Fra i protagonisti della Rivoluzione francese e del Terrore nessuno cos tragicamente e ambiguamente affascinante come Saint-Just. Definito nell?Ottocento Arcangelo della morte da Michelet, Spada vivente da Taine, riletto nel Novecento di volta in volta come precursore dei socialisti utopisti, dei fascisti, dei leninisti, per i suoi contemporanei Saint-Just fu l?accusatore feroce di Luigi xvi, dei Girondini e di Danton; il rappresentante implacabile della Convenzione presso le armate del Reno e del Nord; il membro inflessibile del Comitato di Salute pubblica; la vittima impassibile del 9 Termidoro. Entrato in politica a vent?anni, ghigliottinato che ne aveva ventisette, libertino nel 1789 e teorico della virt nel 1793, uomo di cuore e uomo di sistema, fu il pi contraddittorio dei rivoluzionari, una sorta di Giano odiato, ma mai disprezzato, ammirato, ma mai amato. Nessuno ha anche goduto come lui di un culto letterario e artistico che ha finito per farlo salutare come un fratello di Rimbaud e di Shelley, un erede virtuoso di de Sade. stato un modello per pittori romantici quanto l?oggetto di meditazione per saggisti e narratori, da Camus a Malraux, da Drieu a Marguerite Yourcenar, di fascino per cineasti: nel Napolon, di Abel Gance, sar lo stesso regista a interpretarlo. Uomo politico e uomo d?azione, uomo di Stato e uomo di pensiero, Saint-Just oggi l?unico contemporaneo fra i suoi compagni dell?89. Lo perch in lui si mischia il culto della giovinezza, l?estetica e l?etica, l?idea della felicit possibile su questa terra e della necessit di arrivarci anche a costo dell?orrore, il riproporsi periodico della tentazione di rifare l?uomo anche suo malgrado, l?inchinarsi alla volont generale e alla sanit del popolo anche se questa coincide con l?asservimento dell?individuo e la fine delle libert. Raccontare Saint-Just dunque fare luce su ci che ci circonda. |