Recensioni libri

Recensioni Ursula Hegi

Ursula Hegi

Come pietre nel fiume

le prime pagine
------------------------

1.
1915-1918

Da bambina Trudi Montag pensava che tutti sapessero che cosa passava per la testa agli altri. Questo accadeva prima che capisse la forza di essere diversa. L'agonia di essere diversa. E il peccato di sbraitare contro un Dio inutile. Ma prima di questo momento - per anni e anni - aveva pregato di crescere.
Ogni notte si addormentava pregando affinché, durante il sonno, il suo corpo si allungasse, crescesse fino a diventare delle dimensioni di quello di altre ragazzine della sua età che vivevano a Burgdorf - non le più alte come Eva Rosen, che per breve tempo sarebbe diventata la sua migliore amica di scuola, ma che almeno si trasformasse in un corpo con braccia e gambe di lunghezza normale e con una testa piccola e dalla forma aggraziata. Per dare una mano a Dio, Trudi si appendeva agli stipiti delle porte, tenendosi fino a quando le dita non diventavano insensibili, convinta di sentire le ossa allungarsi; molte notti si legava i foulard di seta di sua madre attorno alla testa - uno intorno alla fronte, l'altro sotto il mento - per evitare che si espandesse.
E come pregava. Ogni mattina, quando le sue braccia erano ancora tozze e le gambe non arrivavano a terra e, una volta fuori dal letto, rimanevano penzoloni nell'aria, si accusava di non aver pregato abbastanza o si diceva che non era ancora giunto il momento, e così continuava a pregare, desiderando e credendo che qualunque cosa per cui pregava con tanta intensità, di certo le sarebbe stata accordata, se solo fosse stata paziente.
Pazienza e obbedienza erano quasi inseparabili, e l'addestramento cominciava sin dai primi passi: imparavi a obbedire ai tuoi genitori e agli altri adulti, poi alla tua chiesa, ai tuoi insegnanti, al tuo governo. Gli atti di disobbedienza erano puniti subito e con efficacia: una botta sulle nocche col righello, tre rosari, l'isolamento.
Da adulta Trudi avrebbe disprezzato quegli sciocchi che, con tanta pazienza, se ne stavano inginocchiati in chiesa ad aspettare. Ma quando era bambina andava a messa tutte le domeniche e cantava nel coro; ogni tanto durante la settimana, tornando da scuola, scivolava in chiesa e si lasciava confortare dal sacro aroma dell'incenso mentre sussurrava le sue preghiere ai dipinti dei santi che affollavano le pareti della chiesa di San Martino: san Pietro, accanto al confessionale, con le sopracciglia perennemente inarcate in un'espressione di spaventato stupore, come se avesse origliato ogni peccato che la gente di Burgdorf aveva sussurrato a generazioni di preti stanchi e annoiati; sant'Agnese, con gli occhi addolorati alzati al cielo e le dita incollate al petto come se stesse rivivendo infiniti altri attacchi alla sua purezza; santo Stefano, con una pila di pietre color cioccolato che gli nascondevano i piedi - tranne un alluce pallido - e le braccia sanguinanti tese come per invitare i nemici a lanciargli pietre ancora più grandi e assicurargli così la salvezza eterna.
Trudi pregava tutti loro, e il suo corpo cresceva, ma, come se le sue preghiere fossero state fraintese e trasformate in un orribile scherzo, non si allungava verso l'alto come lei pensava avrebbe fatto, sebbene non l'avesse mai precisato in ogni singola preghiera, ma si espandeva nel senso di una solida larghezza che alla fine avrebbe reso i suoi avambracci massicci come quelli di Herr Immers, il macellaio, e la sua mascella forte come quella di Frau Weiler, la proprietaria della drogheria a fianco.
A quel punto Trudi era già arrivata a capire che pregare per qualcosa non faceva sì che quella cosa accadesse. Era così e basta: non c'era un Dio magico, lei era bassa e lo sarebbe sempre stata, un giorno sarebbe morta, e qualunque cosa le fosse successa, da lì al giorno della sua morte, sarebbe toccato a lei decidere. Capì tutto ciò con una chiarezza così agghiacciante che quella domenica d'aprile del 1929 nel fienile dei Braunmeier si sentì paralizzata sino in fondo al cuore, quando i ragazzi di strinsero in cerchio intorno a lei - quei ragazzi che le aprirono le gambe, che le aprirono l'anima finché ebbe la sensazione che quel moccio secco sulla sua faccia vi sarebbe rimasto per sempre, tirandole la pelle come albume d'uovo - e vide se stessa da vecchia e, nello stesso momento, si vide bambina, come se il passato e il futuro stessero ai due capi opposti di un elastico teso che qualcuno aveva lasciato andare solo per un istante, facendo sì che tutta la sua vita, ogni minuto che aveva o che avrebbe vissuto, si raggomitolasse su se stessa e toccasse il momento in cui lei era nel fienile, e lei seppe che sarebbe stata capace di vedere ancora in quel modo. Vide se stessa che tirava fuori la madre dal suo nido nella terra dietro casa; che smantellava una parte del muro di pietra della cantina e scavava un tunnel segreto fino alla casa dei Blau; che accarezzava la schiena del suo amato con entrambe le mani e toccava l'ovale di peli alla base della sua schiena mentre il cielo notturno turbinava intorno a loro; che si ritraeva dal calore delle fiamme che erompevano dalle finestre rotte della sinagoga e inondavano la scuola e il Theresienheim con scintille dello stesso colore della stella, la stella di David, che la sua amica, Eva Rosen, avrebbe dovuto portare sul cappotto.


© 1999, Giangiacomo Feltrinelli Editore

Versione Web di www.zam.it