Come noto, la nozione di romanico "lombardo" supera largamente i confini amministrativi dell'attuale Lombardia, a marcare uno dei centri propulsori a raggio europeo del rinnovamento architettonico e artistico dopo l'Anno Mille. Al punto che quasi un secolo fa un grande storico dell'arte americano, Arthur Kingsley Porter, tentando con una monumentale catalogazione sinora insuperata di censirne i monumenti conosciuti, inglobava nel concetto l'intera Italia centro-settentrionale. Per non parlare della diffusione di formule architettoniche e soluzioni decorative, come quella degli archetti pensili, che ne proiettano anche a grande distanza i presunti effetti. Essa ne individua comunque il baricentro, che nella triangolazione tra Milano, Como e Pavia segna i raggiungimenti pi alti del fenomeno, oltre a registrare la fitta trama di esperienze diffuse nel territorio, con densit e coerenza non comuni. Quale sia la ragione di tale situazione privilegiata difficile dire. Si fatto appello, non impropriamente, alla lunga tradizione di maestranze specializzate nella lavorazione della pietra (estratta dalle vicine cave prealpine) che si voluta far risalire ai "magistri comacini" di et longobarda (ma si discute ancora sulla corretta etimologia del nome), o meglio ai maestri intelvesi e poi campionesi, che percorsero le strade dell'Italia centro-settentrionale tra il XII e il XIV secolo. |