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Katherine Mansfield, innamorata della Vita e della Natura

Pubblicato il 08-10-2008


Centoventi anni addietro (il 14 ottobre del 1888) nasceva in Nuova Zelanda Katherine Mansfield, maestra dei bozzetti e dei racconti brevi (e si deve proprio a lei, se il racconto è divenuto in letteratura una forma d’arte). Tra il 1902 e il 1906 frequentò a Londra il Queen’s College, dedicandosi anche con successo allo studio del violoncello. Rientrata in Nuova Zelanda, pur amando teneramente la madre e il fratello Leslie (che morirà poi tragicamente in guerra nel 1915), ritornò a Londra nel 1908 per dedicarsi alla scrittura. Nel 1909, dopo una breve conoscenza, sposò il professore di canto George Bowden ma il matrimonio non fu felice e si lasciarono dopo pochi giorni; l’anno dopo in Baviera ebbe un aborto dalla relazione con un altro uomo, e questa triste esperienza costituì la base per scrivere e pubblicare nel 1911 a Londra la raccolta di racconti “In una pensione tedesca (In a German Pension)”, un insieme di delicate figure femminili rappresentate con fine psicologia in un rarefatto quotidiano. Questo libro le fece incontrare lo scrittore e critico letterario John Middleston Murry, che romanticamente si entusiasmò di lei e della sua opera e che la sposò nel 1915 dopo il suo divorzio dal primo marito. Katherine scrisse in seguito “The Garden Party”, il suo capolavoro e suo ultimo libro (1922), che include tutti i suoi racconti più pregevoli (“At the Bay”, “The Voyage” e “The Stranger”). Amò molto Cechov, e i critici hanno considerato la sua produzione letteraria affine a quella del grande scrittore russo.
Nel 1917, la Mansfield si era ammalata di tubercolosi (una malattia allora incurabile e fatale) e la scrittrice - che adorava molto «la vita che è tanto bella» e la natura, consunta sia dalla tisi sia da una viva inquietudine spirituale - così scriveva: «Voglio la salute. Per salute intendo la possibilità di condurre una vita piena, adulta, viva, completa, in stretto contatto con tutto ciò che amo: la terra e le sue meraviglie, il mare, il sole... » (è nota la sua frase: «La felicità è come quando s’inghiotte profondamente uno spicchio splendente di sole nel pomeriggio.»). Nella ricostruzione del mondo della sua infanzia, la Natura tanto amata ha riempito liricamente i suoi testi di colori, profumi e atmosfere straordinarie. Per cinque anni fece vani tentativi in riviera o in sanatorio allo scopo di arrestare la malattia: tra il settembre del 1919 e il gennaio del 1920 fu anche in Italia, nella stazione termale di Ospedaletti (in provincia di Imperia), nella “Casetta Deerholm”; di Ospedaletti, così scriveva: «... è un incantevole piccolo paese... il più bell’angolo di terra... E’ come un racconto di fate... il sole aveva il braccio intorno alle mie spalle». Chiusa nel suo corpo malato come in una prigione, scriveva però nel suo diario: «... non mi par più di essere una ragazza o una giovane donna. Sento la gioventù completamente passata. A volte il timore di morire mi spaventa... Non c’è un limite alla sofferenza umana... L’anno passato, trascorso in Italia, pensavo: “Un’ombra di più e sarebbe la morte”. Quest’anno, invece, è tanto terribile, che il mio pensiero torna con affetto alla “Casetta”! La sofferenza è senza limiti, la sofferenza è paragonabile all’eternità... E’ difficile, è difficile fare una buona morte... Sono stanca della lotta. Nessuno può sapere quanto sono stanca.». Morì per una grave emottisi ad appena 34 anni il 9 gennaio del 1923 in una sorta di clinica russa del benessere fisico e di ritiro spirituale, a Fontainebleau, nel cui cimitero comunale riposa. Dopo la sua morte, il devoto marito pubblicò postumi molti suoi lavori, il “Diario” e le “Lettere”, nei quali fece rivivere lei - che avrebbe voluto vivere a tutti i costi - nella lettura e nel ricordo dei suoi lettori. Per molti anni, forse anche a causa dell’immagine edulcorata fornita dal marito, la critica ha considerato la Mansfield una scrittrice “minore” e “marginale”, limitandosi alla sua forte personalità e alla sua vita infelice. A partire dal 1988 (grazie agli studi e ai convegni, compiuti in occasione del centenario della sua nascita), ha preso quota una diversa valutazione del ruolo “centrale” della scrittrice nel panorama della moderna letteratura inglese, soprattutto con riferimento alla sua continua ricerca dell’identità femminile e al valore femminista della sua opera.

Di Silvia Iannello


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