Recensioni libri

Kostìs Palamàs la voce lirica della resistenza greca

Pubblicato il 13-01-2009


Centocinqua anni addietro nasceva, il 13 gennaio del 1859, nasceva a Patrasso Kostìs Palamàs; un dato curioso é che nella stessa casa di Patrasso in Via Corinto 241 (oggi meta di turisti), a distanza di 3 anni nacquero sia Kostìs che Matilde Serao (1856-1927), il cui padre Francesco, avvocato e giornalista di fede antiborbonica, per sfuggire nel 1848 alle persecuzioni poliziesche si era nascosto in Grecia, ove aveva trovato un modesto lavoro come insegnante e ove aveva conosciuto e sposato la nobile decaduta greca Paolina Borely (la madre colta e intelligente che sarà vanto e mito della giovane Matilde, nonostante un’infanzia povera e triste).
Palamàs è uno degli autori di maggior rilievo della letteratura neogreca ed è stato (ed è) uno dei simboli più luminosi della nazione greca: fu infatti il primo poeta greco a esprimere le sofferenze della resistenza e le aspirazioni di libertà del suo popolo. Una delle sue più belle poesie è “O thanatos ton archaion (La morte degli antichi)”, che canta appunto la patria e lo stretto legame che da sempre unisce l’uomo greco alla sua terra d’origine. Questo profondo legame (come pure l’eroico incitamento a combattere fatto al suo popolo) appare in un’altra delle sue poesie più note, che così recita: «Bambino, il mio frutteto che tu erediterai, / qualcosa in lui sempre tu vedi, / non rinunciarci. / Aralo ancor più profondamente, annaffialo più spesso, / cura i suoi prati e la sua terra franante. / Quando arrivano i tempi difficili, / gli anni della collera, / quando gli uccelli e gli alberi, per paura, / imparano ad odiare, / nulla è più buono per te di una fortezza. / Temi la distruzione, non il fuoco, alza la scure. / Lascialo improduttivo, abbatti le piante, / costruisci una fortezza e nasconditi dentro, / per la lotta, per il sangue, per la rinascita, / che noi aspettiamo / e che incessantemente / si avvicina».
Formatosi in Atene, divenne il padre indiscusso della Nuova Scuola di Poesia Ateniese (da lui fondata nel 1880 in opposizione al romanticismo e all’arcaica lingua ufficiale letteraria greca), portando nella sua poesia il “demotico” (il greco moderno tratta dalla parlata viva del popolo) e contribuendo in modo determinante alla diffusione della lingua volgare e all’evoluzione verso la modernità della poesia neo-ellenica e della letteratura greca in genere.
Col prestigio duraturo di un ascoltato maestro, scrisse prose di critica, novelle, il dramma moderno “Trisévgeni”, la tragedia “Nobilissima”, una raccolta di racconti ma soprattutto numerose e interessanti raccolte di poesie, nelle quali ridisegnò - europeizzandole - la storia, la mitologia e la filosofia greca. Tra queste ultime, ricordiamo: “Canti della mia patria” (1886), “Giambi e anapesti” (1897), “Vita immutabile” (1904), “Altari” (1915) e “Le notti di Femio” (1935).
Kostìs Palamàs è anche noto per i versi del popolarissimo Inno Olimpico, composto in occasione della prima edizione dei Giochi olimpici svoltasi ad Atene nel 1896 (autore della musica era il grande compositore greco Spyros Samaras). Morì ad Atene il 27 febbraio del 1943 e i suoi funerali, che si svolsero durante l’occupazione tedesca, diventarono il coraggioso pretesto per una straordinaria manifestazione patriottica del popolo greco oppresso.
Melina Mercuri, in un articolo comparso nel 1993 sul Corriere della Sera, dal titolo “Grecia, non solo Omero - Un piccolo paese con un grande patrimonio”, ricorda la storia e la tradizione greca (che si perdono nella profondità dei secoli) ed anche «l’audacia, l’inventiva e il culto del dubbio elementi caratteristici dell’essere greco», puntualizzando che «la lingua greca, una delle più belle e ricche del mondo è, nello stesso tempo, il nostro più grande ostacolo»; essa è stato «il carcere» che per le difficoltà di traduzione ha tenuto reclusi in ambito nazionale molti grandi letterati greci moderni, incluso Kostìs Palamàs.

Di Silvia Iannello




Torna alla pagina delle news

Archivio News