Recensioni libri

Tre romanzi brevi della Biblioteca minima Adelphi

Pubblicato il 04-02-2007


Porta firme femminili il bel terzetto di romanzi brevi, poco più che racconti, usciti nella collana “Biblioteca minima”, per i tipi di Adelphi.

La vera Miss Brodie
Risalta nella copertina arancione de “La vera Miss Brodie” (Titolo originale: The School on the Links, Adelphi, pp.53, euro 5,50, trad. di Monica Pareschi) lo spiritoso ritratto dell’autrice Muriel Spark che ci rende partecipi delle simpatiche stravaganze di quella Miss Kay – sua adorata insegnante degli anni giovanili - cui si è ispirata per regalarci il profilo della futura Miss Brodie, protagonista non solo del suo romanzo più noto, “Gli anni fulgenti di Miss Brodie”, ma anche di un film, tratto dal libro, acclamato dalla critica con Maggie Smith come interprete. Detti, imperativi categorici, tic, piccole manie (vedasi quella per arte, paesaggi, letteratura e per quanto aveva visto o conosciuto d’italiano, Duce compreso) di quella estrosa Miss, determinata a far diventare le sue amatissime allieve la crème de la crème della società in cui vivono, pulsano dentro le piacevoli righe di questo librino comparso per la prima volta nel marzo del 1991 sul New Yorker.
Muriel Spark autrice di molti romanzi di successo, nata nel 1918 a Edimburgo da padre ebreo e madre anglicana, è morta quest’anno – ottantottenne – in Italia, dopo esser vissuta 27 anni in Toscana. Evidentemente, l’amore per la nostra terra, istillatole dalla sua grande Maestra cultrice di Bontà, Verità e Bellezza, ha operato un transfert nei suoi confronti.

La moglie di don Giovanni
“La moglie di don Giovanni” di Irène Némirovsky (Titolo originale: La femme di don Juan, Adelphi, pp.63, euro 5,50, a cura di Giorgio Pinotti, trad. di Laura Frausin Guarino) è un intenso racconto a carattere epistolare, apparso in origine sul “Candide” nel 1938, incluso nel volume Dimanche et autres nouvelles , uscito in Francia nel 200.
In accorate lettere piene di affettuosa nostalgia, Clémence, minata da una malattia inguaribile, giunta alla fine dei suoi giorni, nostalgica del tempo in cui era governante in casa di nobili francesi, scrive dopo molti anni, una lettera-diario a Monique, erede della famiglia presso cui prestava lavoro, rivelandole pruriginosi lati oscuri di famiglia: quella madre ritenuta irreprensibile, omicida del marito “don Giovanni” seduttivo e farfallone, assolta in giudizio, custodiva a sua volta un imbarazzante e insospettabile segreto.
Se già avevamo ammirato tanto la penna intelligente e acuminata della Némirovsky autrice del capolavoro “Suite francese”, dato alle stampe sessant’anni dopo la sua morte – avvenuta ad Auschwitz nel 1942 – qui, seppur in forma breve, ritroviamo il talento di un’autrice che sa regalarci ritratti compositi e sofferti di donne ribelli com’è appunto Nicole, la moglie di don Giovanni capace di tradire e uccidere in un grottesco soprassalto di orgoglio perché “a una donna si può fare tutto: tradirla, picchiarla, abbandonarla, ma se un uomo può perdonare chi lo deride, una donna – mai!”.

Maria Antonietta e lo scandalo della collana
“Maria Antonietta e lo scandalo della collana” (Adelphi, pp.92, euro5,50) di Benedetta Craveri (autrice anche del fortunato “Amanti e regine”), esce quasi in contemporanea col film della regista americana Sofia Coppola, presentato al Festival di Cannes, protagonista Kirsten Dunst nel ruolo della regina di Francia raccontata però in una chiave moderna.
Ormai non si contano i letterati, saggisti, storici e filosofi che si sono cimentati nella biografia e ricostruzione del vissuto di Maria Antonietta, la sventurata regina ghigliottinata a Parigi il 16 ottobre 1793, dai più ricordata per certi lati fatui del suo temperamento. Alla fitta moltitudine di biografie si affianca il brillante mini saggio della Craveri che sa farci entrare con abile penna nel nodo complesso della paradossale truffa - la clamorosa affaire du collier – vero intrigo politico, imbroglio di bassa lega dalle tinte farsesche, incipit delle sventure della regina che pure seppe dimostrare in extremis al suo popolo di “esser degna della corona che le era stata strappata e di saper morire con la dignità, la forza morale e il coraggio di una vera sovrana”.

Grazia Giordani

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