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Ognuno è unico sconosciuto anche a se stesso

Pubblicato il 31-03-2011


Percepiamo la realtà del mondo a nostra immagine e somiglianza, in modo soggettivo, influenzati dalla cultura, dal luogo e dalla storia personale. Da quel che conosciamo e da quel mondo inconscio che ci abita dentro. Ogni relazione è condizionata dalle nostre e altrui proiezioni, in un gioco di specchi, siamo percepiti dagli altri in centomila modi diversi.
Un classico d’inizio secolo colpisce per la sua straordinaria attualità: iniziata nel 1909 e pubblicata nel 1926 Uno, nessuno e centomila, tra le opere più famose di Pirandello, affascina in particolare chi è interessato a scoprire: “chi sono, qual è la mia autentica essenza e vera identità”. Al di là dell’immagine, dei ruoli, delle apparenze e di come siamo visti, percepiti, criticati e giudicati dagli altri.
Una mattina la moglie gli fa notare che il suo naso pende verso destra e da questa apparentemente semplice osservazione, l’esistenza del protagonista, Vitangelo Moscarda, verrà sconvolta: vita familiare, relazioni, posizione sociale, la sua identità, con una sapiente esagerazione, si dissolverà sino ad estreme conseguenze.

Chi è Moscarda? Uno, nessuno, centomila. Nella ricerca di se stesso prende coscienza di quanto sia diversa l’immagine di sé dall’immagine che gli altri hanno di lui. La consapevolezza di essere visto dalle persone intorno a lui in centomila modi differenti, accende il desiderio di distruggere quelle forme che sente estranee e lo imprigionano. A cominciare da quel Moscarda usuraio che ha ereditato dal padre insieme con la banca da cui trae i mezzi per la sua esistenza di borghese benestante.

Il suo è un tragicomico tentativo di non lasciarsi “ingabbiare” dalle centomila immagini che gli altri proiettano su di lui e di non “auto-inscatolarsi” da solo. Per liberarsi ed esser nessuno si spoglierà di tutti i suoi averi e verrà considerato uno fuori di testa. La follia in Pirandello è uno strumento di contestazione delle forme della vita sociale, l'arma che fa esplodere convenzioni e rituali, mostrandone l’assurdità.
Si ribella a chi ricopre nella società ruoli legati al denaro e al potere come i banchieri, il notaio, i prelati e, in parte il giudice, considerati artefici della sopraffazione nella forma e nei fatti. Moscarda cerca di ricostruirsi un'esistenza svincolata da condizionamenti sociali, cerca di vivere la propria autentica essenza. Ma per i suoi comportamenti fuori dalle convenzioni verrà considero pazzo: abbandonato dalla moglie, interdetto dai familiari, finirà in un ricovero da lui sesso fondato con magnifiche elargizioni.


Particolare significato assume il rifiuto del nome vissuto come un imprigionamento in una forma immutabile, come un'epigrafe funeraria mentre l’individuo, così come la vita, è un continuo fluire in divenire, secondo la concezione dello stesso Pirandello.

Il titolo del penultimo capitolo, «Remissione», compendia le vicende del protagonista: spossessamento, abbandono, remissività, rinuncia alla rivalsa legale, perdono e, soprattutto, liberazione dalle forme sino alla remissione del sintomo dello sdoppiamento, ineliminabile finché dura il male di vivere.

La rinuncia, nel suo caso, ha una valenza salvifica poiché, per la voce narrante, paradossalmente rappresenta una liberazione. Abbandonata l'identificazione con la “Forma mortifera”, il Padre e la logica del possesso e del dominio, Vitangelo non più maschera nel teatrino di Richieri, non si specchia più, vive, apparentemente frantumato nelle cose in cui si proietta, come parte di una Vita che non conclude, di un Tutto infinito. S'identifica con la logica della Vita come fonte di creatività e scrittura.

 
Opera amara ed ironica, l’autore riserva un finale molto profondo: libero dalle costrizioni, capace di rinascere ogni attimo. Tutto continua a scorrere in un continuo divenire: la vita “non può mai veramente vedere se stessa”, ma soltanto un’immagine del suo cadavere, della sua “statua” non viva.
Non siamo un “Uno”, unico per tutti, ma una poliedricità di ruoli che si specchiano nella relazione con gli altri, racconta Pirandello attraverso Moscarda, con la sua scrittura, a tratti difficile per il lettore non allenato a scandagliare la psiche.
Vitangelo difende una verità della Vita al di là della trappola della Forma, realizzando il destino inscritto nel suo nome: angelo, annunciatore della Vita. “ Io sono vivo e non concludo. La vita non conclude" La realtà, è in continuo cambiamento, incessante trasformazione. Così ogni forma di comunicazione.

Antonella Lucato
Autrice di saggi, racconti e aforismi. I suoi articoli sono pubblicati su riviste internazionali di cultura, comunicazione e letteratura.  Dal 1999 tiene una rubrica su DM&C.

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