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Recensione Jonathan Latimer La dama della Morgue - un brano
Le prime righe
Capitolo primo
L'impiegato della morgue alzò di scatto il ricevitore e cercò di soffocare la suoneria che faceva un chiasso fastidioso.
— Pronto? — disse. Poi, impaziente: — Pronto! Pronto! Pronto! — Una luce elettrica estenuata, che sfuggiva, come panna, da una lampada da scrivania con il paralume verde, faceva scintillare il sudore sulla sua faccia gialla come un limone. Le sue labbra si contorcevano davanti al microfono. — Vuole Daisy? Daisy! Daisy chi?
Due inviati dei giornali, con i gomiti appoggiati pesantemente alla balaustra di quercia dorata che divideva l'ufficio della morgue dalla sala d'aspetto, guardavano fisso il camice bianco dell'impiegato. Erano entrambi in camicia, con il colletto aperto e le braccia nude. Le cravatte, con il nodo allentato, pendevano flosce dal collo; i volti erano madidi per la calura. Sul muro, accanto a loro, una pendola con il vetro rotto indicava che mancavano diciassette minuti alle tre.
— Ah, la signorina Daisy Stiff, — disse l'impiegato della morgue. — Davvero? Le ha detto di telefonarle qui? — Fece l'occhiqlino agli altri due. — Bene, non può venire al telefono. E giù con le altre ragazze.
Rigonfiando le grandi tende sudice, l'aria calda della notte entrava a ondate dalle finestre a occidente, graffiando il viso dei giornalisti. Faceva male ai polmoni, quell'aria.
© 2003 Giulio Einaudi Editore
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