Recensioni libri

Michael Ende e “La storia infinita”

Pubblicato il 06-11-2009


Ottant’anni addietro nasceva a Garmisch Partenkirchen (il 12 novembre del 1929) Michael Ende, fantasioso scrittore tedesco che sin dall’infanzia si era sempre pasciuto di creatività: era il figlio del noto pittore metafisico-surrealista Edgar Ende, le cui opere sotto il regime di Hitler furono confiscate perché considerate “arte decadente”. Studente difficile (era convinto che la scuola penalizzasse le sue pulsioni creative e la sua fantasia), fu sospeso dalla scuola nel 1941 e nel 1945 venna arruolato a 16 anni e mandato al fronte senza addestramento; dopo aver visto morire alcuni suoi compagni, sconvolto dagli orrori della guerra, si diede alla fuga entrando a far parte del Fronte anti-nazista per la Baviera Libera, ove rimase sino alla fine della guerra.
Critico e autore teatrale, raggiunse il successo con il libro per ragazzi “Le avventure di Jim Bottone, Un ferroviere e mezzo”, cui seguirono gli altri due romanzi per ragazzi “Momo” (1972) - che ispirò sia la versione cinematografica di Johannes Schaaf (1986) con la colonna sonora di Angelo Branduardi (in cui lo stesso Ende si esibiva in un cammeo) sia quella a cartoni animati di Enzo D’Alò con musiche di Gianna Nannini - e “La storia infinita” (1979), dalla quale fu tratta la controversa versione cinematografica di Wolfgang Petersen (1984), della quale l’autore cercò di bloccare l’uscita e per la quale fece una causa - perduta - per togliere il suo nome dai titoli di testa (l’autore parlò di «gigantesco melodramma commerciale fatto di kitsch, plastica e felpa»). Ende morì a Stoccarda il 28 agosto del 1995 per un cancro allo stomaco (aveva soltanto 65 anni).
Con i suoi libri ricchi di luoghi fantastici e di chiavi simboliche, l’autore si è dedicato alla costruzione di un mondo enorme e vario, connotato da sfondi smisurati e da labirinti inestricabili, da enigmi metaforici che divengono muri invalicabili e da una fiabesca trasposizione di eventi reali. E lo scrittore - che amava il teatro - recita con parole incantate le sue incredibili storie, fatte per essere ascoltate, al suo pubblico di lettori che vengono completamente coinvolti nel suo magico cerchio. Ha scritto l’autore: «Terre e mari, montagne e corsi d’acqua non sono sempre allo stesso posto, come avviene nel mondo degli uomini... Può capitare di passare per un deserto infuocato e trovarsi subito dopo in regioni di nevi artiche. In quel mondo non esistono distanze esterne concretamente misurabili, e così anche le parole vicino e lontano hanno un significato totalmente differente. Tutte queste cose dipendono dallo stato d’animo e dalla volontà di colui che compie un determinato cammino.». E il bambino diviene il compagno di viaggio privilegiato e il partner di avventure inenarrabili, cui chiedere una fiducia incondizionata alla vicenda fantastica per superare il mondo reale ed entrare in quello letterario immaginato dall’autore.
“Momo” (1972) è senza dubbio tra i romanzi più famosi di Michael Ende: è una tenera favola moderna ma anche una feroce critica al consumismo e alla frenesia della vita moderna, al sentimento d’impotenza di fronte al tempo che passa. Momo è un’orfanella povera e ignorante ma piena di cuore e sorrisi; abita nel rudere di un anfiteatro alla periferia di una metropoli e viene adottata da una piccola comunità: sa ascoltare in silenzio tutti quelli che le parlano «in modo che ai tanti, di botto, si affacciavano alla mente idee molto intelligenti», li sa rincuorare invitandoli a riassaporare le piccole cose della vita e a guardarsi dentro, li fa sentire importanti. Momo deve combattere contro i Signori Grigi, i Ladri del Tempo che possono trasformare la vita umana in un deserto e che possono rendere sterile il cuore umano.
Il romanzo “La storia infinita” (1979), grandissimo capolavoro del Novecento tedesco, rappresenta un testo iniziatico, una favola metaforica senza inizio e senza fine, uno stupefacente puzzle di realtà e fantasia, di fumetto e fantascienza, di enigmi e simboli che si incastrano come scatole cinesi. E’ un libro nel libro: quello rubato nel negozio d’antiquariato del signor Coriandoli da Bastiano, giovane frustrato protagonista che vive di sogni e d’avventura attraverso le pagine dei libri che ama, e quello contenuto nella Montagna Vagante e poi riscritto dal Vecchio; è un libro che parla di altri libri ma che è anche la porta d’ingresso che rompe ogni barriera tra Bastiano e personaggi del mondo di Fantàsia, tra il lettore e i protagonisti immaginari. Attraverso le sue avventure, Bastiano diviene la rappresentazione universale dell’individuo che vuol essere diverso, che sogna quel che non ha ma che riesce a non divenire schiavo della sua fantasia. Tutto ciò può essere esemplificato in ciò che si dicono l’Infanta Imperatrice - affetta da una malattia mortale, il cui regno sta per essere inghiottito dal Nulla - e il Vecchio della Montagna Vagante: «“Tutto ciò che accade, tu lo scrivi”, disse. “Tutto ciò che io scrivo accade”, fu la risposta». Soltanto un appartenente ai Figli di Adamo, Bastiano-Atreyu (che troverà sul suo cammino Fucùr, il Drago della Fortuna) correrà in aiuto dell’Infanta Imperatrice per salvare Fantàsia e il Mondo. Nell’inseguire i suoi sogni, Bastiano perderà poi la memoria della sua vita umana e diverrà assetato di potere: saranno Atreyu e Fucùr a ridare i ricordi perduti a Bastiano e a consentirgli la conclusione del suo viaggio. A questo punto, è facile capire cosa Ende nascondesse sotto l’immagine del regno di Fantàsia: il mondo interiore del singolo uomo, l’inconscio collettivo, il senso dell’umanità libera e creativa, un percorso di crescita, il prendere le distanze da un mondo arido senza sogni mantenendo il contatto con la fantasia e la fiaba, ma anche il mantenere l’intelligenza e la razionalità.


Di Silvia Iannello


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