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Edward Albee – Celebrazione

Pubblicato il 12-03-2008



Edward F. Albee, uno tra i più grandi drammaturghi americani viventi (l’erede
di Arthur Miller e il vincitore di tre premi Pulitzer), nacque a Washington il
12 marzo del 1928 e fu adottato a poche settimane dalla nascita da un magnate
miliardario, proprietario di una catena di teatri di rivista, venendo coinvolto
ben presto dall’interesse per il teatro (si definiva un «figlio d’arte», avendo
iniziato a leggere testi teatrali dall’età di 10-11 anni). Benché allevato nella
ricchezza e nel lusso, fu un outsider anticonformista e creativo. Indolente a
scuola, non completò gli studi e a vent’anni lasciò il soffocante ambiente
familiare per andare ad abitare al Greenwich Village di New York, ove svolse
diversi umili lavori, dedicandosi poi a tempo pieno alla scrittura teatrale.
Albee ha avuto il merito di aprire le porte in America al Teatro dell’Assurdo, e
col dramma “Chi ha paura di Virginia Woolf?” ha raggiunto fama nazionale e
internazionale. Il lavoro debuttò con successo a Broadway nel 1962, e il suo
titolo - che è anche un leitmotiv nel testo - riprendeva «Chi ha paura del lupo
cattivo?» da una canzoncina degli anni ‘30, giocando sull’assonanza inglese tra
«Woolf» e «wolf» che significa «lupo». In modo corrosivo, il dramma punta il
dito sulla malata relazione matrimoniale di una coppia di mezza età, George
(professore di storia) e Martha (figlia del preside), che durante una visita di
cortesia in tarda notte coinvolgono nel loro rapporto conflittuale e
psicopatologico una coppia di giovani: Nick, prestante e cinico professore di
biologia nello stesso college, e la fragile e graziosa moglie Honey. Si svolge
un odioso gioco al massacro che coinvolge tutti, e tutti s’insultano e si
deridono, e nulla è risparmiato a nessuno. Eppure una volta George e Martha si
erano amati, e lui l’aveva fatta felice e lei era stata orgogliosa di lui! Senza
pietà, Albee strappa il velo dell’ipocrisia piccolo-borghese, mettendo in mostra
il dirompere di tensioni interpersonali, di angoscia e odio, di crudeltà e
smarrimento, di verità e illusioni, ma soprattutto di una tremenda solitudine
esistenziale.
Il dramma è stato molto premiato e molto rappresentato nel
mondo, ed è stato messo in scena anche in Italia: nel 1963 da Zeffirelli, nel
1977 da Enriquez, nel 1985 da Missiroli, e nel 2005 da Gabriele Lavia con
Mariangela Melato. Nel 1966 ha ispirato il dissacrante e coraggioso film di Mike
Nichols, premiato con 5 Oscar, con Elizabeth Taylor e Richard Burton (che
avevano tutte le carte in regola per recitare l’inferno quotidiano di un
matrimonio alla deriva).


Di Silvia Iannello


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