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E il libro di esordio, nel 1997, di Mauro Corona, una raccolta di racconti dove lio narrante sempre e unicamente lautore stesso, in un omaggio alle genti della sua zona nel riepilogo di fatti e vicende che emergono dalla memoria. Ci sono ricordi dellinfanzia, ma anche di epoca pi recente che sembrano percorrere una strada, secondo un filo logico che li concatena, fino al tragico evento del 9 ottobre 1963 che, oltre a mietere migliaia di vittime, provoca di fatto una frattura insanabile, con la perdita di una realt fatta da anni di vita legati alla terra, alle tradizioni e al paese, e rende i superstiti orfani della loro storia. La frana gigantesca del monte Toc, causata indirettamente da chi progett la diga sul Vajont, rappresenta una scure che divide nettamente due epoche e che proietta nel futuro i superstiti, con un domani tuttavia incerto, per non dire inconcludente, proprio per quello sradicamento dal proprio passato. Sono racconti che trovano nella semplicit dellesposizione una freschezza che consente di assaporare i rapporti che esistevano fra i valligiani, le relazioni con la natura, mai vista ostile, in un lungo viaggio che porta il lettore alla consapevolezza che quel mondo che non torner pi era, pur nelle difficolt della vita, un microcosmo di comuni sentimenti e modi di agire che connotava una comunit a suo modo strutturata perfettamente. Ora, senza voler rifarsi al detto che si stava meglio quando si stava peggio, appare comunque evidente una vena di nostalgia nella scrittura di Corona, a tratti anche un rimpianto per un mondo pi vero, dove esistevano valori perpetuati nel tempo, dove lamicizia era un bene supremo e dove il rispetto era reciproco. Ritorno sullo stile dellautore, semplice, ma non scarno, e con un notevole senso della misura, soprattutto quando si lascia andare a riflessioni, sempre apprezzabili, senza mai diventare greve. E quasi un modo innato, come larte di scolpire il legno di cui lui maestro indiscusso, una capacit di coinvolgimento che con il tempo e lesperienza si via via perfezionata, raggiungendo accenti di notevole efficacia, anche attraverso periodi di prose poetiche, come possibile verificare nel pi recente I fantasmi di pietra. Del resto, anche il prefatore (nientemeno che Claudio Magris!) rimasto colpito da questo stile e pur non sbilanciandosi, cio non gridando ai quattro venti che questa raccolta un capolavoro, ha tuttavia evidenziato la sua ottima valenza, anche con un certo stupore, trattandosi di opera prima. Da allora Mauro Corona ha fatto molta strada, ma non ha perso, anzi ha affinato le sue caratteristiche, gi riscontrabili in modo chiaro e inequivocabile in questo volume di cui raccomando vivamente la lettura. Renzo.Montagnoli
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