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Biografia Marie-dominique Chenu
Marie-dominique Chenu
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A diciotto anni, nel 1913, Marcel Chenu – nato a Soisy-sur-Seine nel 1895 – entra nei domenicani, a Le Saulchoir, presso Tournai (Kain-La-Tombe), attratto non dal «primato clericale», ma dalla «vita domenicana come tale», e dall’«ideale evangelico», che fu proprio dei mendicanti, quindi di san Domenico, oltre che di san Francesco [6]. Dal 1914 – anno della sua prima professione religiosa (quella solenne avverrà nel 1918, mentre l’ordinazione sacerdotale sarà nel 1919) – al 1920 Chenu compie i suoi studi a Roma, all’«Angelicum», e sotto la guida di Reginald Garrigou-Lagrange (1877-1964), e nel clima del rinnovamento della mistica, redige la tesi di lettorato dal titolo: De contemplatione, che il relatore giudica ottima, con la nota che il suo autore rivela una «profonda conoscenza della dottrina di S. Tommaso sulla natura della contemplazione» [7], anche se non manca il significativo invito «a non allargare storicamente la ricerca» [8]. E a proposito della storia, Chenu dirà: «Non tanto amavo la storia come un mestiere, ma sentivo che la parola di Dio è nella storia, e che entrare nella storia è un mezzo per raggiungere la parola di Dio. Ora questo modo di pensare, a Roma, era considerato come sospetto di razionalismo» [9]. Chenu «molto assiduo» all’insegnamento di Garrigou-Lagrange, riconoscerà d’averne sentito il fascino, d’aver ricevuto da lui «il fecondissimo capitale di una grande teologia della fede e di un ritrovato senso dell’omogeneità della grazia nelle vie [...] della contemplazione e dei doni dello Spirito Santo» [10], per altro «eredità del maestro Gardeil» [11]. Tuttavia, non accoglierà l’invito del relatore, che lo aveva caro, a restare all’«Angelicum» come suo collaboratore; cosa che «il padre – affermava Chenu – non mi ha evidentemente perdonato» [12], non esitando a parlare nel 1943, dopo la messa all’Indice di Une école de théologie. Le Saulchoir, di una sua «antica inimicizia verso le Saulchoir» [13]. Preferì tornare a Le Saulchoir, un «laboratorio di ricerca» [14], dove si troverà «come un pesce nell’acqua» – affermerà: «È là che io sono nato» [15] –, incominciando a insegnarvi «storia delle dottrine» (non «storia dei dogmi»), e dove si svolgerà la sua fervida attività di ricercatore e di scrittore, non mancando di passare le vacanze a Oxford a trascrivere dai codici i testi di Fishacre e di Kilwarby sulla teologia. Di queste appassionate ricerche portano i segni, tra gli altri, il «Bulletin Tomiste» e la «Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques». Chi scorra l’elenco biobliografico di Chenu può facilmente avvertire i temi e l’entità del lavoro di quegli anni. Accanto a maestri come i padri A. Gardeil (1859-1931), A.J. Sertillanges (1863-1948), P. Mandonnet (1858-1936) e A. Lemonnyer, altri grandi autori stimolavano la sensibilità e il metodo teologico di Chenu: specialmente, ricordiamo la sua «simpatia» nei confronti di P. Rousselot (1878-1915), e, più indietro, nei confronti J.A. Möhler (1796-1838) e di M.J. Scheeben (1835-1888) [16]. Nasce, in particolare, in quel periodo (1927), sotto forma di articolo – e per essere in seguito variamente rifusa – La théologie comme science au XIIIe siècle [17], riconducibile a un commento storico degli articoli 2 e 8 della Prima Pars della Summa Theologiae. Si andavano così istituendo preziosi legami con alcuni confratelli (H.-M. Féret, Congar) e, all’esterno, specialmente con Étienne Gilson (1884-1978). Su invito di Gilson negli anni ’30-’31 Chenu fonderà in Canada, a Ottawa, un «Institut d’Études Médiévales», presso il quale si recherà a tenere corsi fino al 1936 [18]. Intanto, nel 1932, Chenu, divenuto maestro in teologia, è nominato reggente degli studi di Le Saulchoir, dove lo vediamo intento sia alle ricerche teologiche sia a iniziative che lo pongono a contatto con la vita concreta, per esempio col mondo del lavoro e gli permettono di attuare una «teologia in atto, basata sull’incarnazione» [19]. Il 1937 segna una data importante nella vita di Chenu. È l’anno della pubblicazione di una plaquette dal titolo: Une école de théologie. Le Saulchoir nata da una conferenza tenuta nel 1936, il 7 marzo, in occasione della festa di san Tommaso e in cui esponeva – come afferma Chenu – «le nostre idee sul metodo storico» [20]. L’opuscolo, pubblicato in meno di un migliaio di copie (sette/ottocento copie), non conosce molta diffusione; si può, infatti, constatare una quasi assenza di recensioni, mentre numerose e di svariata provenienza sono le reazioni positive, e persino entusiaste, benché non manchi in taluno qualche riserva. Interessante il giudizio di Congar: «Certamente alcuni passi del vostro libro mancano un po’ di serenità, e ci sono alcuni punti che io avrei presentato in maniera diversa» [21]. Non manca, tuttavia, qualche voce discordante e qualche vivace reazione. Ma, soprattutto, la modesta brochure incomincia a suscitare inquietudini a Roma e particolarmente all’«Angelicum» e in Garrigou-Lagrange. L’opuscolo viene ritirato dalla circolazione e Chenu è convocato a Roma – nel febbraio del 1938 – a dare spiegazione dei contenuti del suo volumetto, e, alla fine, a porre la firma a dieci proposizioni, che Chenu sottoscrive per poi tornare a Le Saulchoir, che proprio nel 1938 lascia il Belgio per istallarsi a Étiolles, non lontano da Parigi. Più tardi Chenu dichiarerà: «Ho ceduto a una specie di pressione psicologica, mi sono lasciato intimidire»; uno dei «notabili» teologi domenicani, «certamente per calmare le irritazioni romane, mi ha chiesto di firmare una serie di dieci proposizioni: io ho firmato. Io ho sempre avuto orrore di questo sistema che consiste nel redigere un syllabus di proposizioni» [22]. Le precedenti perplessità e reazioni non erano, tuttavia, superate una volta per tutte: esse permanevano, e nel 1942 giunsero al culmine con la messa all’Indice, il 4 febbraio, del «petit livre» di Chenu, che subito si sottomette, senza nessuno spirito di ribellione, ma che non nasconde l’amarezza e la sofferenza che lo tocca – come scrive a Gilson – «fin nel profondo del cuore» [23]. Le accuse erano che deprezzava il valore della ragione teologica in teologia, discreditava la Scolastica e il suo carattere speculativo e quindi diminuiva il suo carattere scientifico [24]: accuse sostanzialmente infondate. Sulla vicissitudine padre Chenu è tornato più volte. Egli afferma di aver appreso per radio la sua condanna [25], e ricorda le parole dettegli dall’arcivescovo di Parigi, card. E. Suhard: «Non si turbi, piccolo padre, tra vent’anni tutti parleranno come lei»; l’arcivescovo non pubblicò il decreto dell’Indice nel «La Semaine religieuse» [26]. Dopo la condanna del 1942, Chenu lascia la reggenza e l’insegnamento di Le Saulchoir, ed è assegnato al convento parigino di Saint-Jacques, dal quale è allontanato nel febbraio del 1954, per l’«esilio» di Rouen, a motivo della sua implicazione nella questione dei preti operai. Torna a Parigi definitivamente nel giugno1962. Dal settembre 1962 al dicembre prende parte al concilio – dove «trova tutto il suo vigore» [27] – sia pure non come esperto, ma come teologo del vescovo di Antsirabé (Madagascar). Particolarmente la Gaudium et spes risente dell’influsso della teologia dell’incarnazione, della creazione, della praxis, della storia, di padre Chenu, il cui ruolo nell’elaborazione del testo conciliare è stato oggetto di studio, insieme alla sua teologia dell’incarnazione e dei segni dei tempi – col rilievo dei suoi limiti e delle sue ormai «inattualità» –. Gli anni dal 1966 al 1990 sono trascorsi nel convento di Saint-Jacques, a Parigi, distinti sempre dalla vivacità mentale e dalla fraterna disponibilità. Secondo la testimonianza di Congar: «Il p. Chenu è rimasto se stesso, meravigliosamente libero, vivo, risvegliatore di idee, aperto all’amicizia e fraterno, attraverso le prove che non gli sono state risparmiate» [28]. Muore l’11 febbraio 1990 e i suoi funerali sono tenuti a Notre Dame.3. Stampa pagina Segnala pagina Marie-Dominique Chenu (1895 - 1990) Inos Biffi 1. Introduzione «Uno dei principali medievisti del suo tempo» – così Chenu è chiamato da Louis-Jacques Bataillon [1]; noi possiamo subito aggiungere: il principale storico della teologia medievale scolastica dei secoli XII e XIII, e il più originale e innovatore studioso del «Tommaso della storia», che non è – come annotava Yves Congar (1904-1995) – «senza padre, senza madre, senza genealogia» [2]. Le ricerche di M.-D. Chenu sulla teologia medievale, e in particolare su Tommaso d’Aquino, si mossero esattamente nella convinzione di un inscindibile rapporto tra la figura della teologia e le «congiunture» – come egli le chiamava, forse un poco abusando del termine – nelle quali essa nasceva e si elaborava. Più chiaramente e tecnicamente: il maestro di Le Saulchoir, in coerenza con una precisa concezione della teologia, condusse lo studio dell’Angelico, del suo secolo teologico, il XIII, e di quello precedente, il XII, secondo il «metodo storico». Per usare le parole di L.-J. Bataillon: «Il medievismo di p. Chenu è quello di un uomo visceralmente teologo, di un teologo che ha compreso, contro la maggior parte dei tomisti del tempo, che non si può cogliere una dottrina, per alta che sia, nella sua vitalità propria, se non la si colloca nel contesto in cui è nata, se non se ne individuano, confrontandola coi saggi anteriori e contemporanei, l’originalità e la ricchezza»; d’altra parte, nella ferma persuasione che, a generare imprescindibilmente la teologia, è la fede, che proprio per il suo vigore domanda nel tempo il rinnovamento della stessa teologia. Da questo profilo sono chiaramente sintomatici i titoli dei due volumi che raccolgono una serie di scritti di Chenu: La foi dans l’intelligence e L’évangile dans le temps [3]: una fede in esercizio di comprensione, e un vangelo in atto nel tempo, in solidarietà col tempo e quanto esso implica come storia e come spessore di concretezza e di «corporeità». Per lo stesso «metodo storico», Chenu – il medesimo e non un «altro Chenu» [4] –, non fu meno attento alle esigenze teologiche del nostro tempo: è il padre Chenu del concilio Vaticano II e della Gaudium et spes. Qui, tuttavia, la nostra attenzione sarà volta alla sua opera di storico della teologia medievale, che – pur bisognevole di aggiornamenti – ci sembra la più rigorosa e la più riuscita. 2. Tratti della biografia di Chenu [5] A diciotto anni, nel 1913, Marcel Chenu – nato a Soisy-sur-Seine nel 1895 – entra dai domenicani, a Le Saulchoir, presso Tournai (Kain-La-Tombe), attratto non dal «primato clericale», ma dalla «vita domenicana come tale», e dall’«ideale evangelico», che fu proprio dei mendicanti, quindi di san Domenico, oltre che di san Francesco [6]. Dal 1914 – anno della sua prima professione religiosa (quella solenne avverrà nel 1918, mentre l’ordinazione sacerdotale sarà nel 1919) – al 1920 Chenu compie i suoi studi a Roma, all’«Angelicum», e sotto la guida di Reginald Garrigou-Lagrange (1877-1964), e nel clima del rinnovamento della mistica, redige la tesi di lettorato dal titolo: De contemplatione, che il relatore giudica ottima, con la nota che il suo autore rivela una «profonda conoscenza della dottrina di S. Tommaso sulla natura della contemplazione» [7], anche se non manca il significativo invito «a non allargare storicamente la ricerca» [8]. E a proposito della storia, Chenu dirà: «Non tanto amavo la storia come un mestiere, ma sentivo che la parola di Dio è nella storia, e che entrare nella storia è un mezzo per raggiungere la parola di Dio. Ora questo modo di pensare, a Roma, era considerato come sospetto di razionalismo» [9]. Chenu «molto assiduo» all’insegnamento di Garrigou-Lagrange, riconoscerà d’averne sentito il fascino, d’aver ricevuto da lui «il fecondissimo capitale di una grande teologia della fede e di un ritrovato senso dell’omogeneità della grazia nelle vie [...] della contemplazione e dei doni dello Spirito Santo» [10], per altro «eredità del maestro Gardeil» [11]. Tuttavia, non accoglierà l’invito del relatore, che lo aveva caro, a restare all’«Angelicum» come suo collaboratore; cosa che «il padre – affermava Chenu – non mi ha evidentemente perdonato» [12], non esitando a parlare nel 1943, dopo la messa all’Indice di Une école de théologie. Le Saulchoir, di una sua «antica inimicizia verso le Saulchoir» [13]. Preferì tornare a Le Saulchoir, un «laboratorio di ricerca» [14], dove si troverà «come un pesce nell’acqua» – affermerà: «È là che io sono nato» [15] –, incominciando a insegnarvi «storia delle dottrine» (non «storia dei dogmi»), e dove si svolgerà la sua fervida attività di ricercatore e di scrittore, non mancando di passare le vacanze a Oxford a trascrivere dai codici i testi di Fishacre e di Kilwarby sulla teologia. Di queste appassionate ricerche portano i segni, tra gli altri, il «Bulletin Tomiste» e la «Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques». Chi scorra l’elenco biobliografico di Chenu può facilmente avvertire i temi e l’entità del lavoro di quegli anni. Accanto a maestri come i padri A. Gardeil (1859-1931), A.J. Sertillanges (1863-1948), P. Mandonnet (1858-1936) e A. Lemonnyer, altri grandi autori stimolavano la sensibilità e il metodo teologico di Chenu: specialmente, ricordiamo la sua «simpatia» nei confronti di P. Rousselot (1878-1915), e, più indietro, nei confronti J.A. Möhler (1796-1838) e di M.J. Scheeben (1835-1888) [16]. Nasce, in particolare, in quel periodo (1927), sotto forma di articolo – e per essere in seguito variamente rifusa – La théologie comme science au XIIIe siècle [17], riconducibile a un commento storico degli articoli 2 e 8 della Prima Pars della Summa Theologiae. Si andavano così istituendo preziosi legami con alcuni confratelli (H.-M. Féret, Congar) e, all’esterno, specialmente con Étienne Gilson (1884-1978). Su invito di Gilson negli anni ’30-’31 Chenu fonderà in Canada, a Ottawa, un «Institut d’Études Médiévales», presso il quale si recherà a tenere corsi fino al 1936 [18]. Intanto, nel 1932, Chenu, divenuto maestro in teologia, è nominato reggente degli studi di Le Saulchoir, dove lo vediamo intento sia alle ricerche teologiche sia a iniziative che lo pongono a contatto con la vita concreta, per esempio col mondo del lavoro e gli permettono di attuare una «teologia in atto, basata sull’incarnazione» [19]. Il 1937 segna una data importante nella vita di Chenu. È l’anno della pubblicazione di una plaquette dal titolo: Une école de théologie. Le Saulchoir nata da una conferenza tenuta nel 1936, il 7 marzo, in occasione della festa di san Tommaso e in cui esponeva – come afferma Chenu – «le nostre idee sul metodo storico» [20]. L’opuscolo, pubblicato in meno di un migliaio di copie (sette/ottocento copie), non conosce molta diffusione; si può, infatti, constatare una quasi assenza di recensioni, mentre numerose e di svariata provenienza sono le reazioni positive, e persino entusiaste, benché non manchi in taluno qualche riserva. Interessante il giudizio di Congar: «Certamente alcuni passi del vostro libro mancano un po’ di serenità, e ci sono alcuni punti che io avrei presentato in maniera diversa» [21]. Non manca, tuttavia, qualche voce discordante e qualche vivace reazione. Ma, soprattutto, la modesta brochure incomincia a suscitare inquietudini a Roma e particolarmente all’«Angelicum» e in Garrigou-Lagrange. L’opuscolo viene ritirato dalla circolazione e Chenu è convocato a Roma – nel febbraio del 1938 – a dare spiegazione dei contenuti del suo volumetto, e, alla fine, a porre la firma a dieci proposizioni, che Chenu sottoscrive per poi tornare a Le Saulchoir, che proprio nel 1938 lascia il Belgio per istallarsi a Étiolles, non lontano da Parigi. Più tardi Chenu dichiarerà: «Ho ceduto a una specie di pressione psicologica, mi sono lasciato intimidire»; uno dei «notabili» teologi domenicani, «certamente per calmare le irritazioni romane, mi ha chiesto di firmare una serie di dieci proposizioni: io ho firmato. Io ho sempre avuto orrore di questo sistema che consiste nel redigere un syllabus di proposizioni» [22]. Le precedenti perplessità e reazioni non erano, tuttavia, superate una volta per tutte: esse permanevano, e nel 1942 giunsero al culmine con la messa all’Indice, il 4 febbraio, del «petit livre» di Chenu, che subito si sottomette, senza nessuno spirito di ribellione, ma che non nasconde l’amarezza e la sofferenza che lo tocca – come scrive a Gilson – «fin nel profondo del cuore» [23]. Le accuse erano che deprezzava il valore della ragione teologica in teologia, discreditava la Scolastica e il suo carattere speculativo e quindi diminuiva il suo carattere scientifico [24]: accuse sostanzialmente infondate. Sulla vicissitudine padre Chenu è tornato più volte. Egli afferma di aver appreso per radio la sua condanna [25], e ricorda le parole dettegli dall’arcivescovo di Parigi, card. E. Suhard: «Non si turbi, piccolo padre, tra vent’anni tutti parleranno come lei»; l’arcivescovo non pubblicò il decreto dell’Indice nel «La Semaine religieuse» [26]. Dopo la condanna del 1942, Chenu lascia la reggenza e l’insegnamento di Le Saulchoir, ed è assegnato al convento parigino di Saint-Jacques, dal quale è allontanato nel febbraio del 1954, per l’«esilio» di Rouen, a motivo della sua implicazione nella questione dei preti operai. Torna a Parigi definitivamente nel giugno1962. Dal settembre 1962 al dicembre prende parte al concilio – dove «trova tutto il suo vigore» [27] – sia pure non come esperto, ma come teologo del vescovo di Antsirabé (Madagascar). Particolarmente la Gaudium et spes risente dell’influsso della teologia dell’incarnazione, della creazione, della praxis, della storia, di padre Chenu, il cui ruolo nell’elaborazione del testo conciliare è stato oggetto di studio, insieme alla sua teologia dell’incarnazione e dei segni dei tempi – col rilievo dei suoi limiti e delle sue ormai «inattualità» –. Gli anni dal 1966 al 1990 sono trascorsi nel convento di Saint-Jacques, a Parigi, distinti sempre dalla vivacità mentale e dalla fraterna disponibilità. Secondo la testimonianza di Congar: «Il p. Chenu è rimasto se stesso, meravigliosamente libero, vivo, risvegliatore di idee, aperto all’amicizia e fraterno, attraverso le prove che non gli sono state risparmiate» [28]. Muore l’11 febbraio 1990 e i suoi funerali sono tenuti a Notre Dame.3. [6] Un théologien en liberté. Jacques Duquesne interroge le Père Chenu, Le Centurion, Paris 1975, pp. 25-28. [7] C.G. Conticello, De contemplatione (Angelicum 1920). La thèse inédite de doctorat du P. M.-D. Chenu, in «Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques» 75 (1991) 379. [8] Ivi. [9] Un théologien en liberté, cit., p.37. [10] Regard sur cinquante ans, cit., p. 262. [11] Ivi. [12] Un théologien en liberté, cit., p. 39. [13] In una lettera del 2 febbraio all’arcivescovo di Parigi card. E. Suhard (cf. É. Fouilloux, Autour d’une mise all’Index, in Marie-Dominique Chenu. Moyen-âge, cit., p. 50, nota 6). [14] Un théologien en liberté, cit., p. 44. [15]Duval, Présentation biographique, cit., p.14. [16] Cf. M.-D. Chenu, Une école de théologie. Le Saulchoir, du Cerf, Paris 1985, p. 141; ed. it.: Id., Le Saulchoir. Una scuola di teologia, intr. G. Alberigo, tr. N.F. Reviglio, revisione G. Parìani - G.L. Potestà, Marietti, Casale M. 1982. Cf. anche Un théologien en liberté, cit., p. 124. [17] In «Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Âge» 2 (1927) 31-71: l’articolo verrà rivisto nel 1942 e troverà l’assetto definitivo nel 1957 (La théologie comme science au XIIIe, Vrin, Paris 1957). [18] Cf. Thérèse et Vianney Décarie, Présence canadienne du Père Chenu, in Regard sur cinquante ans, cit., pp. 115-116. [19] Cf. Marie-Dominique Chenu. Moyen-âge, cit. p. 16. [20]Chenu, Une école de théologie, cit., p. 120. [21] Ibid., p. 30. Per le diverse informazioni dipendiamo dallo studio di Fouilloux, Autour d’une mise all’Index, cit., p. 25ss. [22] In Chenu, Une école de théologie, cit., p. 35, si trovano riprodotte in fac-simile le dieci brevi proposizioni dottrinali firmate da Chenu. [23]Fouilloux, Autour d’une mise à l’Index,cit., p. 45. [24] Ibid., p. 51; cf. M.-D. Chenu, Le Saulchoir en procès (1937-1942),in Chenu, Une école de théologie, cit., pp. 57-58. [25] Regard sur cinquante ans, cit., pp. 266. Secondo Fouilloux, questa notizia di Chenu «sembra difficilmente sostenibile» (Fouilloux, Autour d’une mise à l’Index,cit., p. 43). [26] Regard sur cinquante ans, cit., p. 267. [27]Duval, Présentation biographique, cit., p. 20. [28] Ibid., p. 22.

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