Il tesoro della Sierra Madre è un capolavoro assoluto della narrativa d’avventura, impreziosito da riflessioni senza tempo come: "Per quanto povero sia un uomo, è sempre possibile trovarne un altro che si consideri più povero di lui."
Tre uomini, uniti dal miraggio dell’oro, intraprendono un viaggio che si rivela ben presto una discesa nelle oscure profondità dell’animo umano. Il vecchio e saggio Howard li avverte fin da subito:“Finché le ricerche sono infruttuose, regna la più nobile fratellanza. Nemici si diventa non appena il gruzzolo comincia a crescere! Allora si conoscono gli uomini e quelli che valgono!”
Il romanzo si sviluppa come un racconto corale, dove le voci del meschino Dobbs, del generoso Curtin e del disincantato Howard si intrecciano in una storia tesa, aspra e magnetica. B. Traven, autore misterioso e fuori dagli schemi, si dimostra un narratore sapiente, capace di scavare tanto nel ventre della Sierra Madre quanto nelle vene più oscure della psiche umana.
Howard, con la voce di chi ha visto troppo, narra ai compagni la storia della leggendaria miniera di Acqua Verde: un racconto di ambizione, colonizzazione e vendetta che si tramanda come un sinistro eco tra Arizona e Sonora. Frati torturatori, massacri, scomparse misteriose e cercatori finiti in tragedia: la miniera sembra più una maledizione che una promessa. Eppure l’avidità spinge sempre nuovi uomini a cercarla. È forse questo il vero fulcro del romanzo: non l’oro, ma la sete insaziabile che esso rappresenta.
I personaggi:
Dobbs è il gringo disilluso, un uomo alla deriva tra le polverose strade messicane. Simbolo dell’avidità che tutto corrompe, è l’incarnazione perfetta del proverbio "l’occasione fa l’uomo ladro… e pure assassino, se serve".
Curtin, più idealista, rappresenta una coscienza ancora vigile, ma vacillante.
Howard è il cercatore esperto, l’unico consapevole dei rischi morali del viaggio. Un misto di cinismo e compassione, voce narrante e coscienza esterna del lettore.
Laky (Roberto W. Laucad), geologo ambizioso, è una figura secondaria ma emblematica: anche lui spera nella ricchezza, senza rendersi conto di ciò che dovrà sacrificare per ottenerla.
Il romanzo di Traven è stato portato sul grande schermo nel 1948 da John Huston, con uno straordinario Humphrey Bogart nel ruolo di Dobbs. Il film, premiato con 3 Oscar, è uno dei rari casi in cui l’adattamento riesce a restituire la complessità dell’opera letteraria, amplificando la tensione morale e psicologica attraverso un uso magistrale della luce, dei primi piani e del paesaggio come specchio dell’anima. Memorabile anche la frase:
"Distintivi? Non abbiamo bisogno di nessun dannato distintivo!"
diventata un cult e parodiata in mille altri film.
La Sierra Madre, tanto nella pagina quanto nello schermo, non è solo uno scenario esotico, ma una fucina primordiale dove l’oro non viene semplicemente estratto: scava, invece, nei cuori degli uomini, svelando ciò che di peggio e meglio alberga in loro.
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