John Fante, rabbia e letteratura
Pubblicato il 12-04-2009
L’8 aprile del 1909 nasceva a Denver nel Colorado, John Fante, scrittore americano anticonformista ed arrabbiato. Era il figlio di un modesto muratore abruzzese di Torricella Peligna (in provincia di Chieti) e la sua infanzia fu segnata da una drammatica povertà, dai violenti litigi dei genitori e dal difficile rapporto col padre (dongiovanni e ubriacone). La famiglia di emigrati e la sua vita ispirarono a lui - americano di prima generazione - il romanzo autobiografico d’esordio “Aspettiamo la primavera, Bandini” (1938), nobilitato da un tono ironicamente fantastico, in cui agiva per la prima volta Arturo Bandini, giovane scrittore italo-americano, in cerca di gloria, suo “alter ego” anzi meglio sua “controfigura”.
Ebbe un’adolescenza turbolenta ma, con molte difficoltà, era riuscito a completare gli studi presso una scuola di Gesuiti e si era iscritto all’Università; aveva poi abbandonato la provincia per raggiungere in autostop Los Angeles, ove s’impegnò in umili lavori precari e iniziò a scrivere racconti. Nel 1939 scrisse il secondo romanzo “Chiedi alla polvere”, caratterizzato dalla stessa scrittura ruvida e provocatoria, in cui il protagonista Bandini comicamente chiede agli scrittori della biblioteca di Los Angeles di fargli spazio: il romanzo fu tradotto in Italia negli anni ’50 da Elio Vittorini. Dopo una lunga pausa di sceneggiatore per il cinema di Hollywood, un lavoro che non gli piaceva ma che pur non dandogli grandi soddisfazioni lo faceva guadagnare bene (collaborò anche con Orson Welles e Dino De Laurentiis), scrisse “In tre ad attenderlo” (1952) che gli diede la celebrità e che ispirò il film di Richard Quine del 1956 con Judy Holliday e Richard Conte (nominato agli Oscar per la miglior sceneggiatura). La moglie Joyce Smart - una giovane bionda poetessa di ricca famiglia, sposata in segreto nel 1937 a Reno (nel Nevada) senza il consenso dei genitori, che gli diede quattro figli e che rimase con lui sino alla morte - scrisse che romanzo e film rappresentavano «un’atmosfera domestica solare con un giovane marito amoroso e una moglie che aspetta il primo figlio, l’opposto di quel che era realmente accaduto nella nostra famiglia» (John, infatti, si era infuriato per la nascita del quarto figlio non desiderato e aveva momentaneamente abbandonato la famiglia).
Fante - un irrequieto e un arrabbiato che si sentiva ai margini e che detestava i ricchi - nei suoi romanzi manifesta una furiosa aggressività verso il mondo, raccontando con lirica tensione letteraria e proterva forza di sentimenti il disprezzo nei duri anni ’30 e ’40 dei “wasp” (white, anglo-saxon and protestant cioè bianchi, anglosassoni e protestanti) per i “wop” (immigranti without papers cioè senza documenti), guardati con sospetto per la loro caparbia voglia di riscatto e per la loro caccia al Sogno Americano che, possibile, era spesso vanificato da mille difficoltà, tra le quali la necessità di parlare in buon inglese e il desiderio di non essere giudicati soltanto per le origini o la razza.
Devastato da un diabete trascurato che nel 1974 lo aveva reso cieco e che più tardi aveva provocato l’amputazione di entrambe le gambe, preoccupato dalle condizioni economiche, deluso dall’alternarsi di successi e delusioni, sprecando tempo e danaro nel golf e sui tavoli da gioco, nel 1977 (25 anni dopo l’ultimo romanzo) pubblicò con buoni riscontri “La confraternita dell’uva”. Poco prima della morte, avvenuta nel 1983 in una Clinica di Los Angels dopo 17 mesi di ricovero, riuscì a dettare alla moglie nella loro casa di Malibu l’elegiaco e lirico “Sogni di Bunker Hill” che conclude il ciclo di Bandini. Il libro rinnovò il successo di Fante, sottraendolo all’oblio e rendendo interessanti per il pubblico e l’editoria i suoi numerosi testi inediti: furono pubblicati postumi “Un anno terribile”, “La strada per Los Angeles” e “A ovest di Roma”.
Charles Bukowski, un altro autore “maledetto” che lo aveva incontrato nel 1978 e che era divenuto un suo estimatore, scrisse di lui: «Un uomo davvero coraggioso... il migliore scrittore che abbia mai letto... lo scrittore più maledetto d’America... scrive con le viscere e per le viscere, con il cuore e per il cuore... era il mio Dio... Io sono Bandini, Arturo Bandini!». Nel 1980 fece ristampare dal suo editore Black Sparrow Press “Chiedi alla polvere” e ne scrisse una lusinghiera prefazione. Con qualche libertà ma con amoroso rispetto per l’autore, nel 2006 dal romanzo fu tratto l’omonimo film di Robert Towne con Colin Farrell, Salma Hayek e Donald Sutherland, prodotto da Tom Cruise, che ha riproposto la storia d’amore di Arturo Bandini e della cameriera Camilla Lopez (rappresentazione autobiografica della tempestosa relazione di John con una ragazza di origini messicane): sullo sfondo, Los Angeles e la Grande Depressione.
Di Silvia Iannello
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