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Biografia Thomas S. Szasz
Thomas S. Szasz
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Thomas Stephen Szasz (Szász Tamás István) è nato a Budapest il 15 aprile 1920, il secondo di due fratelli, da una famiglia di classe medioalta e di livello culturale elevato. La madre, molto bella, affabile, elegante, che “Tomi” amava molto, si dedicò all’organizzazione domestica e alla famiglia. Morì nel 1990, all’età di novantasei anni. Il padre, laureato in giurisprudenza, svolse la professione di uomo d’affari nel campo dell’agricoltura. Szasz lo descrive come un uomo severo, buono, generoso, affidabile e mentalmente aperto. Era interessato all’economia, alla politica, ma la passione più grande era la famiglia: adorava la moglie. Il matrimonio era “estremamente armonioso — idilliaco”, merito che Szasz attribuisce ai genitori, ma anche al carattere tradizionale del rapporto tra i ruoli di marito e di moglie. Entrambi erano atei, ma celebravano il Natale. Il fratello maggiore, George John Szasz (György János), nato l’11 gennaio 1918, svolse, come vedremo, un ruolo determinante nella sua vita. Alcuni motivi costanti negli anni della formazione di Thomas Szasz erano l’insistenza sulle buone maniere, la gentilezza e la cortesia, lo studio serio e l’affetto per la giovane governante “Kisu”, alle cui cure furono affidati i fratelli quando Tomi aveva appena un anno, e che, a differenza della tradizione che voleva che la governante non solo si curasse dei bambini ma fosse in grado d’insegnare loro una seconda lingua e farli diventare bilingui, conosceva solo l’ungherese. Szasz era un bambino malaticcio, condizione da cui trasse due grandi vantaggi: il primo, il piacere di assentarsi da scuola, che alle elementari non amava, e dedicarsi alle attività preferite — disegnare, colorare, giocare con i puzzle e cucire, arte nella quale era diventato molto abile; il secondo vantaggio consisteva nel fatto che imparò a simulare la malattia, per potere rimanere a casa e giocare. Nonostante sia Tomi sia György fossero stati esonerati dalla ginnastica a scuola per motivi di salute, si ribellarono a qualsiasi restrizione e si dedicarono all’attività sportiva anche in maniera competitiva tra loro, specialmente quando si trattava di giocare a ping-pong e a tennis. Il sistema educativo in Ungheria era rigoroso e il giovane Tomi fu incoraggiato a orientare gli studi nella direzione delle scienze. All’età di dieci anni intraprese gli studi presso il ginnasio statale Minta Gimnázium di Budapest, uno dei migliori in Ungheria, prendendo a modello il fratello, “lettore onnivoro”, studioso, informato, brillante, come esempio da seguire nello studio. Tradizionalmente, anche per il forte influsso del cattolicesimo, nelle scuole maschi e femmine erano tenuti separati. I fratelli Szasz erano legati da un rapporto di affetto, amicizia, reciproco sostegno. Pur sviluppando un particolare interesse per la matematica e la fisica, molto presto Thomas s’interessò anche di politica, letteratura e medicina e prese a studiare le lingue — oltre all’ungherese il francese, il tedesco, il latino. Poiché era obbligatorio avere un’identità religiosa, e dovendo scegliere tra ebraismo, cattolicesimo e protestantesimo, la famiglia Szasz, benché atea, scelse l’ebraismo. In An Autobiographical Sketch, Szasz racconta: “Ebbi come maestro un rabbino, e questa esperienza intensificò la mia avversione alla religione che sembrava consistere in credenze presuntuose, riti senza senso e minacce terrificanti. Solo da adulto iniziai a apprezzare le religioni come importanti manifestazioni simbolico-culturali della natura umana. Capii anche che la maggior parte della gente preferisce la dipendenza dall’autorità e l’illusoria sicurezza che ne deriva, piuttosto che l’indipendenza con il relativo coraggio di affrontare le incertezze della condizione umana senza aiuti da parte delle divinità e dei loro ministri”. Molto presto nacque in Szasz il desiderio di studiare medicina anche se nella sua famiglia non c’erano precedenti in tal senso, e anche se ciò non avrebbe recato particolari vantaggi economici e sociali — molto più prestigioso in Ungheria era fare il professore universitario o l’uomo d’affari. Se per un qualsiasi motivo non gli fosse stato possibile realizzare questa scelta, anche perché il padre era contrario, come alternativa avrebbe fatto lo scrittore. L’annessione dell’Austria da parte di Hitler ebbe conseguenze su Budapest e sulla vita dei due fratelli Szasz. Mentre György, ottenuta la maturità, era già iscritto al corso di laurea in chimica, Tomi invece non aveva ancora conseguito la maturità. In quanto ebrei, i due fratelli, e in tempi diversi anche i genitori e i parenti, dovettero fuggire negli Stati Uniti. E il 25 ottobre 1938 giunsero a Hoboken, New Jersey. Ma lì, come Szasz racconta, l’antisemitismo era non meno forte che nell’Ungheria sotto l’influenza del nazismo, per di più Thomas, diversamente dal fratello, non conosceva l’inglese, avendo studiato a scuola il tedesco e il francese. Dunque, negli Stati Uniti egli conobbe la segregazione razziale. Gli ebrei erano esclusi dalle scuole di medicina, come del resto lo erano le donne e la gente di colore, tranne che per qualche rara eccezione. La situazione di Szasz fu aggravata dal fatto che, nonostante le origini ebraiche, egli proveniva da una famiglia atea e era ateo egli stesso. Laureatosi in fisica all’Università di Cincinnati nel 1941, l’anno in cui gli Stati Uniti d’America entrarono in guerra, per una serie imprevista di eventi favorevoli Szasz riuscì a iscriversi alla scuola di medicina della stessa Università. Inoltre, poiché occorrevano medici militari, i corsi di laurea in medicina furono velocizzati, sicché Szasz si laureò, con voti eccellenti, nel giugno del 1944. Per motivi di salute, fu esonerato dal servizio militare. Lo studio della medicina per Szasz era collegato non con la possibilità di esercitare la professione, cosa che non gli interessava affatto, ma con un forte bisogno di conoscenza e di controllo: in questo caso la conoscenza e il controllo del proprio corpo, così come, in genere, di tutto ciò che lo riguardava. “Ritenevo che qualsiasi cosa che non capivo fosse per me una potenziale minaccia, e che l’acquisire informazioni e conoscenza fosse una questione di prudente autoprotezione. Volevo sapere come funzionano le radio, le macchine, il corpo, la legge e la società, l’economia, la storia — in breve, come funziona la vita”. La letteratura, la storia, la filosofia, la politica erano la sua vera passione, perché contribuivano a fargli capire come la gente vive e anche come muore e come soffre. La psichiatria non rientrava nei suoi interessi per la medicina: “… fin da bambino avevo appreso che la psichiatria non era medicina, ma attività poliziesca”. Tuttavia, anche per i motivi suddetti, egli si addentrò abbastanza presto nel campo della psichiatria. Già negli anni trenta Szasz leggeva testi di psichiatria e di psicanalisi, conosceva gli scritti di Sigmund Freud e di Sándor Ferenczi e, ancora prima di lasciare l’Ungheria, era arrivato alla determinazione che non solo queste due “discipline” non hanno nulla a che fare con la medicina, ma non sono neppure collegate tra loro: gli psichiatri rinchiudono la gente a beneficio dei parenti, gli psicanalisti s’intrattengono in conversazioni “confidenziali” con i loro pazienti. Negli Stati Uniti, nonostante una tradizione non medica nell’ambito della psicanalisi, rappresentata da Anna Freud, Melanie Klein, Erik Erikson, Erich Fromm, Bruno Bettelheim, Robert Waelder, la psicanalisi era considerata un’attività medica vicina alla psichiatria. Nel 1948 Szasz iniziò la pratica psicanalitica e, dopo varie vicende, tra cui due anni di servizio militare come medico, dal 1954 al 1955, durante la Guerra in Corea, nello stesso anno in cui lavorava al suo primo libro, Pain and Pleasure, il 1956, accettò l’incarico di professore di psichiatria presso la State University of New York College of Medecine (Suny), ora Upstate Medical University a Syracuse, New York. Szasz aveva un curriculum brillante sia in medicina sia in psichiatria e in psicanalisi — si era diplomato presso il Chicago Institute for Psychoanalysis nel 1950 e successivamente, nel 1951, si era qualificato come psichiatra ufficialmente riconosciuto dall’American Board of Psychiatry and Neurology. Tuttavia, egli sapeva bene di non voler avere a che fare con la pratica psichiatrica e tanto meno con quella psicanalitica, e di non voler restare presso l’Università di Chicago. Riteneva che il ruolo del medico consista nell’assistere coloro che cercano aiuto, e che lo psichiatra commetta un grave errore morale trattando e rinchiudendo individui contro la loro volontà. La psicanalisi, per lo meno, aveva d’interessante il fatto che il trattamento non è obbligatorio. Presto Szasz giunse alla conclusione che la malattia mentale è una finzione, la psichiatria è una forma di controllo sociale, fondata sulla coercizione e sull’inganno, mentre la psicanalisi, correttamente praticata, può assumere la forma di una conversazione confidenziale che può aiutare la gente a affrontare meglio i propri problemi. Ma negli Stati Uniti, a differenza della tradizione europea, la psicanalisi non veniva praticata in questi termini: anche lo psicanalista era un medico libero di narcotizzare e ospedalizzare il paziente. Comunque, Szasz sapeva che avrebbe dovuto rafforzare la propria posizione ufficiale, prima di potere prendere una posizione critica apertamente in contrasto con le istituzioni che regolavano la vita del cosiddetto malato di mente. Dalla tragica vicenda del medico ungherese Ignaz Semmelweis (1818-1865), Szasz imparò molto presto che avere torto può essere pericoloso, ma avere ragione, in una società dove la maggioranza crede vero ciò che è falso, può essere fatale. In passato le false verità strutturali al sistema di credenze di un’intera società erano di natura religiosa, attualmente sono di ordine politico e medico. Il concetto di “malattia mentale” è un mito che, diversamente dalle malattie del corpo di cui vanno ricercate le cause e le cure, riguarda invece il comportamento, i cui motivi vanno “intesi e rappresentati nello stesso modo in cui il romanziere e il commediografo intende e raffigura i motivi e i comportamenti di personaggi immaginari”.

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