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E' morto Enzo Biagi

Pubblicato il 07-11-2007


E' morto pochi minuti dopo le otto il giornalista Enzo Biagi.
Era ricoverato in una clinica milanese da una decina di giorni. Le ultime parole alla famiglia: "Ho bisogno di voi".

Enzo Biagi.nacque a Pianaccio il 9 agosto 1920 , un piccolo paese sull'Appennino bolognese, frazione del comune di Lizzano in Belvedere. All'età di nove anni si trasferì a Bologna, dove il padre Dario lavorava, come vice capo magazziniere, in uno zuccherificio già da qualche anno. L'idea di diventare giornalista gli nacque dopo aver letto Martin Eden di Jack London. Frequentò l'istituto tecnico Pier Crescenzi, dove con altri compagni diede vita ad una piccola rivista studentesca, Il Picchio, che si occupava soprattutto di vita scolastica. Il Picchio fu soppresso dopo qualche mese dal regime fascista e da allora nacque in Biagi una forte indole antifascista.

Nel 1937, all'età di diciassette anni, compose il suo primo articolo, pubblicato sul quotidiano L'Avvenire d'Italia, che parlava del dilemma sorto nella critica dell'epoca se il poeta di Cesenatico Marino Moretti fosse crepuscolare o no. Cominciò così la sua collaborazione con l'Avvenire occupandosi di cronaca, di colore e di piccole interviste a cantanti lirici.

Nel 1940 fu assunto in pianta stabile dal Carlino Sera, versione serale de Il Resto del Carlino, come estensore di notizie, ovvero colui che si occupa di sistemare gli articoli portati in redazione dai reporter. Nel 1942 fu chiamato alle armi ma non partì mai per il fronte a causa di problemi cardiaci che lo accompagneranno per tutta la vita. Si sposò con Lucia Ghetti, maestra elementare, il 18 dicembre 1943; poco dopo fu costretto a rifugiarsi sulle montagne e qui aderì alla Resistenza combattendo nelle brigate "Giustizia e Libertà" legate al Partito d'Azione.

Terminata la guerra, entrò con le truppe alleate a Bologna e fu proprio lui ad annunciare alla radio locale l'avvenuta liberazione. Poco dopo fu assunto come inviato speciale e critico cinematografico al Resto del Carlino.

Nel 1951 Biagi aderì al manifesto di Stoccolma contro la bomba atomica e, accusato dal suo editore di "essere un comunista sovversivo", fu allontanato dal Resto del Carlino.

Qualche mese dopo, fu assunto da Arnoldo Mondadori e diventò caporedattore del settimanale Epoca, carica che ricoprì dal 1952 al 1960 trasferendosi per la prima volta a Milano. Dopo qualche mese, ne divenne direttore. Il settimanale attraversava un periodo difficile e nel 1951 si erano alternati alla sua guida ben quattro direttori. Biagi impose un decisivo cambiamento di marcia, con nuove rubriche e una nuova veste editoriale, trasformando Epoca da rivista di pettegolezzi a un giornale impegnato. Sotto la sua direzione, Epoca si impose all'attenzione del grande pubblico grazie ad inchieste e reportage esclusivi, in particolare sul caso Montesi e su papa Pio XII. Nel 1960 tuttavia un articolo sugli scontri di Genova e Reggio Emilia contro il governo Tambroni provocò la reazione dura dello stesso e Biagi fu costretto a dimettersi. Qualche mese dopo fu assunto dalla Stampa come inviato speciale.

Nel 1995 iniziò la trasmissione Il Fatto, un programma di approfondimento dopo il Tg1 sui principali fatti del giorno, di cui Biagi era autore e conduttore. Nel 2004 Il Fatto, che mediamente era seguito da oltre 6.000.000 di telespettatori, fu nominato da una giuria di giornalisti il miglior programma giornalistico realizzato nei cinquant'anni della Rai. Famose resteranno le interviste a Marcello Mastroianni, a Sofia Loren, a Indro Montanelli e le due realizzate a Roberto Benigni, l'ultima delle quali nel 2001, in piena campagna elettorale: il comico toscano, inevitabilmente, parlò di Silvio Berlusconi e della sua candidatura, commentando a modo suo il conflitto d'interessi e il contratto con gli italiani. L'intervista scatenò roventi polemiche contro Benigni e contro Biagi. Il deputato di Alleanza Nazionale e futuro ministro delle comunicazioni, Maurizio Gasparri, parlando ad un'emittente lombarda, auspicò l'allontanamento dalla Rai dello stesso Biagi.

Le trasmissioni del Fatto proseguirono regolarmente fino alla prima settimana di giugno quando terminò la stagione. La dirigenza Rai decise di cancellare il programma, dopo un lungo tira e molla cominciato già a gennaio, cioè prima dell'editto bulgaro, quando il direttore di Rai Uno, Agostino Saccà, si recò alla commissione parlamentare di vigilanza. Egli dichiarò che l'azienda doveva controbbattere Striscia la notizia e non poteva permetterselo con una trasmissione di cinque minuti che aveva conosciuto nell'ultimo periodo un calo di 3-4 punti di share. La dichirazione fu contestata dai commissari del centro-sinistra, durante l'audizione, perché i dati Auditel dichiaravano che il Fatto aveva uno share del 27,92% di media, quasi otto milioni di telespettatori, addirittura superiore alla quota dell'anno prima, che aveva una media del 26,22%.

Tornò in televisione, dopo due anni di silenzio, alla trasmissione Che tempo che fa intervistato per una ventina di minuti da Fabio Fazio. Il ritorno di Biagi in tv segnò ascolti record per Rai Tre (e per la stessa trasmissione di Fazio) e fece molto scalpore suscitando reazioni diverse nel Paese.

Ricoverato per oltre dieci giorni in una clinica milanese, a causa di un edema polmonare e di sopraggiunti problemi renali e cardiaci, è morto all'età di 87 anni la mattina del 6 novembre 2007.

Tratto da Wikipedia


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