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Recensione Non c'e' dubbio che in questo breve saggio l'autore-docente alla Universita' di Torino e editorialista di “Repubblica”-intenda illustrare con dovizia di argomentazioni le cause che hanno progressivamente svuotato di significato la democrazia, prendendo come punti di riferimento la tradizione libersocialista bobbiana, la riflessione di Mosca sul ruolo delle elites ma soprattutto quella americana di Calhoun, Clay e Taylor. Tuttavia-al di la' delle critiche prevedibili e scontate visto l'orientamento ideologico dell'autore- rivolte a Berlusconi e alla amministrazione Bush-, risulta francamente sorprendente l'assenza di qualsivoglia riferimento alla tradizione anarchica sia a quella americana che a quella europea. Inoltre, l'insieme delle osservazioni critiche rivolte alle oligarchie finanziarie e industriali sovranazionali , risultano essere francamente una mera ripetizione della tradizione socialista ottocentesca e di quella no global.Ad ogni modo,per quanto concerne il contenuto del saggio,l'autore opportunamente sottolinea che se la democrazia non persegue piu' i suoi fini e' lecito non parlare piu' di democrazia,(a tale proposito Salvadori conia l'espressione di governo a legittimazione popolare passiva)soprattutto tenendo conto che questa e' stata erosa dalla globalizzazione che ha concentrato enormi poteri nelle mani di ristrette oligarchie(portando al conseguente impoverimento di una parte consistente dei ceti medi e alla progressiva erosione della sovranita' statuale) e dalla manipolazione mediatica pianificata che ha condotto il cittadino ad assistere passivamente alle scelte politiche riducendolo a quello di un consumatore della politica incapace di incidire attivamente e realmente. Di prupitto
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