Recensione Bernard Bolzano I paradossi dell'infinito - Le prime pagine
Immaginiamo una serie il cui primo termine è un individuo della specie A, mentre ogni termine successivo viene derivato dal suo antecedente prendendo un oggetto simile a esso e facendo in modo che quest'ultimo formi una somma insieme con un nuovo individuo della specie A; risulta perciò manifesto che tutti i termini che si presentano in questa serie, con l'eccezione del primo che era un semplice individuo della specie A, sono moltitudini della specie A. Queste moltitudini le chiamo finite o numerabili, o senz'altro (e con l'inclusione anche del primo termine) numeri, e più precisamente numeri interi.
9.
A seconda della diversa natura del concetto qui denotato con A, gli oggetti che cadono sotto di esso, cioè gli individui della specie A, possono formare un insieme ora più numeroso, ora meno numeroso, e perciò anche i termini della serie di cui si parlava possono formare un insieme ora più numeroso, ora meno numeroso. In particolare, essi possono essere in numero così grande che non si possa assolutamente ammettere che la serie, in quanto deve esaurire (accogliere in sé) tutti questi individui, abbia un ultimo termine; un argomento, questo, che tratteremo più particolareggiatamente nel seguito. Ciò posto per l'intanto, chiamerò moltitudine infinita una moltitudine che è più grande di tutte quelle finite, cioè una moltitudine costituita in modo tale che ogni insieme finito rappresenti soltanto una parte di essa.
10.
Spero mi sarà concesso che la definizione qui enunciata di entrambi i concetti di moltitudine finita e infinita ne determina la distinzione esattamente allo stesso modo in cui la intendevano coloro che adoperavano queste espressioni rigorosamente. Mi sarà anche concesso che in queste definizioni non si nasconde nessun circolo vizioso. Rimane perciò soltanto da vedere se, attraverso una semplice definizione di ciò che è chiamato una moltitudine infinita, saremo in grado di determinare che cosa è l' infinito in sé. Questo sarebbe il caso se dovesse apparire che non c'è veramente nessun'altra cosa, eccettuate soltanto le moltitudini, alla quale sia applicato il concetto di infinito nel suo significato preciso, cioè se dovesse apparire che l'infinitezza vera e propria è una proprietà che appartiene soltanto alle moltitudini, o, in altre parole, se tutto ciò che dichiariamo infinito, lo diciamo tale soltanto perché, e soltanto fino al punto in cui, vi scorgiamo una proprietà che si può riguardare come moltitudine infinita. E questo, a mio parere, è quello che accade in realtà. Il matematico non adopera manifestamente questo termine in un altro senso; poiché è quasi soltanto della determinazione delle quantità che egli soprattutto si occupa, egli sceglie un oggetto della stessa specie come unità e si serve poi del concetto di numero. Se trova una quantità più grande di ogni multiplo dell'unità accettata, allora la chiama infinitamente grande; se ne trova una così piccola che ogni suo multiplo è più piccolo dell'unità, allora la chiama infinitamente piccola; e oltre a questi due tipi di infiniti e alle quantità infinitamente grandi e infinitamente piccole di ordine superiore derivate ulteriormente da essi, e che si basano tutte sullo stesso concetto, non ne riconosce altri.
© Bollati Boringhieri 2003
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