| Biografia Alessandra Saugo |
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Alessandra Saugo (Valdagno, 1972 – 2017) è stata una delle voci più incandescenti e inclassificabili della letteratura italiana contemporanea. Scomparsa prematuramente a 45 anni a causa di una malattia incurabile, ha lasciato dietro di sé un’eredità letteraria tanto esigua quanto esplosiva. Esordisce nel 2010 con "Bella Pugnalata" (Effigie), romanzo ormai introvabile, e viene pubblicata postuma da Feltrinelli nel 2017 con "Metapsicologia rosa". Nel 2023 la casa editrice Wojtek riporta la sua voce in libreria con "Come una santa nuda", un testo ibrido e vertiginoso che sfida i generi e riporta al centro la potenza di una lingua senza filtri, corrosiva e febbrile.
Nata e vissuta in provincia di Vicenza, madre di tre figlie avute dallo scultore Arcangelo Sassolino, Saugo ha costruito una scrittura che non concede conforto né consolazione: si legge “elettrizzati e nudi”, come avverte chi l’ha amata e scoperta tardi. Antonio Moresco, suo amico e mentore, la definì “la voce femminile più contundente della narrativa italiana contemporanea” — e in quell’aggettivo vive tutta la sua furia lucida, capace di colpire con precisione chirurgica.
"Come una santa nuda" è un flusso di coscienza claustrofobico e febbrile, un dialogo con un misterioso John — reale o immaginario — attraverso cui l’autrice seziona la propria interiorità e il mondo che la circonda. Nessuno è risparmiato: editori, terapeuti, ambienti culturali, uomini e donne, e la stessa scrittrice, che si mette a nudo con un’ironia feroce e una vulnerabilità disarmante.
Il suo sguardo sul femminile è radicale e spietato: Saugo smonta la retorica della “sorellanza” accomodante, esplora le ferite e le rivalità tra donne, e indaga la relazione col corpo come campo di battaglia, tra desiderio e repulsione, autonomia e vergogna. La sua scrittura è profondamente femminista non per tesi o ideologia, ma per istinto di verità: rifiuta di salvare il “mistero del femminile” e ne fa esplodere l’indicibile.
Con un linguaggio inventivo, che mescola lirismo e brutalità, neologismi e ironia viscerale, Saugo trasforma la propria esperienza di dolore, rabbia e sopravvivenza in una forma di resistenza poetica. Tra sarcasmo e abbandono, corpo e metafisica, l’autrice si espone sempre da dentro, mai da un piedistallo: una “etica furente” che si consuma nel gesto stesso di scrivere.
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