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Salvatore Niffoi

La leggenda di Redenta Tiria

Salvatore Niffoi La leggenda di Redenta Tiria
Salvatore Niffoi La leggenda di Redenta Tiria

Prima pubblicazione Adelphi dell'autore sardo che poi divenne noto per ''La vedova scalza'' (Premio Campiello 2006), ''La leggenda di Redenta Tiria'' ha in sé tutta la freschezza lessicale e molta della necessitante catena di epifanie onirico-realistiche grazie alle quali un autore autenticamente originale riesce a trasformare una riuscita serie di racconti in un romanzo dal corpo solido e dalla effettiva compiutezza diremmo ''favolistica''. ''Favolistica'' nel senso di rispetto della ''fabula'', ovviamente, perché questa opera rappresenta uno dei pochi casi di perfetta mitopoiesi che ci sia dato di leggere nell'Italia contemporanea. Dunque in quanto creazione di tipo mitologico in senso classico, tutti gli elementi del ''genere'' sono in essa presenti, eccetto la forma poetica (con tanto di invocazioni e genealogie divine) o quella drammaturgico-teatrale che ci hanno tramandato i Tragici greci o i poeti-mitografi dell'Evo Antico quali Esiodo o lo stesso Omero. Un'operazione di scrittura letteraria molto difficile da farsi nel Duemila d.C, per via di due pericoli opposti ma conducenti entrambi al fallimento: il primo rischio è quello di cadere nel kitch col tentare scopertamente un'imitazione dei modelli greco-romani ed il secondo consiste nel tagliar fuori dallo sguardo la realtà della nostra èra pur volendo ambientare il racconto nel tempo attuale. Per questo principale motivo, devo dire che Niffoi è riuscito a pieno nel dare un'impostazione mitica alle sue storie, elegantemente vestendo (con immaginazione certo alquanto sudamericana: Marquez, Vargas Llosa, Guimaräes Rosa) i toponimi sardi reali con dei nomi inventati – a partire dal paese pseudosardo di Abacrasta ove si svolge il tutto; l'oculato uso di lemmi sardi ha fatto il resto, da un punto di vista estetico, e gli eventi trattati, l'atmosfera generale del racconto, hanno cosí potuto liberare la propria originaria, innata natura mitica senza risultare qualcosa di stereotipato o finto tout court. Si menzionano i telefonini e le automobili, ma questi è come se non esistessero, sono semplici aggeggetti dipinti che spariscono, inghiottiti dal mythos arcaico ed arcano, dalla forza degli attori e dalla centralità della, appunto, ''leggendarietà''. Eccezionale ancorché difficile da trascrivere, questo, pertanto merito basilare dell'autore. A sancire la felicità di questo romanzo, poi, è a nostro avviso la austera e semplice, efficace impostazione cronologica del testo, che viene bipartito in un ''pre'' arrivo di Redenta Tiria ad Abacrasta (prima parte del libro, dove le storie di tanti personaggi seguono un atroce destino che sembrerebbe ineluttabile) ed un ''post'' arrivo della misteriosa donna (seconda ed ultima parte, dove altre minibiografie di ulteriori personaggi ''abacrastesi'' risentono dell'intervento magico, ovvero appunto la venuta della forestiera... dea, fata, angelo, difficile dirlo). Finale riuscito, a chiudere il tutto. Concludendo: Realismo magico puro, personalità di scrittura indiscutibile, forza icastica cocente... un'opera da far invidia a Bontempelli e presumiamo il miglior lavoro di Niffoi.


Sergio Sozi

Di Sergio Sozi

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