Come mai in un'epoca caratterizzata dalla proliferazione dei mezzi di comunicazione, la reciproca comprensione pi difficile? Come mai ci ostiniamo a credere che il presente si riduca alla novit e che la novit si identifichi con la verit? Come mai le parole di Lucrezio sull'universo, di Cicerone sulla politica, di Seneca sull'uomo colpiscono la mente e curano l'anima pi e meglio dei trattati specialistici? Ivano Dionigi, latinista, gi rettore dell'Universit di Bologna, con "Il presente non basta" affronta tali domande volgendo lo sguardo alla lingua che l'Europa ha parlato ininterrottamente per secoli, attraverso la politica, la religione, la scienza. Il latino evoca un lascito non solo storico, cultuale e linguistico ma anche simbolico: si scrive "latino", ma si legge "italiano, storia, filosofia, sapere scientifico e umanistico, tradizione e ricchezza culturale". Non un reperto archeologico, uno status symbol o un mestiere per sopravvissuti; il tramite che - oltre Roma - ci collega a Gerusalemme e ad Atene, l'eredit che ci possiamo spartire, la memoria che ci allunga la vita. un'antenna che ci aiuta a captare tre dimensioni ed esperienze fondamentali: il primato della parola, la centralit del tempo, la nobilt della politica. Come mater certa, anzi certissima dell'italiano, il latino - lingua morta eppure resistente nell'uso comune, dal lessico economico a quello politico, medico e mediatico - ci restituisce il volto autentico delle parole. |