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Biografia Carlo Coccioli
Carlo Coccioli
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Carlo Coccioli nasce a Livorno, il 15 maggio 1920, alle 4.25 del mattino. Il padre, Attilio, è un giovanissimo sottotenente dei bersaglieri, di origini tarantine, inviato nella città toscana dopo la prima guerra mondiale. La madre è Anna Duranti, livornese, di famiglia ebraica. Per ragioni economiche, il matrimonio è stato celebrato senza il regio consenso, a quel tempo obbligatorio per gli ufficiali dell'esercito. Ne consegue che il padre viene temporaneamente congedato. In questi primi anni livornesi nascono i fratelli Alberto (1921) e Ferdinando (1924). Nel 1924, per intervento del re, il padre viene reintegrato nell'esercito ed inviato in Cirenaica, a fronteggiare la rivolta della confraternita musulmana dei Senussi. La madre e i tre figli, Carlo, Alberto e Ferdinando, restano in Italia fino al 1927, quando il padre finalmente ottiene l'autorizzazione a portare con sé la famiglia in Cirenaica. Si stabiliscono inizialmente nel villaggio della Berca per poi spostarsi nel cuore di Bengasi, dove nasce la sorella Marisa, e successivamente a Derna, sulla costa orientale. Qui Carlo comincia le scuole elementari. Nel 1929 la famiglia rientra temporaneamente in Italia: il padre Attilio frequenta un corso presso l'Accademia di Parma. A Parma Carlo conclude il primo ciclo scolastico e viene iscritto, a dodici anni, in un istituto tecnico commerciale, forzato a quella scelta dal padre nonostante la sua precoce propensione per le lettere. Al termine del corso, Attilio viene inviato a Tripoli. La famiglia vi risiede fino al 1938, per lo più all'interno della "Città Giardino", ed è in questo contesto che Carlo intraprende lo studio del francese. A causa di un antifascismo abbastanza dichiarato, il padre Attilio procede assai lentamente nella carriera. Alla vigilia della seconda Guerra Mondiale viene inviato alla frontiera settentrionale, a Fiume, ma presto dovrà abbandonare la famiglia per recarsi in Etiopia. A Fiume, Carlo conclude le scuole superiori e si dedica completamente ai suoi studi umanistici, frequentando la locale Biblioteca Civica. Nel 1939 si iscrive presso il Regio Istituto Universitario Orientale dell'università di Napoli. Per finanziarsi gli studi, dedica un anno ad impartire lezioni private di latino e matematica. Nel 1940 il padre Attilio viene catturato dagli inglesi alla frontiera egiziana: resterà prigioniero fino al termine del conflitto. L'anno successivo, con l'invasione delle truppe italiane, la popolazione civile viene sfollata da Fiume e Carlo, inviato dalla famiglia, prende in affitto una casa ad Arcetri, presso Firenze. Chiamato al servizio di leva obbligatoria, nel luglio del 1942 Carlo termina il corso ufficiali a Rieti. A fine agosto dello stesso anno è in una caserma di Torino, come sottotenente del novantunesimo reggimento di fanteria, quando, dopo l'armistizio dell'8 settembre, la caserma è circondata da truppe tedesche. Riesce a fuggire, visita brevemente la madre a Firenze, poi torna a Torino e con alcuni compagni compie un percorso di fortuna fino ad Arezzo, poi a Cerbaia dove assume il comando, con il nome di Francesco, di una compagnia di partigiani. Nella formazione Giustizia e Libertà, gli è affidata la terza brigata Rosselli. A dicembre dello stesso anno discute a Roma, sede universitaria provvisoria, la tesi lungamente preparata, dal titolo: "I racconti di animali nelle letterature orali africane", ed ottiene la laurea con lode. Nel 1944, catturato dai tedeschi in Toscana, a San Felice presso Ema, è condotto nella prigione di San Giovanni al Monte di Bologna. Partecipa ad una drammatica evasione, armi in pugno, e attraversa la Linea Gotica. Dopo un breve soggiorno nella brigata comunista Stella Rossa raggiunge la linea del fronte presso Rifredi, alla periferia di Firenze, e attende l'arrivo degli alleati. Si ritrova quindi addetto alle truppe alleate e recupera la formazione partigiana di cui era comandante. A guerra conclusa, gli viene conferita la medaglia d'argento al valore militare per gli avvenimenti della Resistenza. Assieme ad Antonio Predieri pubblica un libro sulla resistenza dal titolo 11 Agosto. Nel 1946 Enrico Vallecchi pubblica il suo primo romanzo: Il Migliore e l'Ultimo. Carlo vive ad Arcetri e lavora a Firenze da Vallecchi, all'ufficio propaganda e sviluppo. L'anno successivo si trasferisce a Firenze, in via Pietra Piana, ed inizia la redazione di un testo letterario dal titolo Il ragazzo per un premio letterario bandito a Venezia. E' il primo nucleo di ciò che poi diventerà Fabrizio Lupo. E' in questi anni che Carlo comincia a dare espressione alla propria omosessualità, della quale è consapevole da tempo e che resterà una tematica costante in tutta la sua opera. Per La difficile speranza gli viene assegnato il Premio Paraggi. Comincia a frequentare Parigi, dove tra il 1949 e il 1950 alloggia all'hotel Racine. Nel 1949 La difficile espérance esce presso le edizioni Du Rocher, nella traduzione di Lois Bonalumi. Nel 1950 incontra Michel, nelle successive opere spesso denominato "l'Immagine", il Laurent di Fabrizio Lupo. Trascorre con Michel una breve vacanza all'isola del Giglio, poi si stabilisce all'hotel Racine e termina la stesura di Fabrizio Lupo. Riceve il Premio Charles Veillon per l'edizione francese de Il giuoco. Il successo di Le ciel et la terre, pubblicato da Gabriel Marcel nella collana Feux Croisés di Plon, gli permette di acquistare un appartamento in rue Chappe, a Montmartre. Tra il 1951 e il 1953, inseguendo Michel, Carlo viaggia in Canada e in Messico. Qui, nel 1954, la loro relazione si interrompe. Ha inizio per Carlo un periodo di crisi depressiva e di progressivo allontanamento dall'adesione al cattolicesimo. Stabilitosi a Città del Messico, frequenta Diego Rivera, la poetessa Guadalupe Amor, Carlos Benitez , Machila Armida, José Benitez, Rufino Tamayo. Vive da solo in un appartamento dell'elegante quartiere di Polanco. Comincia a scrivere per il quotidiano Hoy, poi, nel 1955, diventa editorialista del quotidiano messicano Siempre! Compare nella sua vita Juanito, con cui vive prima nell'appartamento di calle Leonardo da Vinci e poi, fino alla fine degli anni '70, nella casa di Obrero Mundial. Insieme con Rafael Gimenez e Martin Luis Guzman, partecipa all'apertura della libreria "Quartier Latin", centro di cultura italo-francese nella città messicana. Nel 1960 inizia l'attività di inviato speciale per alcuni quotidiani italiani: prima il Corriere della Sera poi Il Giorno e La Nazione. Viaggia in tutta l'America Latina. Nel novembre 1966 è a Firenze durante la drammatica inondazione, sulla quale scrive il saggio Firenze 1966: non è successo niente. Frequenta regolarmente Firenze, dove continua ad avere una casa, in Sdrucciolo Pitti, che manterrà fino al 1995, quando vi rinuncerà per acquistarne una a Livorno, in un impulso di avvicinamento alle proprie origini. Con la pubblicazione di Documento 127, nel 1970, il padre Attilo interrompe ogni relazione con Carlo, imponendo la stessa interruzione alla madre Anna. Causa della rottura è un episodio in cui l'autore narra come, nella residenza di Tripoli, l'attendente cui i ragazzi erano affidati li conduceva con sé in una casa per appuntamenti. Nel 1973, con la pubblicazione di Uomini in fuga, dà inizio al cammino del movimento degli Alcolisti Anonimi in Italia. Il percorso di avvicinamento alla religione ebraica, intrapreso alla fine degli anni '60 e descritto in Documento127, ha il suo culmine nel 1976, anno di Davide, che gli varrà in seguito il Premio Strega. L'anno successivo ha inizio la collaborazione con la rivista messicana Excélsior. In questi anni Carlo comincia a dipingere su tela, un'attività che non cesserà mai. All'inizio degli anni '80 il suo interesse si volge sempre più verso le religioni orientali, in un appassionato approfondimento che passa dapprima attraverso l'induismo (La casa di Tacubaya, 1982) per approdare al "pianerottolo" buddhista, sul quale Carlo si fermerà, a suo modo, fino alla morte. In questo periodo assume a servizio Javier, col quale instaurerà un legame d'affetto sempre più forte e che finirà con adottare, unico figlio, nel 1993. Visita il Texas e decide di prendervi una residenza. E' durante un viaggio negli Stati Uniti che scrive Piccolo Karma. Sempre in Texas, a Laredo, subisce, nel 1983, un grave incidente automobilistico, nel quale perde la vita il cane Oliver. In seguito al terremoto del 1985, che sconvolge Città del Messico, decide di trasferirsi a San Antonio, ma pur essendo affascinato dagli Stati Uniti presto ritorna nella città messicana. Il 10 luglio del 1988 Carlo è vittima di un sequestro di matrice terroristica. Alla fine di un processo durato una notte intera, i sequestratori decidono di non eseguire gli ordini e gli risparmiano la vita. Le successive indagini non hanno mai fatto luce sui mandanti e sui moventi dei sequestratori. Carlo ha continuato a scrivere fino ai suoi ultimi giorni. Malato, operato di cuore, è rimasto legato alla sua Città del Messico, dove è spirato serenamente il 5 agosto del 2003. Negli ultimi istanti, essendogli stati offerti gli estremi sacramenti, li ha rifiutati con gentilezza.

Tratto dal sito dell'autore http://carlococcioli.com

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