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Biografia Arrigo Benedetti
Arrigo Benedetti
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Arrigo Benedetti, grande maestro di giornalismo e scrittore oltre che partigiano italiano, nacque a Lucca l'1 giugno del 1910. E' ricordato soprattutto per aver fondato e diretto i grandi settimanali "Oggi" (1939), "L'Europeo" (1945) e "L'espresso" (1955).
Diplomatosi al liceo classico "Niccolò Machiavelli", frequentò la Facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università di Pisa ma lasciò gli studi nel 1937 per seguire a Roma l'amico coetaneo e conterraneo Mario Pannunzio, partito cinque anni prima (ha scritto Nello Ajello: «Benedetti intratteneva un legame intensissimo con il coetaneo Mario Pannunzio, come lui nativo di Lucca. Lo consultava, ne accettava le critiche. Fu per amor suo che Arrigo s'iscrisse al Partito radicale, lui che i partiti non li amava.»). Iniziò la sua carriera di giornalista, collaborando al periodico culturale "Libro italiano" e scrivendo i primi racconti dedicati alla sua terra di Toscana. Con Pannunzio collaborò al settimanale "Omnibus", fondato da Leo Longanesi (che purtroppo fu soppresso dal regime fascista dopo due anni, nel 1939).
Nel 1938 aveva sposato Caterina, una lontana cugina conosciuta da bambina, cui fu legatissimo e dalla quale ebbe i figli Agata e Alberto (deceduto prematuramente per un incidente subacqueo nel 1974). Con Mario Pannunzio nel 1939 fondò "Tutto" e "Oggi" - edito da Rizzoli - , anch'essi soppressi dal regime nel 1941 perché considerati al di fuori dell'ortodossia fascista (scrisse Ciano che la rivista era «un organo d'individui molto ambigui che stavano di fronte al regime con molte e poco celate riserve»).
Datosi alla resistenza sull'Appennino tosco-emiliano dopo l'8 settembre del 1943, Benedetti fu arrestato dai nazifascisti il giorno di Natale del 1943 e rinchiuso nel carcere di Reggio Emilia ma riuscì a evadere fortunosamente durante un distruttivo bombardamento. Sopraggiunti gli alleati, si trasferì prima a Lucca e quindi a Roma. Andato poi a Milano, iniziò a lavorare come critico teatrale per il "Corriere Lombardo" di Edgardo Sogno (ex comandante partigiano) e nel 1945 con l'imprenditore Gianni Mazzocchi fondò "L'Europeo" (quasi rivoluzionario nei contenuti e nella tecnica), che tutti ricordiamo per i vivaci articoli di fondo, le documentate fotocronache, le grandi inchieste, le approfondite indagini di costume, gli aspetti umani dell'informazione, e l'attenzione ai problemi dell'economia. Il successo editoriale fu grande, e Benedetti era divenuto un giornalista noto e rispettato quando nel 1954 - per il cambio della linea editoriale (più commerciale perché era arrivato Angelo Rizzoli, più interessato alle alte tirature che alla qualità e all'impegno dell'informazione) - dopo un estenuante «muro contro muro» fu costretto a dare le sue dimissioni.
Intellettuale vulcanico e tenace, fondò nel 1955 - nato dalle ceneri del settimanale "Cronache" con la sua redazione - "L'espresso" insieme a Eugenio Scalfari (cui lascerà la direzione il 10 aprile del 1963), un nuovo moderno settimanale che diede vita a un libero giornalismo d'inchiesta e che divenne ben presto uno dei più prestigiosi periodici italiani. Col tempo Benedetti si allontanò dal giornale mantenendo la rubrica "Diario italiano" sino al giugno 1967, quando diede l'addio definitivo a "L'Espresso" sia per contrasti interni (prevedeva cambiamenti di linea editoriale) sia per dedicarsi alla letteratura che considerava la sua vera vocazione. Politicamente, nel 1955 era stato con Pannunzio tra i fondatori del Partito radicale e con Pannunzio si dimise nel 1962 per controversie interne. Fu poi collaboratore di "Panorama" per circa due anni, inviato speciale de "La Stampa" (il giornale di Torino di De Benedetti), direttore de "Il Mondo" (1969-72) che tentò di rilanciare dopo le dimissioni di Pannunzio, e direttore di "Paese Sera" per meno di un anno (1975-6), dopo aver aderito al partito comunista.
In effetti, Benedetti - che si sentiva uno scrittore prestato al giornalismo (ha scritto Ajello: «Benedetti non aveva mai smesso di dare ascolto al giovanile richiamo della letteratura... Già in una pagina di diario del febbraio 1960 egli definisce il giornalismo "la lunga distrazione di cui sono prigioniero"...») - fu anche scrittore prolifico. Tra le sue opere a cavallo tra malinconia e realismo, tutte legate alla propria terra (soprattutto all’amore per Lucca e per la sua storia) ma in un uomo che era aperto alla cultura d'Europa (fu definito «un europeo lucchese») e che si poneva contro l’immobilismo e il ritardo culturale della città di provincia, sono da ricordare: "Tempo di guerra" (1933), dedicato al conflitto del 1915-1918; "La figlia del capitano" (1938); "I misteri della città" (1941); "Donne fantastiche" (1942); l'autobiografico "Paura all'alba" (1944), ispirato alle vicende della resistenza e considerato il suo migliore testo letterario; "Il passo dei Longobardi" (1964), un grande affresco della storia dell'amata Lucca che passa dalla Prima guerra mondiale alla Seconda grande guerra attraversando la tragedia del fascismo (e il protagonista Franco Arnolfini - con le sue memorie infantili e i flash-back illuminati dalla forza del ricordo, i lutti e la disperazione della vita reale, la dura resistenza partigiana in quei luoghi ove era rimasto il sangue degli antichi guerrieri goti, longobardi e franchi, e finalmente col viaggio di ritorno verso Lucca liberata - altri non è che Arrigo Benedetti); "Ballo angelico" (1968); "Gli occhi" (1970); e "Rosso al vento" (1974). Uscirono postumi nel 1977 "Cos'è un figlio" (dedicato al figlio Alberto, perito tragicamente) e "Diario di campagna". Arrigo Benedetti morì a Roma prematuramente il 26 ottobre del 1976, qualche tempo dopo aver subito un'operazione al rene.
Oggi piuttosto dimenticato, ebbe come allievi molti bravi giornalisti, tra i quali Tommaso Besozzi, Raul Radice, Sandro De Feo, Mario Cancogni, Gianni Corbi, Livio Zanetti, Marialivia Serini, Mino Guerrini, Camilla Cederna, Ugo Stille, Giancarlo Fusco e Alfredo Todisco. Nelle intenzioni di Benedetti un periodico ideale doveva essere un «giornale che interessasse quella classe politica generale che è poi la classe dirigente e che nello stesso tempo non è conformista», elaborando «uno stile oggettivo e nell'insieme ricco di motivi morali» e condensando «l'offensiva nei settori della politica, dell'economia e dei problemi sociali».
La famiglia di quello che si può considerare "un grande testimone del suo tempo" ha donato oltre 1400 pubblicazioni (con dediche originali) alla biblioteca comunale della città di Barga, che ha istituito il "Premio giornalistico Arrigo Benedetti - Citta' di Barga".

Di Silvia Iannello

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