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Biografia Maksim Gorkij
Maksim Gorkij
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Maksim Gorkij (pseudonimo di Aleksej Maksimovich Peskov), narratore e drammaturgo ma anche impegnato rappresentante del Movimento rivoluzionario russo, nacque il 28 marzo (secondo il vecchio stile il 16 marzo) del 1868 a Nizhny Novgorod (oggi Gorkij). Rimasto ben presto orfano di padre e abbandonato dalla madre che si era risposata, ebbe un’infanzia infelice; cresciuto dai nonni materni, fu costretto dall’età di otto anni a molteplici umili lavori per mantenersi: garzone calzolaio, aiutante disegnatore e giardiniere, e sguattero di cucina su un vaporetto del Volga ove imparò a scrivere e a godere della lettura, grazie all’aiuto del cuoco Smurij. Più tardi, si trasferì in Kazan ove fu fornaio, portuale, casellante e custode di notte, avvicinandosi al Movimento populista e divenendo poi un irrequieto viandante nel sud della Russia, alla ricerca di qualsiasi mestiere gli consentisse di guadagnarsi da vivere (a 21 anni tentò addirittura il suicidio). Narrò queste difficili esperienze di vita nei primi racconti sulla rivista “La ricchezza russa” (1892-1895). Si fermò infine a Tiflis, pubblicando con lo pseudonimo di Gorkij (“L’amaro”) la novella “Celkas” (1895) su un giornale di San Pietroburgo e dando alle stampe i due volumi “Schizzi e racconti” (1898), che gli diedero fama e lo fecero salutare come il nuovo Tolstoj e Cechov. Questi testi, tutti molto notevoli, celebrano in modo autobiografico il suo eroe romantico: l’anticonformista vagabondo, pieno di desolazione ma ricco d’interiorità.
Incontrò i gruppi marxisti d’opposizione politica e sostenne il Partito sociale democratico; sulla loro rivista politica “Vita (Zizn)” pubblicò l’interessante racconto “Foma Gordeev” (1899) - dedicato al tema del capitalismo russo e visto attraverso l’ascesa e la caduta di una famiglia della borghesia, in cui per la prima volta compare la figura del «cercatore del senso della vita» - , la novella “I tre” (1900), e l’allegorico poemetto in prosa “Canto della procellaria” (1901), così rivoluzionario da provocare il suo arresto e la chiusura del giornale. Egli era però molto noto e amato: aveva il suo periodico “La conoscenza (Znanie)” aperto ai giovani scrittori, era stato eletto membro dell’Accademia delle Scienze (1902) anche se lo Zar aveva annullato la nomina per motivi politici, e le sue commedie “Piccoli borghesi (1901) e “Bassifondi” (1902) - conosciuta anche come “L’albergo dei poveri” - erano state rappresentate con enorme successo dal regista russo Stanislavskij, direttore del Teatro d’Arte di Mosca. L’arresto di Gorkij destò in Russia e all’estero tali proteste che fu rilasciato quasi subito ma dovette andare in Crimea per motivi di salute (si era ammalato di tubercolosi). Pubblicava intanto i testi teatrali “I villeggianti” (1904), “I figli del sole” (1905) e “I barbari” (1905). Naturalmente continuava ad esser vivo l’intento rivoluzionario anti-zarista, sicché nel 1905 fu nuovamente arrestato ma si guadagnò l’amnistia grazie alle proteste popolari; dovette però abbandonare la Russia per sottrarsi alla persecuzione zarista.
Nel 1906 fu in America insieme alla sua compagna ma venne espulso come «persona non grata»; manifestò la sua antipatia per la città di New York in “La città del diavolo giallo” (1906). Fu poi a Parigi e in Italia a Capri, ove visse stabilmente per anni promuovendo il Socialismo, raccogliendo denaro per la causa della Rivoluzione e creando un centro di accoglienza per esuli russi e una scuola di partito per gli operai (che generosamente ospitava allievi e insegnati). In questo periodo scrisse “La madre” (1907), il suo solo testo rivoluzionario che narra di una povera contadina, madre di un giovane operaio socialista deportato, che pur nella rassegnazione arriva a prendere coscienza delle alte ragioni del figlio e dei compagni, diventando la madre di tutti e sacrificando la vita per la rivoluzione. Pubblicò anche i testi teatrali “I nemici” (1906), “Gli ultimi (1908) e “Vassa Zeleznova” (1910), oltre ai romanzi “Una confessione” (1908), “La cittadina di Orukov” (1909) e “La vita di Matvej Kozenjakin” (1910-1). A Capri dedicò “Racconti d’Italia” (1911-3).
Ritornato in Russia nel 1913 per un’amnistia dello Zar, continuò nel suo strenuo impegno politico durante la prima guerra mondiale ma dopo la Rivoluzione di Ottobre del 1917, deluso dai metodi dittatoriali del vittorioso Lenin, prese le distanze dalla politica attiva limitandosi a un importante ruolo culturale e fondando a Mosca la “Casa delle Arti”, destinata alla  formazione dei gruppi di avanguardia. Molto importanti furono le tre opere autobiografiche “Infanzia” (1913), “Fra la gente” (1915) e l’ironico “Le mie università” (1917), un panorama straordinario di figure memorabili.
Nel 1921 per problemi di salute ritornò in Italia, stabilendosi a Sorrento ove rimase sino al 1828 e ove scrisse “L’affare degli Artamonov” (1925), storia di una famiglia di servi della gleba che, ottenuta la libertà, si priva della terra conquistando la ricchezza ma non la felicità. Considerato un “Maestro” della letteratura, rientrò a Mosca ove divenne il protettore degli scrittori perseguitati e il direttore della rivista “I nostri successi (Nasi dostizenja)”. Nel 1934 fu nominato primo Presidente dell’Unione degli Scrittori Sovietici e fu salutato come il padre del Realismo socialista (corrente letteraria anti-soggettivista e anti-psicologica che prendeva le distanze da Gogol e Dostoevskij). Nel 1935 pubblicò “La vita di Klim Samgin” (1935), un romanzo dalla lunghissima gestazione incentrato sulle tre generazioni della famiglia di un intellettuale che durante 40 anni passano dal capitalismo all’abolizione della servitù della gleba e alla Rivoluzione. Gorkij morì improvvisamente a Mosca il 14 giugno del 1936, forse fatto avvelenare per ordine di Stalin (qualche anno prima, era morto in modo misterioso anche il figlio Max).

Di Silvia Iannello

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