Recensioni libri

Paola Masino. Nascita e morte della massaia modello.

Pubblicato il 20-05-2008


Paola Masino, grande scrittrice degli anni ‘30 e ‘40 e femminista ante-litteram,
nacque a Pisa il 20 maggio del 1908 e morì a Roma nel 1989. Bambina prodigio,
ebbe nel padre un’importante guida letteraria, mentre la madre di origine
aristocratica alimentò la sua fantasia visionaria. Nel 1927 conobbe Massimo
Bontempelli (che era all’apice della carriera, era sposato, e aveva 30 anni più
di lei); dopo un soggiorno a Firenze e a Parigi, nel 1931 rientrò in Italia e si
unì definitivamente allo scrittore, del quale divenne la compagna e col quale
condivise sia vita letteraria che percorso esistenziale. A proposito delle
difficoltà iniziali, in un suo appunto scrisse: «Abbandonare la casa paterna
dove tutto era stato innocenza e reciproco affetto, per una vita irregolare, con
un uomo sposato, contro la volontà e il giudizio di tutti, in una incomprensione
ostile, nutrita solo da una fede cieca nel nostro amore. Non mi sono sbagliata.
Non potevo sbagliare.».
Agli anni ‘30 appartengono opere di gusto fantastico
e surreale (“Decadenza di una morte”, “Monte Ignoso e “Periferia”), agli anni
‘40 testi densi di un realismo amaro e grigio se pur permeato di una certa
sensualità, caratterizzati da una scrittura prosaica e da tristi tragedie
quotidiane, forse per questo più desolate e tremende (“Racconto grosso e altri”
e “Memoria d’Irene”). “Nascita e morte della massaia” (1945) fu però il suo
romanzo più riuscito; scritto durante il suo esilio veneziano al seguito di
Bontempelli (quando Paola si sentiva limitata in un ruolo casalingo che non le
lasciava il tempo per scrivere) e colpito dalla censura fascista, fu pubblicato
dalla Bompiani soltanto nel 1945 (fuori tempo, fu male apprezzato in corso di
nascente Neorealismo). Con vis polemica e tono sarcastico, la Masino fa a pezzi
il ruolo di angelo del focolare, di perfetta padrona di casa, di massaia modello
ossessionata dalle cure per la casa, cui era obbligata la donna della borghesia
all’inizio del secolo. La scrittrice immagina una ragazza senza nome, ribelle e
sognatrice (passa la sua infanzia in dormiveglia, distesa in un baule insieme a
libri e cianfrusaglie ammuffite «catalogando pensieri di morte»), che a diciotto
anni è costretta dalla madre a uscire dal baule e a sposare senza amore un
vecchio zio, immiserendosi in un’inutile vita ipocritamente “normale” e
avviandosi verso la morte, già decrepita a 40 anni (post-mortem, continuerà a
essere afflitta dalla preoccupazione di pulire e lucidare la sua tomba!).
Ha
anche scritto poesie e libretti d’opera per Franco Mannino, ha collaborato con
riviste e giornali, e ha partecipato a programmi radiofonici di cultura. Nel
1947, insieme con altri intellettuali, ha ideato il Premio Strega. Dopo la morte
di Massimo Bontempelli (1960), assistito per più di dieci anni di malattia,
Paola Masino ha cessato di scrivere, divenendo una «disoccupata nel mondo» e
limitandosi a riordinare le carte dell’archivio del marito e a curare le
edizioni dei suoi racconti inediti. In un suo appunto ha lasciato scritto: «Oggi
so che ho perduto, che la mia vita cominciata come una straordinaria aurora, si
è spenta riducendo in cenere anche quei bagliori iniziali, ove avevo creduto di
leggere un più nobile e arduo destino». Alquanto trascurata dalla critica, negli
anni ‘80 è stata riscoperta dalle femministe e nel 2001 le studiose Bernardini
Napoletano e Mascia Galateria (valutando l’archivio personale della scrittrice,
acquisito dall’Università La Sapienza) hanno preparato su di lei una mostra, un
convegno e un volume pubblicato dalla Fondazione Mondadori, recuperando la sua
eredità e tramandandola alle generazioni future.
Paolo
Poli, nel suo premiato spettacolo “Sei brillanti”, ha inserito “Fame” (1932), un
surreale e sarcastico racconto della Masino, censurato dal Regime, ove si
racconta di un padre incapace di nutrire i suoi figli durante la crisi del ‘29,
che li uccide con il loro passivo e triste consenso.

Di Silvia Iannello


Torna alla pagina delle news