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Biografia Giancarlo Marmori
Giancarlo Marmori
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Giancarlo Marmori – Nacque a La Spezia il 29 marzo 1926, da Renato e Bianca Maria Arnavas, in una famiglia cittadina abbiente. Laureatosi in filosofia all’Università di Genova con una tesi sull’estetica di P. Valéry, nel 1951 si trasferì a Parigi, dove risiedette per tutta la vita. Una città ricca di stimoli e sollecitazioni culturali come Parigi era destinata a incidere sensibilmente sulla vicenda intellettuale del M., il quale sviluppò in particolare un vivace interesse per le arti plastiche, indirizzando la sua attenzione oltre che ai movimenti di avanguardia, anche a correnti e artisti talvolta dimenticati o sottovalutati dalla critica ufficiale. Dopo aver lavorato per un breve periodo alla redazione parigina dell’Agenzia nazionale stampa associata (ANSA), a partire dal 1954 il M. cominciò a collaborare con Il Mondo di M. Pannunzio, quindi, dal 1957, con il settimanale L’Espresso, di cui fu corrispondente fino agli ultimi mesi di vita. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta avviò inoltre collaborazioni con altre testate, in particolare con il Corriere della sera e, più tardi, con La Repubblica. A Parigi il M. aveva conosciuto la futura moglie, Elena Guicciardi, giornalista anch’essa, che sposò nel 1956, e da cui ebbe due figli, Elisabetta e Federico. Affermatosi presto come esponente di un giornalismo culturale molto raffinato, il M. coltivò contemporaneamente la scrittura creativa. Ai primi anni parigini risale la stesura di una serie di Poesie – in seguito considerate dall’autore semplici tentativi giovanili – uscite nel 1957 in un volumetto a tiratura limitata edito a Parigi. Seguì l’esordio narrativo con il romanzo La parlerie, pubblicato dapprima in versione francese (Paris 1962), quindi in italiano (Lo sproloquio, Milano 1963). Protagonisti del racconto sono due uomini, Max e Paradiso, conosciutisi per caso in un bar, a tarda sera. Cessata la bufera di neve che li aveva costretti a riparare nel locale, i due prendono ad aggirarsi per la città – forse una città di mare – dando vita a dialoghi «ora insignificanti, ora tesi a un disegno grottesco, a una metafisica della quotidianità» (R. André, seconda di copertina de Lo sproloquio): per cui il nome del M. fu avvicinato a quelli di E. Ionesco e, soprattutto, di S. Beckett, autore al M. particolarmente caro; Lo sproloquio fu guardato favorevolmente, in specie dagli esponenti della neoavanguardia, come un felice esempio di narrazione in grado di coniugare novità stilistica e validità della scrittura romanzesca. Anche il secondo romanzo del M., Cérémonie d’un corps (Paris 1965), uscì prima in Francia e poi in Italia, nello stesso anno, come Storia di Vous (Milano): un titolo che intendeva riecheggiare quello del romanzo erotico francese, firmato Pauline Réage, Histoire d’O (1954). Descrizione di una prevaricazione, culminata nel martirio della protagonista Vous, il racconto è incentrato sul tema del sopruso, subito ma non accettato, già presente nello Sproloquio; mentre in quest’ultimo si indagava una prevaricazione di tipo intellettuale, nella Storia di Vous il tema è affrontato sul piano erotico, attraverso il quale si viene confermando e precisando il raffinato e sensuoso estetismo metafisico del M., alle prese con un «oggetto» femminile connotato da una fitta serie di «conturbanti segni emblematici» (ibid., p. 3). Sollecitato dall’editore G. Feltrinelli, il M. partecipò al primo e al terzo convegno del Gruppo 63 (Palermo, 3-8 ott. 1963 e 3-6 sett. 1965) nel corso dei quali si svolse un ampio dibattito sul romanzo sperimentale (il contributo del M. si può leggere in Il romanzo sperimentale. Palermo 1965 - Gruppo 63, a cura di N. Balestrini, Milano 1966, pp. 175 s.). Il confronto con l’avanguardia italiana, sensibile ai tentativi di ricerca di una narrativa rinnovata nei contenuti e nella forma, oltre che attenta alle esperienze letterarie internazionali, tuttavia non rivestì per il M. un ruolo di centralità: egli, infatti, rimase almeno in parte estraneo agli orientamenti teorici e politici emergenti nel gruppo. Importanza ben più marcata ebbero nella sua biografia altri sodalizi: in primis quello con lo scrittore Pierre Klossowski, conosciuto nel 1960. Del forte rapporto umano e intellettuale stabilitosi tra i due offrono testimonianza le traduzioni che il M. dedicò nel tempo alle opere del maestro francese: oltre a Roberta stasera, La revocazione dell’Editto di Nantes, Il suggeritore, riuniti nel volume Le leggi dell’ospitalità (Milano 1968), il M. licenziò infatti più tardi le versioni italiane di Origini culturali e mitiche di un certo comportamento delle dame romane (ibid. 1973) e Il bagno di Diana (ibid. 1983). Klossowski – pittore come il fratello Balthus (Balthazar Klossowski), studioso di filosofia e psicanalisi – esercitò un’influenza di rilievo sull’opera letteraria e artistica del M. e ne favorì l’incontro con intellettuali del calibro di G. Bataille e R. Barthes. Nella seconda metà degli anni Sessanta, oltre a dare seguito alle collaborazioni giornalistiche, il M. si concentrò sulla scrittura saggistica. Pubblicò Le vergini funeste (Milano 1966), studio incentrato sul decadentismo di fine secolo, con particolare riferimento a feticismo e simbolismo nella figurazione e nella letteratura europee (tra gli altri, prendendo in esame l’opera di G. Flaubert, G. D’Annunzio, A. Beardsley, G. Klimt, E. Schiele). Di poco successiva fu l’uscita di Senso e anagramma (ibid. 1968), dedicato alla rappresentazione della femminilità nelle riviste di moda come Harper’s Bazaar, Elle, Vogue, McCall’s nell’arco di tempo compreso tra il 1952 e il 1967, quando cioè l’uso intensivo della fotografia e dei criptogrammi psicanalitici assunse un ruolo fondamentale nelle illustrazioni e nella letteratura pubblicitaria. Seguì Cronache di vanità (Genova 1969), un’antologia che riuniva articoli comparsi in gran parte nell’Espresso tra il 1966 e il 1968, il cui filo conduttore è costituito dal tema di una femminilità in rivolta contro l’autorità patriarcale e maschile. Con il romanzo La Venere di Milo (Milano 1975), considerata la sua opera più impegnativa, il M. tornò alla narrativa. Incentrato sul rapimento della celebre statua, il libro richiese uno studio preparatorio di alcuni anni per documentare una vicenda destinata a svilupparsi tra l’Egitto, la Grecia e la Turchia con una serie di inediti intrecci tra storia e fantasia. Di fatto, il confronto con autori come I. Calvino, H.M. Enzensberger, P. Weiss, P. Handke, aveva, frattanto, contribuito ad arricchire il bagaglio culturale del M., immettendo nella sua narrativa una vena fantastica che non contrastava l’originalità delle opere di esordio. Nella seconda metà degli anni Settanta il M. licenziò Le città dell’amore (ibid. 1976) e il saggio sulla pittrice Tamara de Lempicka (ibid. 1977; rist., ibid. 2006). Inoltre, riprendendo un suo antico interesse per i preraffaelliti, tornò più volte in Inghilterra per raccogliere i materiali per un nuovo romanzo su D.G. Rossetti e le sue muse, Elizabeth Eleanor Siddal, Jane Burden Morris e Fanny Cornforth. Ma l’insorgere di una grave malattia rese difficoltosa la stesura dell’opera, che, grazie al sapiente lavoro di recupero condotto dalla moglie, uscì postuma soltanto, con il titolo Gabriele (ibid. 1991). Il M. morì a Parigi il 25 febbr. 1982. Dopo la morte, alcune sue cronache d’arte apparse in settimanali e quotidiani sono state riunite ne La bellezza è difficile (Roma-Bari 1984), a cura della Guicciardi; alla moglie si deve anche la traduzione francese della Venere di Milo (L’enlèvement de Vénus, Paris 1988). Fonti e Bibl.: G. Mariotti, G. M.: mai scrittore fu così giornalista, in L’Espresso, 7 febbr. 1982; N. Ajello, La bellissima ossessione, in La Repubblica, 14 dic. 1984; G. M., in La Riviera ligure. Quaderni della Fondazione M. Novaro, IV (1993), 11-12 (numero monografico sul M. con contributi di S. Verdino, U. Silva, P. Klossowski, H. Bianciotti, R. Grenier, N. Ajello, P. Portoghesi, S. Viola, I. Calvino, E. Marmori Guicciardi); W. Pedullà, La letteratura verso la contestazione, in Storia generale della letteratura italiana (Motta), XII, Sperimentalismo e tradizione del nuovo, Milano 1999, p. 232; N. Ajello, Le passioni parigine di una cronista [Elena Marmori Guicciardi], in La Repubblica, 8 sett. 2000; F. Marmori, La grande casa, in Resine. Quaderni liguri di cultura, 2001, nn. 87-88 (gennaio-giugno), pp. 125-128. F. Cirilli

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