Faccio fatica a sentire cosa dici in mezzo al chiasso che profuma di eucalipto, scorgo a stento una sedia da lontano vieni andiamo, io ti porgo la mano. Il tuo odore si mescola col mio, di vaniglia e verbena appena colta, non capisco se mi piace o faccio finta, tutt’intorno mi gira questa stanza. Poi mi siedo e continuo a respirare, chiudo gli occhi e so che mi stai a guardare. Sento lenta una mano che mi sfiora, io lo so che sei tu a parlare.
E ritorno a quel campo di papaveri, e lì in mezzo margherite e fiori bianchi, ne coglievo uno ad uno e poi lanciavo, tutto il mazzo che finiva lì per terra. Poi si scontra col ricordo chi mi fuma accanto, apro gli occhi e lo guardo disturbata, era bello ritornare a quel ricordo, e perciò mi rialzo dondolante. Tu mi dai un bicchiere in una mano, io lo porto alla narice dei miei sensi, e rivedo il colore del corallo, quando al mare lo tenevo stretto stretto, come fosse un tesoro ora disperso. E risento la sabbia sotto i piedi, il profumo di quel mare da lontano, il gelato alla vaniglia che scioglieva, e la voce che sussurrava piano. Quante cose mi ritornano alla mente, il gelsomino racchiuso nel fazzoletto, i petali di rose dentro alle pagine bianche, il vetiver che ti spalmavi in faccia dopo esserti fatto la barba. E io bambina ti osservavo dallo specchio, sapendo che un giorno saresti diventato terra.