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Huysmans e il raffinato decadente di “A ritroso”

Pubblicato il 04-02-2008


Joris-Karl Huysmans, scrittore decadente e critico d’arte, nacque a Parigi il 5 febbraio 1848 (si celebrano i 160 anni della sua nascita). Svolse la sua vita quieta come amministratore statale sino alla pensione, ritirandosi poi in un convento benedettino. Si convertì al Cattolicesimo alcuni mesi prima della morte per cancro, avvenuta nel 1907.
Dopo un primo periodo in cui scrisse testi ispirati ai temi del Naturalismo, nel 1884 pubblicò “A ritroso (A’ rebours)” (ha avuto diverse ristampe: l’ultima è del 2007, e alcune volte col titolo italiano “Controcorrente”), che Carlo Bo in una sua prefazione definì «il manuale del perfetto decadente» e che altri hanno definito «la Bibbia del decadentismo». Il romanzo narra di Jean Des Esseintes, l’ultimo erede di una famiglia aristocratica, costretto ad assistere al declino dell’«aristocrazia della nascita» e al prevalere dell’«aristocrazia del denaro» (con «il califfato delle botteghe… la tirannia del commercio dalle idee venali e anguste… Più scellerata, più vile della nobiltà spoglia e del clero decaduto…»). Egli si sente «un ribelle… un forzato della vita» ed è urtato dal «doloroso spettacolo della miseria spirituale e delle basse aspirazioni dei suoi contemporanei» e dall’odiata «cafoneria dei finanzieri e dei nuovi ricchi». Si ritira allora in un «nido singolare e tranquillo» allestito apposta da un architetto con l’aspetto della cabina di una nave nel quale, vivendo di notte («…l’anima non spiccava il volo e non fiammeggiava che nell’immediata vicinanza dell’ombra»), si abbandonava morbosamente a profumi esotici che danno «sensazioni forti ed esclusive», a piante rarefatte e a una ricerca estenuante ed estenuata di una bellezza artificiosa e manipolata, astraendosi così dalla realtà e ritornando al passato («C’è così chi torna ad età defunte, a civiltà scomparse, a secoli perenni; chi si avventa nei mondi della fantasia e del sogno, vivendo con più o meno intensità il miraggio d’un tempo a venire; d’un tempo che rispecchia, senza ch’egli lo sappia, per influenze ataviche, l’immagine di epoche trascorse»). Jean perde però il contatto col mondo («…sapersi astrarre abbastanza da produrre l’allucinazione e da sostituire alla realtà reale la realtà fantasticata»), venendo travolto nel gorgo della follia, sempre con «un’anima nauseata in anticipo dalla spietata certezza che nessuna felicità nuova è possibile».
Negli anni successivi lo scrittore, in preda a una profonda crisi mistica, si avvicinò al mondo del Cattolicesimo (anche se la sua fu una religione imbevuta di magia, occultismo e satanismo) e scrisse una serie di romanzi il cui protagonista Durtal - con la sua odissea spirituale, la conversione e il ritiro in un monastero benedettino come monaco-laico - altri non è che Joris-Karl.
Con la sua vita e il suo mondo letterario pieni di contraddizioni ma in grado di esprimere diverse fasi di un importante periodo estetico-intellettuale, Huysmans ha ben rappresentato l’uomo francese in crisi che si ritira in una morbosa interiorità, rifiutando il mondo e i suoi problemi. E la sua fortuna si deve non tanto a grandezza letteraria, quanto piuttosto al fatto che ha saputo interpretare le istanze e l’inquietudine dei suoi contemporanei.

Di Silvia Iannello

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