Da qualche anno a questa parte, mi capita sovente di viaggiare, un po’ per servizio, un po’ per svago e qualche volta per necessità.
E’ proprio quando viaggio, mentre sono in macchina che i pensieri, misti ai ricordi, si fanno strada nella mente, altre volte, invece, mi limito ad osservare non solo il paesaggio che scorre veloce davanti agli occhi, ma soprattutto le persone che incontro.
Quanta umanità! Quante storie di vita, mi chiedo, sto incrociando lungo il mio cammino, seguendo la strada della vita…?
…Torino, era una primavera del 2006 quando decisi di dover trasferire la mia famiglia, lasciare quella Città savoiarda per stabilirmi in una Città del profondo sud, una Città di cultura borbonica: Reggio Calabria, la Città metropolitana dello stretto.
Anche qui, quante nuove e diverse realtà!
Non vi trovai, tuttavia, quelle soluzioni che andavo cercando per salvare l’unione della mia famiglia, anzi qui la persi e con essa molto anche di me stesso.
Negli anni che seguirono, inevitabilmente, mi tuffai nel lavoro e nelle storie che speravo potessero restituirmi qualcosa di quel focolare domestico che avevo perduto, forse anche per mia colpa: spesso dicevo a me stesso, nei momenti di chiarezza e di pace (apparente) con me stesso, che probabilmente non avevo saputo ascoltare i silenzi di mia moglie! Non avevo saputo scorgere i segnali che lei mi stava mandando, il suo bisogno di tornare: alla sua terra, tra la sua gente… non avevo compreso. In questo, mi ripetevo, stava la mia colpa.
Anche la ricerca (affannosa) di una compagna per la vita, spesso ha dato esiti negativi: con l’età, credo inevitabilmente, si diventa più esigenti e meno pazienti.
Oggi, sono nuovamente di fronte ad un bivio: un nuovo trasferimento, che mi porterà in terra di Sicilia, accanto alla compagna che considero vicina a me, al mio modo di intendere le cose della vita. O almeno mi auguro che sia così, poiché (e ne sono convinto) nessuno di noi ha certezze o risposte. Io, comunque, non ne ho, né ambisco ad averne. Nonostante le molte primavere vissute nella mia vita, i molti errori, ma anche le esperienze fatte nel campo lavorativo, che mi ha permesso di conoscere moltissime persone in ogni angolo d’Italia, non riesco a pensare a qualcosa o ad un progetto che io possa considerare definitivo o permanente: la vita, sino ad oggi, mi ha sempre insegnato che è l’esatto contrario!
Ogni tanto guardo il mare, lo vedo dalla parte alta di Reggio Calabria, da quel luogo ove, di solito, addestro i miei giovani allievi a diventar “uomini in armi” e servitori della società. Osservandolo, però, vedo la Sicilia, la sua costa fino a Roccalumera, poco prima di Taormina con la sua isoletta ed il suo Teatro greco. Intravedo anche in lontananza “Lui” il Vulcano, che domina Catania e quella parte di Sicilia, che scorre sino ad Augusta, ed il suo porto, e Siracusa “la greca”.
Quanta differenza vedo, ora, con le terre delle Langhe e del Roero piemontesi. Le terre del tartufo d’Alba e del vino bianco per eccellenza: l’Arneis. Del rosso di Barolo e del Dolcetto di Dogliani.
Quei vini che per secoli hanno scaldato l’animo dei contadini, seduti vicino al fuoco di un camino di campagna, che parlavano il “patuà” del cunese per raccontarsi le ultime novità.
Quella stessa terra che mi ha accolto da giovane e mi ha visto diventare uomo, marito e padre.
Sono vivi, ancora oggi, nella mia mente gli angoli e le piazze e i parchi della regal Torino. Città elegante, come una signora d’altri tempi, che si mostra nella sua più vera natura solo a coloro che sanno riconoscere ed apprezzare. Ma senza fretta, poiché Torino, diversamente da tante altre realtà del nord Italia, ha da sempre i suoi tempi. La sua gente non và di fretta, come farebbe un lombardo.
No, il torinese ama ancora guardare ed assaporare la sua Città ed i suoi parchi e le residenze dei Savoia, sparse non solo nel centro storico della metropoli, ma distribuite tra la collina e Rivoli, tra Stupinigi e Racconigi.Senza dimenticare la splendida residenza di Venaria, piccola Versailles torinese. Tutte residenze splendidamente vive e amate dai suoi cittadini.
Torino, la città del cioccolato e del gianduja. Dei caffè secolari, dove ancora oggi entrandovi, ti par di sentire le conversazioni di quegli uomini che vollero l’unione dell’Italia. Ti par di poter scorgere, nella nebbia d’autunno, il passo lento di quello statista, il Conte di Cavour, che seppe fare l’Italia ma non gli italiani, come lui stesso ammise in seguito.
Questi ed altri pensieri ed immagini mi scorrono davanti, durante i miei viaggi.
Ma sempre una domanda rimane ferma là, nella mia mente: quando terminerà questo viaggio?
Faber