Recensioni libri

James Matthew Barrie e la magia di Peter Pan

Pubblicato il 09-05-2010


Sono passati centocinquanta anni dalla nascita in Scozia (era il 9 maggio del 1860) di Sir James Matthew Barrie, creatore di Peter Pan, il protagonista dei famosi racconti ricchi di humour "Peter Pan nei giardini di Kensington" (1906) e "Peter Pan e Wendy" (1911). Il personaggio di Peter Pan era apparso però per la prima volta ne "L'uccellino Bianco", un romanzo scritto da Barrie nel 1902 per un pubblico adulto (d'altra parte, Peter Pan - volato via dalla finestra quando aveva appena sette giorni credendo di essere ancora un uccellino alla maniera dei bimbi prima di nascere - è sì l'eroe di una fiaba ma nel suo sangue scorre un malinconico rimpianto che in effetti può esser compreso soltanto da un lettore maturo).
Dopo essersi laureato in Giurisprudenza presso l'Università di Edimburgo, Barrie si diede al giornalismo e alla carriera letteraria dedicandosi alle biografie e al teatro, che gli diede fama immensa con la commedia "Peter Pan o Il ragazzo che non voleva crescere" (che debuttò il 27 dicembre del 1904), trasformata poi nei racconti che ben conosciamo. Barrie non ha avuto in realtà vita facile: nacque a Kirriemuir, una cittadina a nord di Edimburgo, ma perse in età infantile un fratello quattordicenne (il preferito dalla mamma) mentre pattinava sul ghiaccio e ciò segnò profondamente la sua vita, spingendolo a mantenere vivo in sé quel “puer” che tutti noi conserviamo nel profondo (e Peter Pan è divenuto un vero e proprio simbolo dell’adulto in fuga dalla realtà). Gracile e basso di statura, Barrie amava passeggiare con atteggiamento infantile per i giardini di Kensington insieme all'amatissimo cane di San Bernardo Porthos. Sposò un’attrice e non ebbe figli ma si legò successivamente a un'altra donna, Sylvia Llewellyn-Davies, madre di tre figli che aveva conosciuto durante le sue passeggiate nei giardini di Londra e che sostenne economicamente (e uno di loro si chiamava appunto Peter). Per loro - che amava di un affetto quasi morboso - ideò le magiche avventure di Peter Pan e di capitan Uncino; aveva scritto: «i bambini non dovrebbero mai dormire... si svegliano più vecchi di un giorno e senza che uno se ne accorga sono cresciuti». Purtroppo questo legame finì tragicamente con la morte prematura di Sylvia e di due dei suoi figli e Barrie rimase nuovamente solo e infelice. Fatto baronetto dalla regina, fu anche Rettore dell’Università di Edimburgo (a dimostrazione di come il serio e il faceto possano coesistere senza conflitti nello stesso individuo). Morì a Londra il 19 giugno del 1937. Barrie ha ceduto tutti i diritti del suo libro a un ospedale per bambini, il "Great Ormond Street Hospital" di Londra, che li gestisce con scrupolo e saggezza per il bene dei piccoli ricoverati e che di recente ha proposto un concorso per la scrittura del seguito delle avventure di Peter Pan.
Come è noto, Peter Pan è un fanciullo che possiede ancora tutti i suoi denti da latte, suona un piccolo flauto di canne ed è vestito di foglie d’autunno e ragnatele; vive felicemente con le fate («quando un bambino ride per la prima volta, la risata si rompe in mille pezzi che si allontanano saltellando e questo è l’inizio delle fate») e il suo indirizzo è veramente fantastico: «seconda stella a destra e poi diritto fino al mattino»; è il capo di un gruppo di «bimbi sperduti» e gioca con sirene, indiani e pirati. Il libro incomincia così: «La notte in cui iniziarono le straordinarie avventure di questi bambini fu la notte in cui Nana abbaiò alla finestra...». Nana è la fedele cagna-baby sitter dei ragazzi Darling ed ha avvertito la strana presenza di Peter Pan che, insieme con la fatina luminosa Trilly, è giunto in casa in cerca della sua ombra persa qualche giorno prima; ammaliandoli con il racconto delle sue fantastiche avventure, convince Wendy, John e Michel a partire con lui per un viaggio mitico verso la straordinaria isola Chenoncè dove il tempo non scorre mai e si può dimenticare il mondo reale coi suoi obblighi e le sue regole. I Darling e Nana precipitano nella più nera disperazione. Che tenerezza il signor Darling che, affranto, asciuga col suo fazzoletto le lacrime dagli umidi occhi dolenti di Nana! Che straordinario surrealismo nell'abitudine presa dal signor Darling di dormire nella cuccia di Nana, per riconoscerne la superiore saggezza! E che tenerezza Nana che «alza una zampa comprensiva sul grembo» della madre triste «e non è strano vedere che loro due usano lo stesso fazzoletto». Peter insegna ai tre ragazzi «a saltare sulle spalle del vento» e a volar via lontano, e li coinvolge nella lotta contro Capitan Uncino, acerrimo nemico cui ha tagliato una mano. Wendy si rende conto ben presto che Peter vive la vita come un gioco e che è bloccato dalla paura di crescere; decide allora di ritornare a casa insieme ai bambini smarriti, prima che lei e i fratelli dimentichino del tutto dei propri genitori. Stupenda è la conclusione: «Il signor Darling si alzò per dividere la sua gioia e Nana entrò di corsa a far festa ai suoi tre piccoli monelli. Non s'era mai vista scena più bella, ma non c'era nessuno a guardarla, soltanto uno strano ragazzo faceva capolino alla finestra. Egli aveva provato gioie meravigliose, gioie che nessun bambino ha mai conosciuto; ma ora spiava dai vetri l'unica felicità che gli era preclusa per sempre.». Peter Pan ha conosciuto gioie immense ma a lui è preclusa la grande e unica felicità dell'amore di una famiglia affettuosa. Egli non diventerà mai uomo (non conoscerà le sofferenze della maturità ma nemmeno le gioie) e rimarrà l'essere magico e fatato, il sognatore che è, ma con un amaro rimpianto per quel tanto di umano che ancora alberga nel suo cuore d'eterno fanciullo.

Di Silvia Iannello



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