| Biografia Thomas B. Reverdy |
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Thomas B. Reverdy è uno scrittore francese nato nel 1974. Durante gli studi universitari si è dedicato a figure come Antonin Artaud, Roger Gilbert-Lecomte e Henri Michaux, collaborando anche alla rivista "La Femelle du requin". Ha ottenuto l’"agrégation" in lettere moderne nel 2000 e da allora insegna al liceo Jean-Renoir di Seine-Saint-Denis, esperienza raccontata nel libro "The High School of Our Dreams".
I suoi primi tre romanzi formano un ciclo poetico incentrato su lutto, amicizia e scrittura. Con "L’Envers du monde" (2010), ambientato nella New York post-11 settembre, si allontana dall’autobiografia proponendo un giallo dai risvolti morali e filosofici, vincendo il premio François-Mauriac.
Il romanzo "Les Évaporés" (2013) ha ottenuto numerosi riconoscimenti ed è stato finalista in diversi premi letterari, incluso il Goncourt. Nel 2015, "Il était une ville" è stato nuovamente selezionato per il Goncourt e ha vinto il Prix des libraires nel 2016.
Thomas B. Reverdy nasce scrittore, ma si racconta come se fosse ancora un adolescente chiuso in un riformatorio inglese degli anni ’70. Il protagonista ideale di una storia che lo rappresenta profondamente è un ragazzo che, pur costretto dietro sbarre e regolamenti, scopre nella corsa campestre un’insperata forma di libertà. Scelto come campione del carcere per sfidare le altre prigioni della contea, gli viene concesso di correre nei boschi, solo, oltre le mura. Ma proprio quando dovrebbe vincere per chi lo ha rinchiuso, si ferma. Rinuncia alla vittoria. E in quell’atto di disobbedienza consapevole, Reverdy vede tutta la forza dell’adolescenza: libertà, audacia e la vertigine del dire "no". Un personaggio capace di sfuggire non solo ai guardiani, ma soprattutto alle aspettative.
Reverdy, se potesse scegliere un mondo letterario in cui vivere, preferirebbe la quieta epicità della Terra di Mezzo: coltivare ortaggi come un hobbit e, all’occorrenza, incrociare elfi e orchi senza perdere l’ora di cena. Il suo compagno ideale per una conversazione a tavola? Montaigne, naturalmente. Un nonno ideale, capace di dubitare più che affermare, con cui discutere di tutto – se Google traducesse il francese del Cinquecento.
Il libro che lo accompagna da sempre è "Memoria salvata dal vento" di Richard Brautigan, romanzo poetico e tragico in cui un ragazzo povero, durante la Grande Depressione americana, compra per errore dei proiettili invece di un hamburger, e quel gesto casuale cambia il corso della sua vita. Reverdy lo legge e rilegge, trovandoci ogni volta qualcosa di nuovo: una riflessione sull’infanzia, sulla colpa, sull’irreversibilità degli atti e sulla memoria. Un romanzo che sa essere tenero, buffo, straziante e profondamente umano.
Alla domanda su come descrivere il suo ultimo libro con una sola parola, Reverdy sceglie vertigine: quella del ritorno al passato, della riscoperta del fantasma della madre, della decisione di cambiare vita, di saltare nel vuoto. E se deve indicare una citazione significativa, non cita se stesso, ma Sandrar, nella "Prosa della Transiberiana": ""Quando amiamo, dobbiamo andarcene.""
In definitiva, Thomas B. Reverdy è uno scrittore che scrive perché si interroga. Perché accetta il dubbio, la fragilità e le domande senza risposta. Le sue storie nascono da quella zona di incertezza dove la vita reale e quella immaginata si specchiano. E leggere le sue parole significa ascoltare il battito del cuore di qualcuno che corre, sì, ma nella direzione opposta al podio.
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