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Il museo dell'innocenza (Supercoralli)


Orhan Pamuk Libri


Entrato in un negozio per comprare una borsa alla fidanzata, Kemal Basmaci, trentenne rampollo di una famiglia altolocata di Istanbul, si imbatte in una commessa di straordinaria bellezza: la diciottenne Füsun, sua lontana cugina. Fra i due ha ben presto inizio un rapporto anche eroticamente molto intenso. Kemal tuttavia non si decide a lasciare Sibel, la fidanzata: per quanto di mentalità aperta e moderna, in lui sono comunque radicati i valori tradizionali (e anche un certo opportunismo). Così si fidanza e perde tutto: sconvolta dal suo comportamento, Füsun scompare, mentre Kemal, preda di una passione che non gli dà tregua, trascura gli affari e alla fine scioglie il fidanzamento. Quando, dopo atroci patimenti, i due amanti si ritrovano, nella vita di Füsun tutto è cambiato. Kemal però non si dà per vinto. In assoluta castità, continua a frequentarla per otto lunghi anni, durante i quali via via raccoglie un'infinità di oggetti che la riguardano: cagnolini di porcellana, apriscatole, righelli, orecchini... Poterli guardare, assaggiare, toccare è spesso la sua unica fonte di conforto. E quando la sua esistenza subisce una nuova dolorosa svolta, quegli stessi oggetti confluiranno nel Museo dell'innocenza, destinato a rendere testimonianza del suo amore per Füsun nei secoli futuri. La storia di un'incontenibile passione, ma allo stesso tempo uno sguardo ora severo, ora ironico, ma certamente non privo di profondo affetto sulla Istanbul di quegli anni e sulla sua contraddittoria borghesia.
 
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Una dolce ossessione sulle rive del Bosforo


(Orhan Pamuk, Il museo dellinnocenza, Einaudi, Torino, 2009)


 


 


di Federico M. Giuliani


 


 


 


Se un solo sostantivo dovesse essere reperito per definire il tratto dominante (il continuo, in termini musicali) di questo romanzo del Nobel 2006 per la letteratura - lo scrittore turco Orhan Pamuk -, a nostro sommesso avviso esso non potrebbe essere altro da una parola, la quale sintetizza come nessunaltra la coazione a ripetere, la mente e il corpo he sempre sullo stesso punto tornano senza generare noia n patimento: si tratta del sostantivo con cui Luchino Visconti intitol, nellormai lontano 1943, il suo primo film: cio a dire Ossessione (essendo a sua volta tale esordio viscontiano - come noto - liberamente tratto dal racconto di James M. Cain, The postman always rings twice, cui tennero dietro negli Stati Uniti, tra il 46 e l81, altre due versioni cinematografiche, fra le quali assai popolare rimane oggi la pi recente, con protagonisti Jack Nicholson e la Lange).


 


Pur evitando ogni anticipazione o digressione sul binomio amore e morte, che lega reciprocamente, nella pellicola viscontiana, i personaggi di Giovanna e Gino, va subito precisato che, in ogni ossessione propriamente intesa, insito un componente di piacere, quandanche chi coartato si avvede di un tale reiterato condizionamento e, sul piano della ragione, almeno apparentemente vorrebbe porvi fine. Lo sanno bene psichiatri e psicoanalisti: se, infatti, da una parte nel disturbo ossessivo (reiterazione mentale) e compulsivo (reiterazione fisica) sono sussunte varie condotte sensibili al trattamento con farmaci serotoninergici (i quali agiscono sui neuroni cerebrali aventi la serotonina quale mediatore chimico in disfunzione), dallaltra parte, guardandosi in psicoanalisi allorigine dinamica di questi comportamenti sul piano del principio del piacere, si perviene alla tesi di meccanismi equilibratori di difesa legati al permanere eccessivo di una ritenzione nel rapporto con lesterno (regressione alla sessualit anale, ecc.).


 


Non un caso che, nel romanzo in parola - tutto incentrato nella nativa Instambul fra la met degli anni Settanta del ventesimo secolo e oggi -, la ricerca di uno stesso amore insiste, fino allinverosimile, sul narratore Kemal verso la giovane e sensuale Fuesun, alla ricerca straziante del ritorno al possesso di un corpo e di unanima quelli di lei, appunto -, che egli perde rapidamente per il motivo che segue: divenuto il di lei amante mentre fidanzato con unaltra ragazza di nome Sibel, sebbene gli incontri erotici con Fuesun - in una sorta di vuota dependance di propriet della madre di Kemal - abbiano assunto i tratti di un craving (tutti i giorni, nello stesso appartamento, alla stessa ora), Kemal si lascia scivolare verso il matrimonio con Sibel senza lenergia per mandarlo allaria: la forza, cio, per confessare coram populo il proprio love affair con Fuesun.


 


Dietro a una tale condotta del rampollo dindustria, vi anzitutto la pigrizia esistenziale di natura amletica in un giovane colto e ricco, privo di obblighi lavorativi: una questione dinazione preferita allenergia interventista, sulla scorta del concetto filosofico-aristrocatico secondo cui di per s inane, sempre e comunque, qualsivoglia intervento siccome tale (c.d. oblomovismo).


 


Ma le pulsioni sottese alla predetta condotta sono anche altre: in unatmosfera - icasticamente descritta dellantica Bisanzio nientaffatto integrata con lOvest (meno che meno con gli Stati Uniti), pesa una differenza sociale quale quella esistente tra il capitalista Kemal e la commessa Fuesun; cos come pesa il fatto che, a differenza di Sibel la quale segue la moralit dominante in Turchia negli anni Settanta/Ottanta in tema di sesso, Fuesun pi anticonformista e disinibita, tanto da concedersi tutta e subito a Kemal, in uno dei loro primi incontri.


 


Pi volte lAutore, in una con la madre di Kemal, ci ricorda la diceria diffusa in quella Istanbul dantan, secondo cui le donne, se si davano allamplesso prima del matrimonio, diventavano come ferrivecchi e finivano collandare alla deriva, poich i maschi, dopo averne tratto godimento, andavano dicendolo in giro e (in pi) non le sposavano, facendo s che la voce della non-pi-illibatezza delle loro vittime circolasse in citt - con il che le malcapitate finivano in una risacca sociale senza pi rimedio, quasi degradando a prostitute di pubblico dominio, accettate ormai solo da sparuti reietti.


 


Ecco allora che, in questangolo, lessere attratto elettricamente dagli accoppiamenti con Fuesun, o il trescare con lei, e lo sposare nondimeno Sibel senza nulla dire a nessuno, per Kemal costituisce - fra laltro - lesito di una chiara (auto-)imposizione: una regula juris esterna che simpone a una pulsione naturale interna.


 


Qui sta lacuirsi del <<doc>> come si dice in gergo ippocratico di Kemal: il suo disturbo ossessivo-compulsivo della personalit: avendogli famiglia e societ imposto (seppure tacitamente) di mettere nellangolo Fuesun e illudendosi egli di relegare costei nel ruolo di amante anche dopo le nozze con Sibel -, Kemal si ammala, o si aggrava che dir si voglia: in altre parole, la sua psiche (oltremodo) sincrina; anche perch, viceversa, lesegesi del quadro narrativo di questo romanzo finirebbe per declassare a feuilleton quello che appare invece un lavoro geniale, pubblicato per la prima volta in Turchia nel 2008 (dunque gi dopo il conseguimento del Nobel da parte dellAutore).


 


Kemal esita sulla soglia della scelta, tentando di non scegliere, cos nella vita nel mileu familiare/mondano/sociale: il suo conato quello di perseverare ad libitum nel non sapere che cosa fare, di s, quanto alla propria vita sessuale e sentimentale.


 


Cos egli prova a postergare la decisione: sillude che ci sia possibile e che le cose possano, in qualche modo, slittare in avanti rimanendo come prima, con la sola invero lieve variante, per cui la donna tradita non sarebbe pi fidanzata bens moglie, e restando tutti gli altri moglie appunto, e famigliari e amici alloscuro di quelle congiunzioni carnali (tra Kemal e Fuesun) fini a se stesse, a quegli incontri che si esauriscono in un appartamento:  il che, per certi versi, rammenta Lultimo tango di Bertolucci ovvero Il danno di Josephine Hart/Malle (piuttosto che il Marquez de Lamore ai tempi del colera).


 


Gli che per insegna per primo Kierkegaard - chi non sceglie poi scelto; e Pamuk risulta essere davvero magistrale nel vergare le pagine in cui si consuma, per il protagonista, la veridicit di un tale assunto esistenzialista.


 


Prima ancora del matrimonio di Kemal con Sibel, alla loro festa di fidanzamento ufficiale - celebrata allhotel Hilton di Instambul invitata anche Fuesun, in quanto lontana parente della madre di Kemal. E, sebbene Sibel non si avveda della tresca gi in atto alle sue spalle (anche perch ella non ha ancora consumato il suo stare con Kemal) - e mentre gli invitati fissano estasiati la flessuosa Fuesun mentre fa un giro di ballo con il promesso sposo - il lettore gi ode, come in sottofondo, il sibilo sinistro - il clangore animale - del possibile inizio di una tragedia. Tale dramma incombente altro non pu essere se non essenzialmente - lesito di un assurdo tentativo del protagonista di lasciare che gli eventi scelgano in luogo suo.


 


S che quando, dopo la festa, Kemal torna alla solita dependance, allora di rito, per il solito incontro erotico con la solita Fuesun, questa non compare; e lo stesso accade il giorno dopo e il giorno dopo ancora, e cos avanti nel tempo.


 


Inutile dire che Kemal, recatosi nella boutique dove lavorava Fuesun, pi non la trova, mentre la titolare dellesercizio commerciale gli ribadisce di non avere pi idea di dove ella abiti adesso: di dove sia finita dopo il repentino abbandono dellimpiego di commessa. Fusuen, insomma, dopo la festa di fidanzamento del suo amante Kemal, evaporata in un nascondimento totale.


 


Ogni ricerca in citt, ogni richiesta dinformazioni, cosa vana: Instambul si chiude a riccio su questa improvvisa sparizione di Fuesun coi suoi genitori, mentre Kemal continua il suo percorso con Sibel fino a quando, essendo la di lui mente, e per conseguenza il di lui corpo, semplicemente incartapecoriti dalla crescente ossessione per la ragazza introvabile, la coppia rimasta quella, cio, di Kemal con Sibel - muore come assiderata in riva al torrido Bosforo: si accartoccia, cio, su se stessa, come la pelle conciata di un orso bianco, colpito alla testa dal cacciatore artico della disgrazia.


 


Solo adesso Kemal confessa a Sibel la passata tresca, allorch ella, da fidanzata ufficiale, ora lo vuole dentro di s, e allorquando egli per versa, per settimane o mesi, verso di lei in uno stato di totale impotentia coeundi: ci inchioda il giovane non soltanto a dire a Sibel della infatuazione erotica per Fuesun, ma anche, nel contempo, a guardare intontito quella frana la quale, sopra di s, sta rovinandondogli addosso - dopo averla egli stesso innescata con il folle conato di postergare lestasi delleros a piacimento, eludendo il dovere di mettere ordine al proprio piacere.


 


Siamo allincipit di una rovina, cagionata da un crescente disturbo della personalit del giovane uomo: egli continua a cercare Fuesun, e ritorna, e rammenta, e si consuma, e riprova; poi, stordito da questo continuo vagare con il corpo e il cervello, quando finalmente uno spiraglio si dischiude e la pu reincontrare, egli condannato da se stesso pi che dalle circostanze sopravvenute - a mettere in piedi una nuova reiterazione di strazio silente: una nuova coazione a ripetere, la quale pu soddisfare soltanto un sistema nervoso gi roso fino alle fondamenta come quello di Kemal, poich in radice, oramai, in lui s consumato anche il pi lontano desiderio di congiunzione corporea quale che sia; e pi di ogni altra pare consunta, adesso, ogni possibile pulsione verso il congiungimento proprio con Fuesun sebbene permanga a oltranza, nella coazione a ripetere, la voglia inesplicabile di vederla tutti i giorni a casa dei genitori di lei, con i quali ella vive.


 


 


Pamuk, a questo punto, ha gi condotto - con mano capace - il lettore negli anfratti di un inferno di vita lineare quantaltre mai, eppure velenosamente intrisa dombre lunghe di pene, di gesti insensati, rifatti ogni giorno e ogni sera nella nuova casa di Fuesun, tutta diversa dalla dependance degli incontri postprandiali.


 


Siamo, come si accennava pocanzi, al pi algido dei contrappassi: ai pomeriggi di sesso acuto tiene ora dietro un asessuato regno di condanna kafkiana dove - come talvolta accade anche nelle pagine dello scrittore praghese (esse pure estranee a ogni pathos di eros) - dal patimento estremo e dallassurdo dominanti stilla, non si sa come e nemmeno perch, una goccia di esiziale e istantaneo - onanistico e a pena colato - piacere di uomo disfatto.


 


Siamo alla surrogazione delle pulsioni, alla sublimazione gi fatta follia, alla condanna a ex-sistere, cio a uscire da s stessi mentre si pro-segue: e ci accade proprio perch ci si macchiati del crimine di desiderare quella che, per il Sartre de Lessere e il nulla, dicesi <>: il conato cio, kemaliano, di conseguire una pietrificata immobilizzazione di un s rappresentato e compiaciuto, quale il ristare nel vento e/o stagliarsi immobili nel tempo. Ci contro natura, in senso umanistico-esistenziale; e pertanto non pu conseguirne altro se non la punizione che pesa (quod factum infectum). Peraltro, la malafede di Kemal ha in s una seria aggravante: quella per cui il suo delitto marchiato dallodore di sesso (di sperma, direbbe Moravia): quella copula, appunto, che si voleva cristallizzare nella reiterata postprandiale - quotidianit della penetrazione, chiusi nella vuota dependance di propriet della madre del rampollo.


 


E allora il contrappasso che, alla ripetizione di orgasmi nelle calure dei pomeriggi euforie urlate nella stanza che d sul cortile, dove bimbi giocano a pallone nellafa orientale -, tiene dietro la sanzione affliggente di una compulsione a riti quasi bestiali - di bastonate da soma - del fare e rifare talune cose prive in s di ogni piacevolezza, lontane dalla libido di una distanza che nemmeno il peggiore dittatore sarebbe capace di concepire, per Kemal, quale sua pena non corporale, n apparentemente limitativa della libert personale.


 


E come se si fosse al cospetto delle pasoliniane Centoventi giornate, con la differenza che le sanzioni martoriali, inferte dai vecchi sodomiti repubblichini ai giovani popolani sequestrati, sono, per Kemal, come derubricate di ogni fisicit corporea. Quella stessa corporeit, insomma, che nei drammi dostoevskiani di solito al centro degli accadimenti, nelle pagine di Pamuk (sul supplizio di Kemal) come se fosse, di forza e del tutto, risucchiata come succede allaria sotto leffetto del vuoto spinto: la tortura, figurativamente sodomita, si fa tutta e solo un fatto cerebrale.


 


Per conseguenza, di questa stessa condanna non fisica lo stesso Kemal, pi che soffrire o piangere e straziarsi, gode: un divertissement che surroga e sublima, sinistramente, il piacere del sesso, con un tratto perfidamente corrosivo che per il diretto interessato non coglie affatto. E una tortura dellanelata goccia sulle labbra, che continua per Kemal dal 1975 al 1984 (!): nove anni di coazione a ripetere ossessivo-compulsiva, in surrogato al piacere pi autentico dei corpi.


 


Lungo la strada, che Kemal percorre nella sua algida tortura - tutta fatta di nervi -, vi un po di chincaglieria: tanta oggettistica-feticcio e i colori e laria immobile o agitata sullo stretto bizantino; i tramonti sul Bosforo e la scarsa attitudine al lavoro; gli spostamenti del giovane, sempre uguali, in Istambul, e la famiglia dello stesso che tace e in parte poi muore; i genitori di Fuesun che guardano la televisione/cucinano, ripetendo a Kemal cose prive di pathos; Fuesun che vuole fare lattrice cinematografica, ond che Kemal investe tempo e soldi, come produttore, per accontentare lei e suo marito aspirante regista.


 


S, perch fra le altre cose, come in ogni esiziale sanzione che si rispetti, la decennale pena di Kemal si consuma nella persistenza di un sopravvenuto matrimonio di Fuesun con un altro giovanotto, un po scimunito e povero in canna e con questi due sposi che vivono coi di lei genitori.


 


E allora (figuratamene) gira, con la sua zigrinatura sulla lunga lama, impietoso il coltello nella piaga del desiderio dellio narrante, facendone schizzare immaginari - fiotti di sangue e di volutt istericamente psichedelica: ci fino allesaurimento di Kemal; fino allesautoramento esanime di un morto che cammina: un automa che parla a vanvera come un disco scassato, sebbene in s compiaciuto come fantoccio imbecille.


 


Poi di nuovo - dopo interminabili anni sempre uguali a se stessi, nel loro essere un nulla - quasi dimprovviso si squarcia lo sfondo di scena: c un cambio di luce, un colpo teatrale: Kemal pu ancora, nella stanza di un motel di provincia, penetrare Fuesun, che si ormai separata dal marito rat. E cos - incredibile a dirsi dopo un decennio di stordimento totale senza fisicit di sorta - egli riesce, da questa intrapresa erotica, a trarre piacere autentico.


 


Il lettore trasecola, avendo alle spalle centinaia di pagine di condanna figuratamente onanistica del protagonista; e sospira. Ma subito entra, il lettore medesimo, in uno stato di ansia: dapprima quasi non avvedendosi di ci che accade dinnanzi ai suoi occhi, e dipoi focalizzando i narrati eventi cio comprendendo che il torchio della reiterazione sublimata di Kemal si s arrestato, e di nuovo  a prescindere dallistante dellacme. Il lettore comincia a sapere che cosa , nei dettagli, il <>.


 


A nulla rileva il trascorrere di un altro decennio se non finanche della vita intera, in confronto al romanzo che in essa sidentifica: in confronto al ricordarsi di un certo passato. Sono, queste cose, lunico scampo per il protagonista, gi morto seppure rimasto in vita: strumenti di soccorso per respirare ancora.


 


Unaltra e nuova ossessione, di oggetti e di gesti, si espande: sono plurimi viaggi nel mondo, autofinanziati da Kemal perch il denaro come al solito non gli fa difetto: Sono miriadi di rimembranze rubate le quali, in ogni anfratto di museo lontano, scattano da cosette rievocanti Sibel.  Come alla fiera di una Stary Arbat divenuta mondo, vengono in evidenza i frantumi di un microcosmo ritrovato: ci scaturisce in qualsivoglia angolo geografico raggiunto dallo stesso Kemal, scandagliato pour cause alla ricerca impazzita - per lennesima volta - di tutto ci che rammenta Fuesun e i miliardi di attimi con lei trascorsi a far nulla.


 


Cos si consuma ancora, quasi non bastasse, il protagonista e con lui il lettore , su questo bric--brac di Cukurcuma, in via Kasatura, non lontano dal liceo di Galatasaray e dallospedale tedesco, sulla sponda europea dellantica Bisanzio: ivi ha sede il Museo; ivi brucia un feticismo senza pace: il sogno realizzato del piacere impossibile, destinato a reiterarsi senza una fine che non sia la fine. Non vi pi nemmeno lombra degli orgasmi trascorsi, poich oramai su tutto regna, sola, la morte: questa nei vecchi oggetti, accatastati dentro alla galleria/pinacoteca (monumento elevato al rammemorare), pare specchiarsi, ghignando sorda e sordida.


 


 


In una tale opera snervante e protesa (pi di un lustro occorso allAutore per realizzarla), la scrittura di Pamuk si compenetra ben al di l di un vago autobiografismo nella vera vita, se vero come vero che lo scrittore ha davvero creato, sul Bosforo, un intrigante quanto improbabile museo di anticaglie turche: lui, che nel 2005 fu incriminato per avere criticato la strage dei Curdi; lui, che fu poi assolto nel 2006 (pochi mesi prima del Nobel), perch il fatto pi non costituiva reato a seguito della entrata in vigore, in Turchia, di nuove norme penali pi favorevoli, finalizzate allauspicato ingresso nellUnione Europea.


 


Si dice, altres, che il romanzo in rassegna appare riconducibile alla dicotomia valoriale tra l'occidente da un lato e lislam dallaltro. Dietro e dentro - una tale scissione, si agita, sempre a detta dei critici, un timbro pi essenziale, interiorizzato e psicologico, di Pamuk: quella sospensione irresoluta che residua sovente al fondo dei suoi racconti; quasi che  lordito delle trame sia da questo Autore, anche dopo il patire, lasciato da solo a morire divelto, nel disfacimento ustionato. In ci Istanbul, contemporanea e ottomana al contempo, non si limiterebbe ancora per i commentatori - a fare da sfondo delle vicende umane e dei decorsi psicologici, ma assurgerebbe essa stessa a personaggio sui generis: un organismo semivivo, dotato di una propria natura e fattura, meritevoli di essere descritte.


 


Ma, nonostante questultimo aspetto sia in qualche modo storico-oggettivo, il romanzo resta a parere di chi scrive - unepopea della perdita di lucidit da parte di un uomo, pure nellapparente (para-)normalit delle sue condotte.


 


Il museo dellinnocenza, cio, sembra ammonirci con quel che segue: quando, nella esistenza, ci accade che qualche cosa una certa cosa, che non si sa bene ex ante quale sar ci passa accanto e noi non interveniamo, ne possono scaturire conseguenze che ci stravolgono per sempre e senza scampo, trascinandoci in un vortice di squartamento interiore senza pi fondo: alle volte, in altre parole, basta un nulla - un soffiare implume da noi male recepito - e lanticamera di una vita diversa, tutta sovvertita, gi imboccata - con la porta dingresso che subito si serra alle nostre spalle.


 


 Con le sue quattrocento pagine dinno a un disturbo della personalit poetizzato, Il museo dellinnocenza ci conduce a taluni possibili estremi, che ci dato di sperimentare semplicemente vivendo: la ridda dei piccoli fatti scanditi, tra di loro assai poco variati, con poche persone: fatti consumati nel raggio di scarsi chilometri, in una ristrettezza fisica la quale, a sua volta, richiama larroccamento mentale del protagonista, mentre questi si perde in un gorgo infinito che un niente: mentre passano gli anni e un decennio e migliaia di giorni, come se nulla fosse. Ecco gli estremi pocanzi evocati: ci che Tutto in senso soggettivo Niente di oggettivo e di effettuale; la vita stessa unalba e un occaso al contempo: orgasmo e impotenza, virilit e deliquio, godimento spontaneo e gusto intriso di mero narcisismo.


 


N, daltronde, pu sfuggire, giusto a proposito della malattia ossessivo-compulsiva da noi divisata in Kemal, che questa investe e corrode, nello specifico, un giovane ricco al quale tutto permesso, tra cui il non fare pressoch nulla di lavorativo. A ben vedere Kemal pu permettersi il lusso di stare male, cosicch la sua giornata pu essere contorta nel (dis)piacere della onanistica reiterazione fine a se stessa: una dolce ossessione per cui, partendo per la tangente e vivendo una vita non-vita, egli si abbandona alla sublimazione alienata.


 


Kemal si pu permettere tutto ci perch, qualunque cosa gli accada - in qualsivoglia direzione egli voglia canalizzare lesplosione delle proprie tensioni implose -, il possesso del capitale di famiglia, anche in sua assenza gestito prima dal padre e poi dal fratello, gli garantisce un sovrappi che a molti altri, tra cui Fuesun e suo marito, non per nulla concesso nei fatti.


 


Questo tratto realistico e crudele al contempo, nel romanzo in rassegna non mi pare nondimeno - che assurga a protesta sociale, piuttosto consentendo allAutore di portare la malattia del protagonista alle situazioni-limite pi corrosive, ai confini pi lontani dove il tempo stesso si sfalda, e il diario clinico diventa una regola anzich un episodio di climax.


 


 


Genio incontrovertibile di questi anni, intriso di rara sottigliezza, lartista turco (oggi vicino alla sessantina) attinge, come si diceva, allautore de Il castello, l dove disegna un asettico clima (medio-orientale eppure) polare di luoghi non-luoghi, siccome tali privati dogni possibile senso, al pi con la sola pena (auto-)irrogata per la colpa di essere nati e del volere provare piacere in un modo o nellaltro, qualunque sia il modo, a prescindere dalla fonte e dellappagamento.


 


Ancora attinge, lottimo Pamuk, a quel senso del tempo proustiano che su di s torna, in una corrosione interiore che , sadianamente, percossa o lesione e un godere di esse in endiadi.


 


E pur tuttavia, nellapprendere la lezione dei due maestri novecenteschi (Franz e Marcel, appunto), il Nostro non si scompone e non cade mai in citazioni, ma piuttosto personalizza la storia e fa proprio il racconto, portando la mania in guisa direi post-moderna ancor di pi allo spasimo: spremendo allimo il senso della condanna; contraendo i ritmi di essa e, del pari, infittendo la periodica ricorrenza dellestasi correlata al sordo reiterarsi della sanzione.


 


Cos un ricordare, quello del nostro Autore, che si fissa/si cristallizza su di una sola persona Fuesun per lntero racconto, sui momenti con lei trascorsi o dentro di lei goduti: frammenti preziosi sol che si pensi che, soltanto a essi, consacrata lintera vita di un uomo dai trentanni al capolinea poi atteso.


 


Si possono, in tale guisa, trovare addentellati anche tra la scrittura di Pamuk e le parole/le immagini di altri autori, quali il Thomas Mann del Faustus o il Visconti del re bavarese folle e pederasta: con un punto di contatto, in ci, rappresentato dalleros kai thanatos classicheggiante, ripresi a suo tempo dal decadentismo (v. DAnnunzio p.e. nel Trionfo della morte) e poi non disdegnati, quale binomio clou, nemmeno dal neorealismo (v. Pavese nelle poesie del disamore, oppure Ossessione ancora di Luchino: opera, questultima, non a caso citata sopra allinizio).


 


Il fatto poi che, nel Museo, del quadrilatero sesso e ossessione e soldi e morte, allimprenditore Kemal tocchino in sorte soltanto i primi tre; il fatto, cio, che a chi ha il danaro, per il reato di malafede e di ossession, competa s una condanna a vita e per non quella capitale (aggettivo) questultima residuando proprio per chi, di capitale nellaltra accezione (sostantivo), non ne ha: tutto ci costituisce un dato il quale, se freddamente osservato, pu accostare questo Pamuk anche al Pasolini de La ricotta piuttosto che al Moravia de La romana, al Fellini de Le notti di Cabiria  piuttosto che al Grido di Antonioni, o alla Prima notte di quiete di Zurlini.


 


N, sullautonomia creativa di Pamuk, possono darsi dei ragionevoli dubbi, avendo egli disegnato questo Museo lungo una sorta di terzo fil rouge dellordito anche come romanzo-saggio: si veda, in tal senso, il preciso titolo posto allinizio di ogni paragrafo, che in qualche modo riecheggia il capolavoro di Musil.


 


Ecco che allora, da questo Museo contemporaneo - da questa lente o cristallo di raffinata fattura, o musica barocca la quale, come dolce ossessione, par di udire lontano coi suoi contrappunti e le fughe mentre si curvi sul tomo -, il lettore fuoriesce un po stordito ma piacevolmente illanguidito: teso e nel contempo (pi) forte: pi consapevole dei suoi propri anfratti (i pi foschi e piacenti), dei lacerti - di s - pi remoti e voluttuari e nascosti.


 


 



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