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Biografia Aldo Masullo
Aldo Masullo
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Aldo Masullo nasce ad Avellino il 12 aprile del 1923, ma i primi dieci anni della sua vita li trascorre a Torino, dove i suoi genitori, anch’essi avellinesi, si erano trasferiti da tempo, prima della prima guerra mondiale il padre e più tardi la madre. Il padre, Carlo, era figlio di una famiglia avellinese di piccoli industriali del vetro. Anziché lavorare nell’impresa familiare come fecero i suoi due fratelli fu assunto nelle Ferrovie dello Stato in qualità di funzionario. Di lui e della madre, Laura Acone, Masullo ricorda la scrupolosa onestà e la loro presenza agli inizi della propria istruzione: «mia madre mi ha insegnato a leggere e scrivere e mio padre l’italiano» (intervista di M. Rossena, Solitudine e passioni da filosofo, in “Il Mattino”, 4 giugno 2001, p. 42). Gli anni di Torino sono anni di solitudine, una solitudine che prepara la sua “vocazione” filosofica: «figlio unico, di una famiglia di emigrati senza agganci sociali che viveva in un tessuto sostanzialmente estraneo. La mia è stata una vita in cui ho avuto quasi sempre come compagno solo me stesso e questo mi ha allenato ad una forma di ritiro interiore» (ibidem). Nel 1932 ebbe una sorella, Anna Maria. L’anno successivo Masullo torna in Campania a Nola dove frequenta la scuola secondaria. La scuola secondaria di allora era quella che risultava dalla riforma Gentile del 1923. Questa scuola era divisa in quattro percorsi: Il ginnasio-liceo (3+2+3 anni), l’istituto tecnico (4+4 anni), l’istituto magistrale (4+3 anni), le scuole professionali. Masullo per volontà del padre, che pensava ad «una collocazione professionale più rapida possibile», iniziò a frequentare un istituto tecnico. Dopo i primi tre anni però, avendo mostrato notevoli attitudini letterarie e seguendo le indicazioni della propria insegnante, passa dall’istituto tecnico al ginnasio-liceo e consegue la maturità nel 1940, agli inizi della guerra. Durante gli anni del liceo, durante l’adolescenza, Nola, «frivola e inquieta», fu la sua «palestra filosofica». La vita nolana era molto fervida dal punto di vista culturale. Un avvocato, Vincenzo La Rocca, aveva costituito a Nola una cellula comunista legata al partito clandestino di Napoli. Masullo non vi aderisce ma ne è interessato ed insieme ad altri suoi amici e compagni di scuola legge Marx e Lenin in traduzione francese (le traduzioni italiane non erano più in circolazione) e ne discute le idee in seminari fra studenti realizzando una vera e propria formazione politica autogestita, una formazione, come lui dice «al bosco». Nello stesso tempo Masullo legge insieme ai propri amici e poi compagni universitari i classici dello spiritualismo. Altro ricordo di quegli anni è il libraio ambulante che un giorno a settimana, il mercoledì, esponeva i suoi libri sulle scale del Duomo di Nola, portando a quei giovani affamati di letture e cultura testi della letteratura francese, tedesca, russa e altri di saggistica. Dal 1940 al 1944 Masullo frequenta l’università a Napoli, ma nel frattempo continua a vivere intensamente la vita culturale dei giovani di Nola. Tra il 1943 e il 1944 fonda con alcuni amici un circolo culturale a Nola, utilizzando come sede un bar sfitto oppure, di volta in volta, secondo le occasioni, scuole, parrocchie. Il gruppo variava dalle dieci alle trenta persone, si formava e sformava. Lui era tra i due o tre più impegnati. Continuava dunque quella formazione autogestita e amichevole di un pensiero critico alimentato dalla inquietudine giovanile e dal pressante bisogno di comprendere il mondo circostante in un momento così drammatico (ricorda per esempio l’episodio tragico che i nolani vissero sulla propria pelle: la strage compiuta dai tedeschi nella caserma della città). Eppure anche qui, dietro questo impegno politico-culturale, ferveva soprattutto un’interrogazione filosofica: «La solitudine torinese e la difficoltà di costruire rapporti ai quali non ero attrezzato mi hanno reso molto curioso, nel silenzio di una coscienza solitaria, della realtà degli altri con i quali più che un rapporto pratico ho cercato di capire in che termini potessero esprimere un'universalità comune alla loro umanità e alla mia: proprio qui nasce il mio interesse per la filosofia» (ibidem). All’Università di Napoli Masullo frequenta il corso di laurea in Filosofia. Nella prima metà del Novecento Napoli, per «l’infaticabile presenza di Croce», divenne la «città del pensiero storicista». La matrice crociana che tanto pesava nel clima culturale in cui Masullo studia, si laurea, e poi collabora a diverso titolo è descritta da Giuseppe Cantillo, allievo di Masullo, in un saggio intitolato La cultura filosofica a Napoli. Che il pensiero di Croce – scrive Cantillo – fosse dominante in Italia e quindi anche a Napoli nel corso degli anni ’20 e ’30 è attestato anche da parte di pensatori che non sono mai stati vicini a Croce» quali furono Nicola Abbagnano e Pietro Piovani. Poi aggiunge «Il dominio intellettuale di Croce continuò ad esercitarsi anche, e anzi ancor più, dopo il 1° maggio ’25, quando con la stesura della “risposta” al manifesto degli intellettuali fascisti, richiestagli da Giovanni Amendola, egli prese ufficialmente posizione contro il regime e divenne il punto di riferimento della cultura antifascista, facendo sentire la sua testimonianza morale e civile da una città, le cui più alte espressioni culturali avevano considerato la libertà e la democrazia come elementi costitutivi del mondo moderno» (G. Cantillo, La cultura filosofica a Napoli, in “Rivista di Filosofia”, 3/2000, p. 455). Eppure non bisogna dimenticare «il peso assunto dall’attualismo, che si era radicato fortemente nelle università attraverso l’occupazione delle cattedre di discipline filosofiche da parte di studiosi e pensatori di formazione gentiliana» anche in relazione alla «relativa estraneità del crocianesimo al mondo accademico (che) dipendeva da una dichiarata ostilità verso l’ “universitarismo”, dall’avversione verso la filosofia accademica divisa tra metafisica e positivismo, ed era intimamente legata a un nuovo modo di concepire la cultura» (ivi, p. 457). La polemica (non sempre ben fondata) di Croce contro l’astrattezza dell’attualismo e del positivismo, ma anche del sapere accademico in generale lo conducevano ad elaborare un programma diverso: «ritornare alla tradizione idealistica ma ripensandola in forma nuova […] tendersi cioè tra i distinti del sapere e del fare, del pensiero e dell’azione». Oppure come dice Garin nelle sue Cronache di filosofia italiana (1900-1943), perseguire «un’esigenza di valori ideali, ma sposata a una rigorosa fedeltà all’esperienza del reale concreto» (ivi, p. 457). Riprende Cantillo: «Questo riferimento all’uomo e al mondo umano, posto al centro del crocianesimo, influenzerà, in modo diretto o indiretto, tante diverse esperienze filosofiche e, più in generale teoriche, tra la seconda metà degli anni ’30 e il secondo dopoguerra, innestandosi ora su provenienze attualistiche, ora su aperture a filosofie straniere, ovviamente anche per il sentimento della criticità e della libertà che lo sostanziava» (ivi, p. 458). Secondo Cantillo, Croce aveva elaborato da giovane il suo sistema filosofico, lo «storicismo assoluto», ma ne aveva poi mitigato il carattere astrattamente provvidenzialistico in relazione alla «coscienza della scissione, della contraddizione, del dolore» prodotta dalla drammaticità degli eventi storici che erano nel frattempo accaduti. Ciò aveva attribuito al suo pensiero una forte ispirazione etica. E’ quindi dall’ultimo Croce che proviene quella ispirazione umanistica che ha animato più tardi tante generazioni di studiosi napoletani; ispirazione umanistica che passava attraverso le tante attività extra-accademiche del filosofo e dal 1947 passava innanzitutto attraverso l’attività dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici dietro la cui istituzione c’era stata la decisa volontà di Croce.

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