Nel "De Pestilentia" di Federico Borromeo vi il ritratto di una citt che sta soffrendo e dell?anima di un uomo. La citt Milano, tormentata dalla peste del 1630, percorsa dai carri colmi di cadaveri, monatti e untori. L?uomo lui, il cardinale, cugino di san Carlo: uomo deciso e imprevedibile, che affida alle pagine di un trattatello la descrizione terrificante di un incontro con il vasto spettacolo allestito dalla morte. Ma il De Pestilentia anche altro. Scritto di getto durante i giorni del contagio, queste pagine sono una sorta di commiato tra Federico e la sua Milano. Un addio straziante, attuato con una descrizione minuziosa degli avvenimenti e della follia che ben presto si impadron degli animi. In questa breve opera vi anche un raro compendio: in poche pagine si avverte quel che poteva essere una pestilenza. Milano lo spunto, ma la descrizione riguarda i terribili effetti del morbo in ogni tempo. Da Tucidide a Boccaccio, da Omero a Federico, il teatro di morte invita lo scrittore alle supreme riflessioni. |