"C' una differenza enorme tra le civilt che mancano di coscienza tragica e quelle la cui vita pratica dominata da un'autoconsapevolezza ispirata a una palese coscienza tragica. Per il nostro senso storico come una frattura tra due epoche, quando consideriamo l'uomo nella sua coscienza tragica. Questa non necessariamente il prodotto di un'alta civilt, e pu anzi essere primitiva: eppure solo quando un uomo conquista una tale coscienza ci sembra che apra gli occhi sul mondo. Ora, infatti, avendo coscienza di essere al limite del mistero, nasce in lui quell'inquietudine che lo spinger innanzi. Con la coscienza tragica ha inizio il movimento della storia, che non si manifesta solo in avvenimenti esteriori, ma si svolge nelle profondit stesse dell'animo umano". Cos scrive Jaspers nelle pagine iniziali di questo suo straordinario e sintetico studio, pubblicato in Germania nel 1952. La tragedia, secondo il grande filosofo esistenzialista, un tentativo "di spiegarsi l'apparente assurdit della sventura": muovendo da questa premessa, attraverso una scrittura aforistica, egli analizza, tra l'altro, come si succedono, nelle visioni del mondo, la fase del mito, della coscienza tragica, dell'apatia filosofica, della rivelazione religiosa; come il tragico si manifesta nei grandi scrittori classici, dai greci a Shakespeare, da Caldern a Racine; quali sono la colpa e la grandezza dell'uomo nella sconfitta. |