FILI
Il telefono è l’unica cosa rimasta, quel filo che ancora ci lega, un filo fragile incapace di riempire realmente le distanze. Oggi, ho trovato una cosa scritta da te, avrei pianto.
Il tempo si è riversato su di noi inesorabilmente, le parole rimbalzano come palline di gomma, hanno perso la loro consistenza, non è più il tempo dei: vorrei una vita straordinaria. I giorni si sono ripiegati, riposti, spariti, cancellati. So di non poter fare molto, ma la distanza, a volte è un grande male. Le sacche di dolore invadono e si spalmano sulla tua esistenza, dove le lacrime non bastano a cancellare quel manto grigio fatto di giorni scanditi da un orologio fermo e pieno di gesti ripetuti.
Lo stare a galla diventa un unico scopo, certe vite sono così, la tua è così, la giornata inizia presto, presa dal furore dell’ansia del primo farmaco il mattino, poi la medicina delle otto, così per tutto il giorno fino a sera, dove ti coglie un sonno irreale.
La tua vita scorre tra strani binari, dove il pianto a volte è l’unico compagno, una vita fatta di giornate le une attaccate alle altre dove il vivere conta poco, perché è questo il vero dolore, vivere, che dire, ti costa non puoi. La paura è una dolce compagna fedele, a cui hai donato il tuo anello di sposa.
Niente bagni sotto la luna, niente di niente, solo la realtà ruvida che ti accarezza, a volte grida, ti ferisce in ogni istante.
La tua è la ricerca della vita, vita scomparsa in una spirale di nebbia, dove si mozza il respiro, la tua anima fatta a pezzi e data in pasto per poco.
Che fine ha fatto quella che sorrideva ai gatti, che scambiava le virtù per doveri, e giocava a fare la donna. Il gioco si è fatto duro, nessuna carità. Non è rimasto un solo zecchino, solo monete di latta, difficili da spendere, esse sono poco richieste, sul mercato dell’esistenza.