Autore Topic: Ciao  (Letto 917 volte)

nihil

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Ciao
« il: Febbraio 18, 2013, 09:08:25 »
Ciao



Marta scese dal treno, ed entrò nella sala d’attesa della piccola stazione. Il freddo le gelava le mani, e le tagliava le guance, ma lei non lo sentiva.
Conosceva Emilio da diversi mesi, come lei faceva il pendolare e saliva sull’ultima carrozza, dove si era formata una specie di comunity, tutti di pendolari più o meno con la stessa età.
Nel tempo era come se avessero un tacito accordo, tenevano il posto l’uno all’altra, come se avessero un appuntamento e per tutto il tempo chiacchieravano come una vecchia coppia, senza essere una coppia.
Quella sera Emilio, che scendeva cinque stazioni prima di lei, le disse “Ciao” e si chinò a baciarla sulle labbra, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Marta vide tutto buio e mille stelline, come si legge nei romanzi, e sobbalzò per la sorpresa. Quando si riebbe, Emilio era già sceso, non c’era stato il tempo di dire nulla, lui ora la guardava dal marciapiede con un’espressione sorpresa e confusa. Più che altro cercava di capire se il bacio improvviso e non premeditato fosse stato gradito o se da domani avrebbe dovuto cercarsi un altro scompartimento.
Nella piccola sala d’attesa ora Marta aspettava che suo padre la venisse a prendere, avvolta tutta nell’estasi di quel primo bacio, che a sedici anni essendo il primo, sarà l’unico per sempre.
Si accorse di aspettare già da tre quarti d’ora e risolse di andare a casa a piedi, prendendo la scorciatoia nel bosco, che era poco illuminata, ma sempre meglio dello stradone di tre chilometri.
Il buio celava in un  bozzolo il mondo intero, lei all’esterno luccicava di gioia.
Piccoli mucchi di neve ghiacciata facevano orlo al sentiero, i piccoli lampioni più che lampioni parevano lucciole; Marta camminava lentamente, l’unico rumore che si sentiva ero lo scricchiolìo del ghiaccio sotto i suoi passi. Sperava che arrivando a casa non le si leggesse in volto quanto era accaduto, quel bacio doveva essere solo suo, non aveva voglia di raccontare e condividere con i genitori, che come al solito avrebbero messo in ridicolo le sue emozioni. Ciò che accadeva a lei era sempre minimizzato, se non deriso.
Arrivò al portone di casa quasi congelata, entrò in cucina, dove marito e moglie stavano già cenando e c’era una certa tensione nell’aria. - Hanno litigato di nuovo- pensò Marta, che  fece finta di non rilevare l’atmosfera pesante. Cercando di mitigare quella sensazione con aria allegra disse: ” Ehilà, avevo voglia di aspettare eh, voi già mangiate!”
“Non siamo mica al tuo servizio, se volevi che venissimo a prenderti, dovevi chiederlo!” rispose acidamente la madre, che evidentemente non ricordava che da mesi andavano a prenderla alla stazione tutte le sere.
Marta si sedette a tavola senza rispondere ed iniziò a mangiare, non le importava di nulla, lui l’aveva baciata, questo fatto non potevano rovinarglielo.
I genitori invece non avevano voglia di tacere e iniziarono con le solite discussioni e rinfacciamenti. Marta non ascoltava, aveva capito che in quel momento era solo il parafulmine dei loro litigi, il solito capro espiatorio.
Ad un certo punto però non fu più disponibile a servire loro da sfogo, si alzò e andò a lavarsi i capelli.
Dopo poco la madre la raggiunse sbraitando che così facendo mancava loro di rispetto e tornasse a tavola, lei non rispose, lei era stata baciata per la prima volta, ora aveva uno scudo che la difendeva.
La madre prese la prima cosa che aveva a portata di mano, un piccolo ombrello, ed iniziò usarlo contro di lei.
Marta non reagì, se non proteggendosi con un braccio il volto, non pianse, non parlò. Ormai c’era abituata, doveva solo aspettare che l’isteria della madre si chetasse.
Quel bacio era accanto a lei e la consolava, solo a questo pensava, se quella scenata era il prezzo da pagare, a lei stava benissimo.
Alla fine se n’andò in camera sua senza cena e con i capelli bagnati, voleva solo ricordare e rivivere ogni momento di quell’emozione. Caricò la sveglia per le cinque e mezza come al solito, il treno era alle sei e mezza, a quella ora c’era il pulmino per la stazione, non aveva  bisogno di essere accompagnata.
Quando squillò la sveglia le pareva di avere dormito appena  cinque minuti, ma solo una cosa importava, lo avrebbe rivisto a sera ed allora tutto sarebbe andato di nuovo bene.
Così credeva.
La madre entrò come una furia in camera sua declamando che non l’avrebbe lasciata andare al lavoro, che l’avrebbe portata dal dottore perché aveva l’esaurimento nervoso.
“Ecco, pensò Marta, quando non sa cosa fare appiccica a qualcuno l’esaurimento nervoso, come se fosse una medaglia. Ma io non ce l’ho!”.
Cercò di opporsi, voleva rivedere Emilio, chissà cosa avrebbe pensato non incontrandola, dovevano parlare, dirsi del loro amore, non poteva perdere il treno, non sarebbe stato giusto.
Inutile dire che vinse la madre, erano sedici anni che si allenava a comandare e vinse anche questa volta.
Marta pensava che comunque il medico non ci sarebbe cascato, lei stava benissimo, l’unica cura che desiderava era quella d’amore.
Entrò nell’ambulatorio in silenzio, ascoltò la madre esporre la sua diagnosi che aveva l’unico scopo di crearle un alibi che la facesse sentire una madre attenta e amorevole anziché prevaricatrice.
Era una specie d’autopromozione, seppur a livello inconscio.
Marta si accomodò sul lettino e si lasciò visitare, mentre un sordo rancore le affollava la mente, una rabbia dura faceva un nodo intorno alla gola, il cuore era cristallizzato nella sensazione di impotenza.
Due lacrimoni bollenti e disperati allora le scesero lungo quelle guance paffutelle di bimba vinta.
Il medico, intenerito per errore,  decretò esaurimento nervoso.
Un mese di riposo.
A Marta sembrò la fine del mondo, in casa non avevano il telefono, d’altra parte non c’era stato motivo di chiedere quello d’Emilio, né l’indirizzo: non poteva contattarlo in nessun modo.
Il loro era un amore pendolare, la loro casa era stata il vagone, non sembrava esserci bisogno di altro.
La ragazzina cercò di farsi coraggio:- Un mese passa presto-si diceva- non è nulla confronto a “ per  sempre”-
E “per sempre” intendeva il suo amore.
Il tempo della penitenza finì, lei tornò al lavoro; la giornata sarebbe stata lunga, ma a sera lui sarebbe stato sul quel treno.
Ed invece fu corta, cortissima.
Quando entrò nel suo ufficio, dove faceva l’apprendista dattilografa, le scrivanie erano tutte al solito posto, le finestre anche, la macchinetta del caffé era ancora rotta, i colleghi  le fecero un sacco di feste. Con sorrisi stentati.
Alla sua scrivania sedeva un’altra ragazza, una biondina grassottella.
All’ufficio del personale fecero un sacco di blablabla…un mese anticipato, grazie, firmi qui.
Girò per le strade della città per qualche ora, in libera uscita dalla famiglia, dalla vita, dall’amore.
Poi prese il treno e tornò a casa.



patriziagiangregorio

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Re:Ciao
« Risposta #1 il: Febbraio 18, 2013, 09:56:34 »
racconto bellissimo,fosse stata mia madre l'avrei(metaforicamente) strozzata!
« Ultima modifica: Febbraio 18, 2013, 14:50:44 da nihil »

presenza

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Re:Ciao
« Risposta #2 il: Febbraio 18, 2013, 12:12:45 »
I genitori, genitori, genitori, genitori a volte sono solo g.e.n.i.t.o.r.i... che ogni "Marta" possa crescere diventando sempre più forte grazie a se stessa!

« Ultima modifica: Febbraio 18, 2013, 14:51:19 da nihil »

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Re:Ciao
« Risposta #3 il: Febbraio 18, 2013, 14:50:11 »
presenza e patrizia, scusatemi, invece di cliccare su cita, ho cliccato su modifica e così è venuto stampato nel vostro post.
« Ultima modifica: Febbraio 18, 2013, 14:54:00 da nihil »

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Re:Ciao
« Risposta #4 il: Febbraio 18, 2013, 14:54:28 »
 Già, Presenza, i genitori dovrebbero sapere che i figli non si posseggono, ma si aiutano a crescere e si amano. Non sempre però è così. :-\

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Re:Ciao
« Risposta #5 il: Febbraio 18, 2013, 14:55:01 »
Eh sì, Patrizia, una madre così verrebbe voglia di strozzarla.  abow

ectobius

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Re:Ciao
« Risposta #6 il: Aprile 26, 2013, 15:58:00 »
Quanto è triste, e quanto poco basta a far svanire i sogni.

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Re:Ciao
« Risposta #7 il: Aprile 26, 2013, 19:49:52 »
infatti sono svaniti. :redd:

Claudia

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Re:Ciao
« Risposta #8 il: Maggio 07, 2013, 15:39:43 »
Che spaventosi genitori!
E pensare che, al di là del tuo magistrale racconto, esistono davvero simili mostri di egoismo che rovinano , anzi distruggono l'esistenza dei loro figli e non se ne accorgono nemmeno.
Bravissima!

 Claudia
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera!
S.  Quasimodo

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Re:Ciao
« Risposta #9 il: Maggio 07, 2013, 16:01:56 »
grazie Claudia, esistono sì, e magari stimano la Montessori e si sentono pure bravi. Peccato che da fuori nessuno si veda e invece tutti si giudichino all'altezza!

rino

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Re:Ciao
« Risposta #10 il: Giugno 24, 2013, 15:28:19 »
esistono genitori così,esistono Marte,esistono vagoni accoglienti quello spazio di tempo fra una salita ed una discesa...io son nato e cresciuto con il 'permanente',come si chiama in gergo la 'carta di libera circolazione',quindi immagina quanti viaggi,ovunque e quanti incontri di pochi minuti o poche ore e....
e.
bellissimo post,suadente, eforte,scrittura...
bravasì

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Re:Ciao
« Risposta #11 il: Giugno 24, 2013, 17:56:32 »
consoliamoci così, le pedate negli stinchi rafforzano lo spirito! :prtr: