soglia e, a tentoni, cercò l'interruttore. Si bloccò di colpo. Un ringhio soffuso proveniva dalla sua sinistra. Con la mano destra paralizzata sull'interruttore ebbe un flash della "cosa" vista nei corridoi. Una CODA... ecco cos'era. E ora quel ringhio a pochi passi da lei! Poi, dopo quella che le era sembrata un'eternità, riuscì a togliere la mano dall'interruttore arretrando lentamente. La prese alla caviglia... Il dolore fu lancinante. Non ebbe nemmeno il tempo d'urlare, venne catapultata a terra e la testa picchiò violentemente contro il pavimento. Le si velarono gli occhi ma non svenne. Cercò di alzarsi ma la caviglia cedette, poi fu trascinata nell'angolo più lontano, vicino alla finestra. La luna piena e la luce della strada le permisero di vederlo. Qualcosa nella sua mente ebbe un corto circuito, fu come se volesse rifiutare assolutamente ciò che gli occhi stavano osservando. Il corpo reagì poco dopo. Senti l'urina calda bagnarle le cosce. Andrea Rossi era ritto dinanzi alla donna. Gli eleganti pantaloni grigi erano strappati all'altezza dei polpacci. Una folta peluria marroncina li copriva così come le braccia e il torace, ricoperto solamente da alcuni brandelli di camicia. La giacca, squarciata, era stata buttata sul pavimento. Quando le azzannò la gola la donna aveva già perso i sensi. Il pasto ebbe inizio.

Gli indumenti dell'impresa di pulizie erano accatastati ai piedi del letto. Andrea Rossi li fissò e li raccolse. Sangue. Corse in bagno e, come sempre, vomitò abbracciato al water. Quando si fissò nello specchio fece una smorfia. Il volume dei capelli ingrigiti, quasi completamente bianchi ormai, era aumentato, le occhiaie sempre più marcate. Pianse. Alle nove in punto arrivò in ufficio cercando di evitare i colleghi. Nessuno di loro gli chiese mai perché non facesse la pausa pranzo. Nessuno di loro aveva mai aperto il suo frigorifero, semplicemente non l'aveva.

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Presentazioni / Salve
« il: Marzo 05, 2012, 20:20:11 »
Salve a tutti  :) Mi chiamo Danio ho 50 anni e mi diletto di scrittura. Mi sembra un buon sito per lasciare qualche mi strafalcione  ;D a presto...

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